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Perciò la vita riprese a scorrere sui normali binari, scandita dal pancione di Deborah che cresceva, dal bidone dei pannolini di Lily Anne che si riempiva e dalle cene del venerdì passate in compagnia dello zio Brian, il clou della nostra settimana. Proprio il venerdì, tra l’altro, Debs frequentava il corso preparto, e non c’era il rischio che capitasse da noi all’improvviso, mettendo in imbarazzo mio fratello. Dopo tutto, parlando da un punto di vista prettamente tecnico, qualche anno prima Brian aveva cercato di ammazzarla, e sapevo bene che mia sorella non era una che dimentica o perdona. In ogni caso Brian aveva deciso di frequentarci per un po’; sembrava divertirsi a fare lo zio e il fratellone. E poi, ovviamente, Miami era anche casa sua ed era consapevole che, nonostante la crisi economica, era comunque il posto ideale per trovare un lavoro congeniale alle sue abilità, senza contare che aveva da parte un po’ di soldi per tirare avanti. Alana aveva anche avuto i suoi difetti, ma non si poteva dire che non avesse ricompensato generosamente il suo talento.

Con mia grande sorpresa e con crescente imbarazzo notai che un differente ritmo cominciava a imporsi sul lento e sereno sbocciare della mia nuova personalità. Poco per volta, all’inizio in modo così larvato che quasi mi sfuggì, iniziai a percepire una tensione dietro al collo… ma non dietro in senso fisico, solo… una sensazione leggera dietro al…

Mi voltai, a disagio, ma non vidi nulla; l’addebitai dunque alla mia immaginazione, a una reazione nervosa ritardata indotta dagli avvenimenti recenti. In fondo, il povero, devastato Dexter ne aveva davvero passate di tutti i colori. Non c’era da stupirsi che mi sentissi confuso, e anche eccitabile, in seguito allo shock fisico e mentale patito. Era del tutto comprensibile, normale sotto ogni punto di vista, per nulla preoccupante, direi trascurabile. Ripresi così il mio infinito e immutato tran tran di lavoro, svago, TV, letto, senza più pensarci, ma ancora una volta fui costretto a interrompere all’improvviso quello che stavo facendo per voltarmi al suono di una voce inascoltata.

La faccenda andò avanti per diversi mesi, mentre la vita si faceva sempre più ripetitiva e Deborah sempre più grossa, finché fu grossa abbastanza da poter fissare la data della festa preparto. La sera in cui stringevo l’invito tra le mani, domandandomi quale sarebbe stato il regalo migliore per il lieto evento, percepii di nuovo il richiamo di quella voce sommessa. Mi voltai, e stavolta, incorniciata dalla finestra, la vidi.

La luna.

Tonda, luminosa, deliziosa e tentatrice.

Mi chiama, mi attira e brilla ammiccante, splendida luna sbruffona; mi sussurra dolcezze nel suo tono gelido e furtivo, da rettile, scandisce il mio nome con la sua voce ombrosa, oscura e vellutata, un tempo così familiare e rassicurante, e stranamente anche adesso così gradita.

Bentornata, amica mia.

Ancora una volta percepisco le ali oscure frusciare e dispiegarsi nei sotterranei bui e odo il lieto sussurro del Passeggero che cessa le ostilità e invoca a gran voce la nostra riconciliazione.

È ora, annuncia, con il trillo gelido di chi ha compreso che le cose torneranno come prima. È proprio ora.

Sul serio.

Così, nonostante pensassi di esser andato oltre, lontano dai deviati impulsi del Passeggero, mi ero sbagliato. Continuavo a provarli, persino più intensamente di un tempo, ed ero sempre più attratto dalla paffuta luna sanguigna che pendeva dalla finestra con quel ghigno malizioso e beffardo, incitandomi a compiere ciò che andava compiuto, subito.

Adesso.

