Un pesante sipario color porpora calò a dividere la zona buia da quella illuminata. Da dietro il sipario arrivava il rumore simile a quello di un tuono che aveva già sentito. Gli uomini seduti intorno al tavolo si alzarono, i due in abito grigio si tolsero il cappello e si asciugarono il viso. Un uomo calvo in maniche di camicia sbirciò nella stanza. — Chiamata alla ribalta! Inchinatevi, tutti insieme. Un solo inchino.
North gli prese la mano destra, il grassone la sinistra. L’uomo in divisa prese la mano destra di North, e i due in abito grigio si separarono mettendosi ognuno a un’estremità della fila. Come tanti bambini che giocano, si avvicinarono al punto in cui il sipario si apriva e fecero un inchino — North ne fece due — a un pubblico che riuscivano a malapena a intravedere.
— Sta andando bene — gli disse North quando furono usciti nel corridoio scuro. — Li hai sentiti anche tu.
— Credevo che dicessi sul serio. Credevo che stessi veramente per rovesciare il governo.
— Infatti. È così che si cominciano a trasmettere le proprie idee alla gente. Fanno la stessa cosa anche nel nostro mondo.
L’uomo in maniche di camicia ricomparve con un foglietto di carta in mano. — Se volete sedervi in platea, ci sono due posti vicini. La vostra prossima entrata in scena è alle dieci in punto. Me lo sono scritto qui.
North dette un’occhiata al foglietto e mormorò un grazie. — Andiamo, c’è un passaggio intorno alla platea dove si trovano le uscite di sicurezza. Lavoravo qui prima che mi sbattessero in ospedale.
I posti erano in terza fila. Lui voleva chiedere a North se poteva comprare il popcorn, anche se sapeva benissimo che il popcorn si trovava solo al cinema, o almeno così era nel mondo reale. Sentiva che anche Lara si trovava da qualche parte in quel teatro, e se solo fosse riuscito a trovare una scusa per alzarsi, avrebbe potuto incontrarla.
Un’esile ragazza bionda salì sul palcoscenico portando con sé un seggiolino e uno strumento che sembrava un incrocio fra una chitarra elettrica e una balalaica. Si mise a sedere sul seggiolino e cominciò a suonare, cantando una canzone sui pirati. Mentre cantava, tre pirati dalla pelle scura presero a danzare silenziosi dietro di lei. Uno aveva una benda nera su un occhio, un altro un uncino al posto della mano e il terzo una gamba di legno; quello con la gamba di legno accompagnava la cantante con una piccola fisarmonica e danzando colpiva l’aria con la gamba come se fosse il manico della scopa di una strega. Quando la nave dei pirati si fermò a cento metri dalla sua vittima, il rollio delle fiancate si propagò nel teatro e i tre danzatori sembrarono cinquanta.
— Faceva tristezza, vero? — sussurrò North. — Lei laggiù, tutta sola. Anche al pubblico non piaceva molto. Una scena come quella era più adatta a un night club.
Sul palcoscenico fu fatto scivolare un pianoforte e una donna anziana con l’aspetto di una donna delle pulizie suonò L’isle joyeuse, il titolo era stampato sul programma. Lui chiuse gli occhi per ascoltare la musica; si sentiva molto stanco, anche se quel giorno non aveva fatto altro che ciondolare per la stanza dell’albergo. I pirati si erano trasformati in arlecchini e la loro nave era diventata snella, con una lunga prora e vele dalle strane forme. Lui aveva già visto quelle figure e quella nave da qualche altra parte, forse in un quadro o su un pannello dipinto nel Reparto Arredamento.
Anche se non poteva vederla attraverso le palpebre abbassate, capì che Lara si era allontanata dal pianoforte. All’improvviso ne fu certo, aprì gli occhi e raddrizzò la schiena: Lara aveva già lasciato il palcoscenico. Si alzò in piedi. Quando North gli afferrò una manica, lui mormorò: — Non mi sento bene — e si precipitò nel corridoio deserto dietro alle uscite di sicurezza.
Sorpreso si accorse che il corridoio non era affatto deserto; davanti a ogni uscita di sicurezza stazionava un uomo alto dall’espressione impassibile. Nessuno parlò o fece qualcosa per fermarlo, ma lui capì che l’avrebbero fatto, se avesse cercato di uscire dal teatro.
