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Sentì bussare. Un uomo in tuta stava lì in piedi facendo finta di avere davanti una vera porta, una porta invisibile all’occhio umano.

— Sì? — disse lui.

— Servizio riparazioni Tv. Ha un apparecchio guasto?

Se ne era completamente dimenticato. — Sì — disse ancora una volta. — O almeno era guasto ieri. — Prese il telecomando e schiacciò il pulsante ON. Non accadde nulla.

L’uomo entrò nella stanza. — Nessuna immagine. Nessun suono.

— Esatto — disse lui.

— Non si sarà messo a pasticciare con le manopole, vero? — L’uomo si diresse verso il televisore, con lo sguardo rivolto verso di lui.

— Non sono mica matto — disse lui. — Sono alcolizzato, un ubriacone. Sono caduto e ho battuto la testa. Legga la mia cartella clinica. No, non ho toccato le manopole. Qui non c’è niente su cui salire per arrivare al televisore… solo quella seggiolina laggiù, e ha le rotelle.

Con sua grande sorpresa l’uomo fece come lui gli aveva suggerito: si chinò a osservare la cartella clinica appesa in fondo al letto.

— Va bene? — domandò lui.

— Va bene. — L’uomo si raddrizzò sorridendo. — Lei sa come succede… ci sono certi tipi qui che sono proprio matti. Per lei dev’essere un’esperienza piuttosto dura restare qui.

— Non ho conosciuto molti pazienti. Sono arrivato solo ieri. — Gli venne in mente che non sapeva esattamente se quello che aveva detto corrispondesse a verità o no. — O almeno, mi sono risvegliato solo ieri.

— Una volta uno ha cercato di saltarmi addosso e un altro mi ha detto di essere Dio. — L’uomo ridacchiò. — Non gli piaceva come era fatto il mondo, così l’ha cambiato. Ma non gli piaceva nemmeno così e voleva farlo tornare come prima.

Era proprio matto.

Si sentì obbligato a sorridere.

— Poi c’era una donna che diceva di essere un pilota. Ha mai sentito parlare di una donna che può far volare un aeroplano?

— Certo — disse lui.

— Allora può darsi che fosse vero. Ma lei diceva che volava molto al di sopra delle nuvole, che non sapeva dove si trovava esattamente e che non voleva attraversarle per scendere perché non si sa mai dove si va a sbattere quando uno ci prova. Poi ha visto un buchetto minuscolo nelle nuvole e le luci a terra, allora lo ha attraversato e si è trovata in un mondo dove tutto era diverso. — L’uomo ridacchiò di nuovo. — Prima in questo ospedale, gli uomini e le donne erano ricoverati negli stessi reparti, capisce che significa? Ma poi un giornalista l’ha scoperto. — Con gesti esperti l’uomo sganciò il televisore dai sostegni inclinati.

Lui si era messo il telefono in grembo. Senza molta speranza fece il numero del suo appartamento.

— Le manopole non funzionano — disse l’uomo. — Adesso vediamo se c’è corrente. In questo posto certe prese sono difettose.

Da qualche parte (dove?) un telefono continuava a squillare.

— Sì, la corrente c’è, allora si tratta della valvola principale. La corrente c’è, lo schermo rimane buio, niente sonoro… non può trattarsi che della valvola. — L’uomo tirò fuori un grosso cacciavite e cominciò a smontare la parte posteriore dell’apparecchio.

— Pronto? — Era la voce rauca di un uomo.

— Con chi parlo? — domandò.

— È lei che ha chiamato. Chi vuole?

— Lara.

Ci fu un lungo momento di silenzio durante il quale sentì in lontananza una musica e voci di bambini, come se nell’appartamento accanto al suo ci fosse una radio accesa, come se l’appartamento fosse vicino a una scuola (non era così) e, col freddo che faceva, avesse tutte le finestre aperte attraverso cui entravano i suoni che provenivano dal campo giochi coperto di neve.

— Lara non c’è. Chi è che la vuole?

— Mi dica chi è lei e io le dirò chi sono io.

— Capisco. Va bene. Dirò a Lara che ha chiamato. Dove può trovarla?

Lui esitò. D’accordo, voleva che Lara lo rintracciasse, ma voleva anche che lo trovasse quell’uomo? Quell’uomo avrebbe veramente riferito a Lara che lui aveva chiamato?

