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Nel ripiano sotto il tavolino da notte fra i due letti c’era un grosso elenco telefonico grigio e giallo. Non trovò nessun Walsh Edward E. Cercò di ricordare il nome della società di Walsh, la società di cui Eddie gli aveva parlato la prima volta che si erano incontrati. Walsh Promotions, ecco come si chiamava.

Scorse la colonna e, in basso, vide il nome scritto in neretto. Fece il numero.

Nessuna vocetta cinguettante questa volta. Il telefono (immaginò un ufficetto sporco al secondo piano di un edificio di mattoni vicino alla palestra) squillò due volte e una voce meravigliosamente familiare disse: — Pronto?

— Lara!

— Sì, sono Laura. Cosa posso fare per lei, signore?

— Lara, sono io.

— Temo che lei abbia sbagliato numero, signore — disse Lara in tono guardingo. — Qui parla la Walsh Promotions. Io sono Laura Nomos, il consulente legale del signor Walsh.

Lui fece un sospiro. — Credo che tu sia Lara Morgan.

Lei appese il ricevitore. Lui fece di nuovo il numero e il telefono continuò a squillare nell’ufficio immaginario della Walsh Promotions, ma nessuno rispose.

North uscì dalla doccia fresco e roseo abbottonandosi una camicia a righe azzurre. — Devi andare al gabinetto?

Lui scosse la testa.

— Allora andiamo.

— Dove?

— Diciamo che andiamo a incontrare alcuni amici per discutere sul da fare.

Lui si alzò in piedi, si rassettò il vestito e mise a posto la cravatta, prese il soprabito e si assicurò che non fosse caduto niente dalle tasche. — Fare cosa?

— Prendere il potere in questo posto di matti, cosa pensavi? Abbiamo bisogno di uomini e della garanzia che l’esercito non si metta contro di noi. — North prese le due pistole nei bei foderi di cuoio nero e se le infilò una da una parte e una dall’altra.

11. Il complotto

— Volta in quella stradina a metà dell’isolato — gli disse North.

Lui fece come gli aveva detto e si ritrovò in un vicolo stretto e tortuoso proprio come quello che aveva imboccato per sfuggire al poliziotto a cavallo. Adesso era notte, e il vicolo, a parte la luce dei fari della loro auto, era completamente buio. Gatti dagli occhi verdi splendenti balzavano via furtivi e lui dovette scendere dall’auto per spostare un bidone della spazzatura che si era rovesciato impedendogli il passaggio.

Il vicolo si biforcò, poi si biforcò di nuovo e un’altra volta ancora; alla fine di qualche diramazione si intravedevano strade più ampie, ma North continuava a dirigerlo nella direzione opposta. Presto si convinse che nemmeno North sapeva dove stessero andando; probabilmente aveva preso nota della direzione da seguire su un foglietto di carta che ora, col buio, non riusciva a consultare, e per un capriccio di orgoglio insensato non voleva accendere la luce interna né un fiammifero.

Finalmente si fermarono dietro una fila di auto parcheggiate, le superarono a piedi e salirono una rampa di gradini di cemento che portava a una porta metallica. North batté col pugno sulla porta finché un’anziana donna non venne ad aprire.

— Qui fuori c’è bisogno di una luce — disse North.

— Si è fulminata la lampadina — ribatté la donna.

Sembrava che li stesse aspettando e li precedette in una stanzetta sudicia dalle pareti di cemento, dove c’era una donna alta con un camice bianco tutto macchiato che accese un gran numero di luci, così intense che per un attimo lui dovette chiudere gli occhi. La donna esaminò le loro facce e le impiastricciò di cipria. — Mi piace il tuo sorriso — sussurrò la donna, e gli ritoccò le labbra con una pomata rossa, poi sollevò uno specchio perché potessero vedersi. Lui si morse le labbra cercando di togliersene il più possibile.

— Credevo… — fece per dire lui.

— Tu non capisci come vanno le cose qui — gli disse North. — Non ci conviene avere l’aspetto di due appena arrivati dalla strada.

— Certo che no — concordò la donna ancora indaffarata intorno alle loro facce che ritoccava qui e là con una matita.