Invece corse dietro al palco, sicuro che Lara dopo essere uscita da una delle quinte — è così che vengono chiamate — non era scesa tra il pubblico e si trovava ancora lì. Era buio come prima, ma a lui sembrava che la melodia suonata al pianoforte dall’anziana donna, quelle note splendenti, scintillanti, avessero illuminato l’ambiente… gli sembrava che i prismi di cristallo di qualche antico e inestimabile candeliere si fossero trasformati in uccelli, e quegli uccelli volassero. Rallegrato da questa luce, grazie alla quale riusciva quasi a vedere, spalancò una porta e vide l’orso, che si sollevò ringhiando sulle zampe posteriori. Anche se la bestia portava la museruola e la catena, lui sentì un improvviso brivido di paura.
— Eccoti qui — disse l’uomo in maniche di camicia. — Credevo che ti saresti perso l’entrata — disse. Lui chiuse la porta.
— No, no — disse. — Non posso farlo di nuovo. — Cercò di spiegargli di Lara.
— Hai fatto un sogno, amico — gli disse l’uomo in maniche di camicia. — Te lo dico io. Madame stava suonando il piano, e tu ti sei fatto un sonnellino.
Lui disse: — Anche se è solo un sogno, devo cercarla. Devo continuare a cercarla anche se ho solo una probabilità su un milione, perché è l’unica che ho.
— No, anche se non fosse un sogno, tu stasera devi andare fino in fondo. C’è Klamm, il consigliere della Presidente, uno degli uomini più importanti del paese.
— Klamm? — domandò lui. — Gli ho parlato una volta al telefono, ma era tedesco.
L’uomo in maniche di camicia lo guardò con maggior rispetto. — Infatti, Klamm è tedesco.
— Non pensavo che la Presidente avesse un consigliere tedesco.
North passò accanto a loro senza neppure guardarli.
— Klamm è un immigrato, ma ha un ruolo molto importante nel governo. Ora devi andare fino in fondo. Sta nel palco alla tua sinistra.
Lui fece per protestare, ma l’uomo in maniche di camicia lo spinse verso il palcoscenico. — Se vedo la tua Lara, te la mando su, la faccio entrare in scena. Promesso.
North stava già entrando in palcoscenico, lui lo seguì, cercando di sembrare un cospiratore, ma aveva il viso pallido per lo spavento. Aveva perso il cappello grigio da qualche parte, non si ricordava dove.
La scena era cambiata. L’uomo in divisa era disteso su una cuccetta sotto a una coperta leggera. — E così è successo.
— È già successo altre volte — disse North.
Voleva cercare Lara tra il pubblico e Klamm nel palco, ma era accecato dalle luci. Pensò che la sua prima impressione era giusta, si trovavano in un seminterrato, ed era il teatro a essere una finzione, non lo spettacolo. “Ho recitato la mia vita come un attore in uno spettacolo, senza conoscere la mia parte”, pensò. “Lo capisco solo adesso”.
North domandò al grassone: — Quando succederà?
Il grassone scrollò le spalle. — Oggi, signore. Domani, al più tardi. Il sistema immunitario sta andando, e dopo si tratta solo di vedere quale virus lo aggredirà per primo.
Uno degli uomini in abito grigio chiese: — Perché, Nick? Perché l’hai fatto?
— Mi dispiace, David — rispose l’uomo disteso sulla cuccetta. — Non sono riuscito a controllarmi.
North si voltò dall’altra parte. — E in quel momento non c’era nessuno che potesse aiutarlo.
I suoi occhi si erano abituati all’intensità delle luci del palcoscenico e ora riusciva a vedere il pubblico: linee oblique di visi pallidi e indistinti nell’oscurità, interrotte qua e là da qualche posto vuoto. In piedi (come sempre) accanto a North, facendo finta di guardare l’uomo sulla cuccetta, lui osservava quei volti nella speranza di incontrare quello di Lara. Non riuscì a vederla, e allora gli venne in mente di cercare Klamm nel palco, ma non si ricordava se l’uomo in maniche di camicia gli aveva detto a destra o a sinistra, e se l’indicazione era intesa dal punto di vista degli attori o del pubblico.