Lei aveva portato i fiori. No, li aveva mandati, ma era venuta più tardi e gli aveva perfino parlato al telefono, perché era sicuramente lei al telefono… era Lara, costretta a usare un altro nome. — Lara sa dove mi trovo — disse, e riattaccò.

— Proprio così, la valvola principale — disse il tecnico. — Glielo riparo in un batter d’occhio.

Non avendo nient’altro da dire, lui disse: — Crede che potrò cambiarlo con uno a colori?

— A colori? Vuol dire con le immagini colorate?

Lui fece cenno di sì.

L’espressione dell’uomo cambiò all’improvviso come una porta che si chiude di colpo. Col tono di un adulto che spiega una cosa elementare a un bambino, l’uomo disse: — Non si può. Guardi qui, questi apparecchi funzionano così: c’è uno schermo concavo rivestito di particelle di fosforo. Quando gli elettroni le colpiscono, le particelle diventano brillanti. Se il raggio è debole, le particelle sono poco brillanti, se invece il raggio è potente brillano moltissimo. Così sullo schermo compaiono il bianco, il nero e le varie gradazioni di grigio. Ma se si volessero ottenere immagini colorate si dovrebbe disporre di particelle di fosforo per… be’, per ogni colore possibile: azzurro, rosso, giallo e così via. E le particelle dovrebbero essere collocate molto vicine le une alle altre senza però mischiarsi… e poi credo che ci vorrebbe ancora la particella fosforescente per il bianco. Se riuscissero a fabbricare un apparecchio del genere, costerebbe un milione di dollari.

Lui disse: — Mi sembrava di aver letto un articolo in cui si diceva che c’era.

L’uomo gettò la valvola esaurita nel cestino della carta straccia che stava in un angolo. — Forse giocano a indovinare. Oppure una società ha fabbricato un prototipo per dimostrare che si possono produrre. Credo però che si dovrebbero cambiare anche i segnali perché quelli normali non funzionerebbero.

Lui fece cenno di sì e rimase immobile a guardare l’uomo che rimetteva a posto il televisore. Sapeva di possedere un televisore a colori, un GE dai colori brillanti come le rose di Lara. Sapeva che era stata Lara a mandargli le rose. Lui aveva venduto televisori a colori e aveva visto Lara. Sentiva ancora il collo rigido per la caduta che gli faceva male se si voltava a guardare le rose. Decise di mettersi a sedere e prendere il vaso in grembo per sentire il profumo delle rose e immaginarsi come sarebbero apparse con la televisione a colori. Quando sollevò il vaso scoprì che sotto c’era un pacco di banconote.

— Tutto a posto — disse il tecnico mostrando l’immagine in bianco e nero. — Adesso lo rimetto su.

Mentre l’uomo stava voltato, lui afferrò il pacco di banconote e lo nascose sotto il lenzuolo.

— Provi il telecomando.

Lui ubbidì, cambiò i vari canali, accese e spense l’apparecchio, alzò e abbassò il volume. — Funziona a meraviglia.

— Cosa le avevo detto? Era la valvola principale, ecco cos’era. C’è stato un aumento improvviso di tensione e la valvola è saltata per proteggere il tubo catodico.

Ricordò il volto di Lara che svaniva e si distorceva sullo schermo e domandò che cosa poteva aver provocato lo sbalzo di corrente.

Il tecnico sospirò. — Probabilmente qualcuno ha inserito un apparecchio in modo scorretto. In ospedale ci sono un sacco di attrezzature per i raggi X e roba del genere. Grossi ascensori che se sono installati male possono generare loro stessi corrente e immetterla nella rete.

— Capisco — disse lui. — Grazie.

Quando l’uomo se ne fu andato, giocherellò col rotolo di banconote sotto il lenzuolo. Le contò, erano esattamente dieci. Si chiese quanto valessero e se fossero tutte dello stesso taglio. Che aspetto avevano? Il denaro in questo posto non era uguale al suo; la reazione della ragazza nel negozio di mappe ne era stata la dimostrazione e la conferma gli era venuta dal pacco di soldi (soldi da bruciare) nella bottega del cinese. Spostò un biglietto fino a che un angolino non spuntò dal lenzuolo. Gli dette un’occhiata. Cento.