Nei recessi della mia anima neonata sapevo che non avrei dovuto risponderle, per niente al mondo, a nessun costo, in nome dei miei obblighi familiari, uno dei quali l’avevo proprio tra le mie dita, l’invito alla festa di Deborah. Presto ci sarebbe stato un nuovo Morgan, una nuova vita di cui avere cura, compito da non prendere con leggerezza, non in questo mondo pericoloso e crudele. E la voce della luna, pastosa e vibrante, mi sussurrava, ammiccante, che avevo ragione. E come negarlo? Viviamo, senza ombra di dubbio, in un mondo rischioso e spietato. Per questo è giusto renderlo migliore e più sicuro, un pezzo alla volta, specialmente quando quest’esigenza si coniuga alla perfezione con i nostri obblighi familiari.

Il pensiero affiorò poco alla volta per poi dispiegarsi secondo una logica ferrea, perfetta. È giusto, molto giusto, oh, così giusto e allo stesso tempo così ordinato… è come se tanti pezzettini sparsi venissero messi l’uno vicino all’altro, e fatti combaciare. Perché dopo tutto ci sono i miei obblighi familiari, ma c’è anche quella voce, ammaliante come il canto di una sirena, e il suo richiamo è talmente forte e il suo tono talmente allegro e vibrante da impedirmi di rifiutare.

E allora ci dirigiamo verso il polveroso armadio del mio ufficio e riempiamo il borsone da ginnastica.

Torniamo in salotto dove Rita e i bambini stanno guardando la TV, e in braccio a Rita c’è Lily Anne…

Per un istante mi blocco inebetito e la guardo. Ha la faccina affondata nel grembo della mamma e per qualche lungo secondo la visione di lei è più forte di qualsiasi canto che la luna possa mai intonare. Lily Anne…

Ma la profonda melodia della notte mi penetra dentro insieme al mio respiro, e io mi ripeto: è per lei che facciamo tutto questo, stasera. Per Lily Anne, per tutte le Lily Anne, perché il mondo diventi un posto migliore. Allora l’euforia e il gelido raziocinio mi investono, un’altra volta, e ci chiniamo a baciare mia moglie sulla guancia. — Devo uscire un momento — diciamo, in una perfetta imitazione della voce umana di Dexter.

Non appena Cody e Astor ci sentono, si drizzano sul divano e fissano il borsone da ginnastica con gli occhi sgranati, ma noi li zittiamo con uno sguardo.

— Che cosa? Oh… ma è… d’accordo, se devi proprio… Puoi prendere il latte visto che esci? — dice Rita.

— Il latte — ripetiamo. — Ciao.

E mentre Cody e Astor ci fissano impressionati al pensiero di quel che presto succederà, noi siamo già fuori, sotto la tiepida e lucente coperta lunare che avvolge la notte di Miami, e ora avvolge anche noi, pronti ad agire nel nome del nostro Bisogno e insieme dei nostri Doveri. Ancora una volta scivoleremo furtivi nel buio in cerca del regalo perfetto per una futura mamma, del dono prezioso per una sorella speciale, un dono che può indovinare soltanto un fratello, l’unico in grado di offrirglielo.

Bobby Acosta.

RINGRAZIAMENTI

Non avrei potuto scrivere questo libro senza il prezioso aiuto di alcune splendide persone che lavorano alla Scientifica. In particolare desidero ringraziare Samantha Steinberg, Sharon Plotkin e Lisa Black. Se ho sbagliato qualcosa, è perché non le ho consultate in merito.

La mia gratitudine va a Jason Kaufman, il mio editor americano, che non ha mai smesso di sostenermi: la sua paziente guida e i suoi saggi consigli sono stati fondamentali per la riuscita di questo libro, e anche molto apprezzati.

Inoltre, senza il mio agente Nick Ellison, Dexter non sarebbe mai esistito: santissimo Nick, ti ringrazio.

Come sempre, Bear, Pookie e Tink mi hanno dato affetto e calore umano, e mi hanno fatto sentire che ne valeva la pena.

JEFF LINDSAY

Jeff Lindsay, pseudonimo di Jeffry P. Freundlich, vive in Florida con la moglie, la scrittrice Hilary Hemingway, nipote di Ernest. È conosciuto soprattutto come autore della serie di romanzi incentrati sulla figura di Dexter Morgan, da cui è stata tratta una famosa serie televisiva.

DEXTER DAI ROMANZI ALLA SERIE TV: ANALISI DI UN FENOMENO