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— Perché mentre cerchi non ascolti la Tv, in fondo è la stessa cosa. — Quando finì di parlare si rese conto che forse si era convinto troppo in fretta che Tina avesse la capacità di cercare qualcosa.

— Non è affatto lo stesso.

Aveva già abbassato il volume dell’audio e ora spense del tutto il televisore. — Perché no?

— Leggere ti sarebbe utile per la scuola.

— Ma io non vado più a scuola.

Tina batté i piedi, spazientita per la sua stupidità. Il rumore era simile al ticchettio delle unghie sul tavolo. — Ma dovrai tornarci l’anno prossimo, e allora ti sarà utile!

— Va bene — disse lui.

— E poi tu mi leggeresti una vera storia. Quelle della Tv invece, sono solo chiacchiere che vanno bene per far passare il tempo.

Lui annuì. Era proprio quello che aveva sempre pensato, anche se non l’aveva mai detto.

— Che aspetto hanno i soldi?

Lui tirò fuori il portafoglio e le mostrò un biglietto da un dollaro e uno da cinque. — Sono come questi, solo che le immagini stampate sopra sono diverse. Su quelli ci sono visi di donne, non di uomini. — Rimase in silenzio. Donne e uomini davano importanza a cose diverse. Grazie al suo lavoro lo aveva capito da molto tempo. Ora però gli sembrava un fatto importante in sé: le donne non si interessano alle automobili, si interessano di più ai bambini, alla loro solitudine e alla loro educazione. Se le donne fossero al potere forse si preoccuperebbero dell’esistenza di bambole come Tina.

— Immagini di signore? — lo sollecitò Tina.

— Veramente non ha importanza. Sono pezzi di carta uguali a questi. — Scoprì che collegava i soldi al profumo delle rose, anche se non sapeva spiegarsene la ragione. Non era sicuro che ce ne fossero rimasti ancora, ma se li avesse ritrovati, anche solo pochi dollari gli sarebbero stati utili nel mondo di Lara.

— Comincerò a guardare sotto i mobili. Sarà facilissimo, vedrai. Ma quando avrò finito, dovrò farmi un bagno. Poi tu aprirai i cassetti così potrò infilarmici dentro.

Lui protestò che nei cassetti poteva guardare altrettanto bene di lei.

— No, non puoi. Io posso entrarci e frugare. Non è affatto la stessa cosa. Mentre guardo sotto il cassettone, tu comincia a raccontarmi una storia.

Lui aveva una decina di libri, tutti ereditati da sua madre e non sapeva nemmeno di cosa parlassero. Prese a caso dallo scaffale un volume con la copertina rossa scolorita e lo sfogliò fino a quando non trovò quello che gli sembrò l’inizio di un racconto per ragazzi.

— C’era una volta — cominciò a leggere — una casetta nel folto della Foresta Nera dove vivevano due fratelli di nome Joseph e Jacob. Jacob era cieco.

Tina emerse tossendo esageratamente da sotto il cassettone insieme a un mucchietto di polvere grande quasi quanto lei. — Là sotto non pulisci abbastanza — disse. — Anzi, credo che tu non lo faccia mai.

— Joseph si prendeva cura di suo fratello e Jacob faceva quel che poteva per rendersi utile. Poiché si volevano molto bene, erano molto felici.

— Adesso guarderò sotto il letto — annunciò Tina. — Poi andiamo in soggiorno così posso cercare anche lì.

— Ma avevano pochi soldi e la loro situazione si faceva ogni anno più difficile.

— Anche qui è pieno di polvere. — La voce di Tina gli giunse debole e ovattata.

— Durante l’inverno cade molta neve sulla Foresta Nera che per lunghi mesi si trasforma in una foresta bianca e in autunno i due fratelli dovevano comprare molte provviste perché durassero fino alla primavera. Trascorsero molti anni e arrivò un autunno in cui capirono che non ce l’avrebbero fatta.

Tina gridò: — C’è un bottone. Come brilla!

Si rese conto che Tina doveva aver lanciato il bottone come un’atleta avrebbe lanciato un disco, perché arrivò alla velocità di un proiettile.