Lui sentì delle voci provenire dall’esterno, e anche un rumore, come il rombo di un tuono lontano; uomini e donne passavano avanti e indietro, forme scure in un corridoio scuro. Quando la donna alta stava per completare la sua opera, lui intravide la sagoma dinoccolata di un orso.

— Ecco fatto — gli disse North. — Seguimi.

Il corridoio buio conduceva in una stanza fortemente illuminata dove quattro uomini sedevano intorno a un tavolo di legno laccato. Uno di loro indossava una divisa sgualcita, due erano vestiti di grigio come se dovessero andare in ufficio e l’ultimo, che sembrava il padrone di casa, indossava un pigiama giallo e un accappatoio marrone. Gli ci volle del tempo prima di rendersi conto che la stanza era di gran lunga più grande di quanto gli era sembrata perché solo una parte (poco meno della metà), era illuminata, e che c’erano degli spettatori nella zona buia dove non arrivava la luce.

L’uomo in divisa si rivolse a North, e gli spiegò brevemente quel che era stato detto prima del loro arrivo. Sembrava chiaro che voleva che fosse North a guidarli, e altrettanto chiaro che non avrebbe accettato nessun capo.

North disse: — Non solo possiamo combattere l’ingiustizia, possiamo vincerla. Ma solo se tutti voi, e tutti quelli coinvolti nel nostro movimento, saranno pronti a fare tutto quello che gli viene detto o, in caso contrario, a subirne le conseguenze. Un’impresa come la nostra attira un mucchio di dilettanti; ma i dilettanti non ci servono, ci servono uomini disciplinati che siano giudici di se stessi. C’è qualcuno tra voi che rifiuterebbe di uccidere l’uomo che gli sta accanto se io gli dicessi che quell’uomo ha fallito il compito che gli era stato affidato?

Lui fece per protestare, ma l’uomo in divisa stava già replicando: — Qui non c’è uomo che non sia pronto a uccidersi se dovesse fallire.

— Un uomo simile non potrebbe fallire — gli disse North. — Un uomo simile è forte, ed è con la forza — e solo con la forza — che possiamo vincere. Forse voi pensate che il governo sia forte e noi deboli, ma vi sbagliate. Il governo è ricco e potente, ma non è forte. Le sue membra massicce sono immobilizzate da diecimila corde, troppo sottili perché voi riusciate a vederle. Sono immobilizzate dalla religione e dalla morale, e dalla necessità di apparire religiosi e moralisti anche quando la religione vera e la morale autentica vanno in tutt’altra direzione. Sono immobilizzate dagli affari sporchi, dalle attività illegali e dai politici corrotti che si sono già accaparrati e spartiti le zone da controllare. Quando il governo comincerà, e sarà troppo tardi!, a muoversi e a intervenire contro di noi, vi renderete conto di quanto in realtà sia maldestro e inefficiente. E più forti diventiamo noi, più s’indebolirà. La forza è il nostro Dio! Dio non è forse colui che esaudisce le preghiere? Ed è la forza che esaudisce le nostre, che rende possibile a una nazione o a un uomo di ottenere quello che vuole.

Dalla zona buia della stanza arrivarono applausi sparsi.

— Chi è l’uomo che è con lei, signore? — domandò l’uomo col pigiama giallo. — Ci si può fidare di lui? — Era il più anziano del gruppo, aveva una grossa pancia, i capelli bianchi e una voce profonda e gelatinosa, come se provenisse dalle cavità più remote dei polmoni soffocati di grasso.

— No! Non ci si può fidare di nessuno. Lei lo sa meglio di chiunque, ma se veniamo meno alla fiducia, ci aspetta la morte. Per tutta la vita ci hanno insegnato — loro ci hanno insegnato — a pensare che questa fosse la nostra debolezza. Ma io vi dico che questa è invece la nostra forza! Siamo esseri soprannaturali messi alla catena da semplici esseri umani, e non dobbiamo voltare le spalle all’immagine di Dio che è dentro di noi. Siamo una sacra compagine di fratelli, e quando ognuno di noi ne sarà consapevole, diventeremo invincibili!