— Un giorno Jacob disse: “Joseph, ti ricordi come sapevo scrivere bene?” e quando Joseph rispose: “Certo che mi ricordo!” Jacob gli mostrò un telaio di legno che aveva costruito per tenere fermo un foglio di carta. Il telaio era attraversato da numerose corde di violino parallele, così fitte che tra l’una e l’altra ci poteva a malapena passare un pollice.

— Ecco una monetina! — La moneta schizzò fuori come aveva fatto il bottone e rotolò andando a sbattere contro la parete.

— “Grazie a questo telaio”, spiegò Jacob, “e a te, fratello caro, che mi affilerai la penna quando ne avrò bisogno, potrò tornare a scrivere come prima. Forse la Gazzetta della Foresta Nera comprerà uno dei miei racconti, così potremo comperare le provviste per l’inverno.

— Qui sotto non c’è più niente — gli disse Tina. — A parte altra polvere. Non sembro uno spazzacamino?

Infatti sembrava un giocattolo dimenticato da lungo tempo in qualche angolo che ora, appena ritrovato, sarebbe stato gettato via perché troppo sporco per tornare pulito. Ma lui annuì sorridendo e la seguì docilmente verso il soggiorno.

— Così Joseph affilò una penna d’oca grigia col coltellino di Jacob, sistemò la carta nel telaio e si assicurò che nel calamaio ci fosse l’inchiostro. Fatto questo, tornò al suo lavoro, lasciando il fratello da solo a scrivere.

— Sotto il divano e sotto la poltrona non c’è niente, solo un mucchio di polvere — riferì Tina. — Ora portami in bagno e fa scorrere un po’ d’acqua nel lavandino. Forse sarà meglio che lasci aperto il rubinetto.

Lui abbassò la mano in modo che Tina potesse salire sul palmo e fece come gli aveva detto. Quando si sedette sul coperchio del gabinetto col libro rosso sulle ginocchia, notò che ci si vedeva molto meglio nel bagno che in camera da letto o in soggiorno.

“Nessuno legge più”, pensò, “ma gli uomini si fanno ancora la barba”.

— Ma quando Joseph ritornò vide che sul foglio c’erano scritte solo poche parole e che Jacob stava tamburellando con le dita sul tavolo. “Non posso scrivere”, disse. “Avevo l’abitudine di guardare fuori della finestra per cercare l’ispirazione. A quel tempo potevo farlo, ma ora…” e Jacob si strinse nelle spalle.

Per non interrompere la lettura, Tina indicò con la mano i suoi capelli e lui le versò una goccia di shampoo.

— “Forse posso guardare fuori dalla finestra al posto tuo, fratello caro”, suggerì Joseph. Jacob annuì. “Proviamo. Guarda fuori e dimmi cosa vedi”. Così Joseph guardò fuori, ma vide solo gli alberi che agitavano le loro braccia al vento. “Mmmm…”, disse. Jacob sorrise. “Anch’io provavo la stessa sensazione”.

— Quale sensazione? — domandò Tina.

Lui si strofinò il mento e si grattò un orecchio. — Come se non succedesse nulla, immagino, e allo stesso tempo ci fossero così tante cose che era difficile scegliere.

— Ah, dev’essere proprio così. Va’ avanti.

— Joseph vide ombre blu che lentamente s’insinuavano tra gli alberi coperti di brina. “Vedo un lupo nero”, disse. La penna di Jacob volò più veloce del vento e Joseph si allontanò silenziosamente in punta di piedi.

Lui rimase in silenzio e osservò Tina sciacquarsi i capelli nell’acqua che gocciolava dal rubinetto. — Ti sto ascoltando — gli disse. — Non fermarti.

— Quando Joseph ritornò, Jacob lo stava aspettando. “Devi guardare ancora fuori dalla finestra”, gli disse Jacob. Così Joseph guardò fuori. Un uccello lucente si era posato sopra i cespugli di rovo. “Vedo una principessa incantata che sta cogliendo le more”, disse a Jacob. “Una principessa incantata con le ali”, aggiunse dopo un momento e la penna di Jacob si mosse più veloce delle ali dell’uccello.

Tina si stava asciugando con un fazzolettino di carta. — Pensi che la Gazzetta della Foresta Nera comprerà il racconto di Jacob?

Lui fece cenno di sì. — Sono sicuro che lo compreranno. È un racconto bellissimo.