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— Vieni al negozio e te lo faccio vedere. Comunque… lo scrittoio era imballato in una cassa di legno. Penso che la signora abbia incaricato una società di spedizioni, perché sembrava un lavoro da professionisti.

Lora annuì.

— Non sapevo cosa contenesse e ho avuto un po’ di difficoltà ad aprirla. Quando sono riuscito a togliere la prima assicella, ho mandato dentro Tina per vedere cosa ci fosse.

— Tu ne sei proprio convinto, vero? — Con un gesto impaziente della testa, Lora buttò indietro i suoi lucenti capelli castani. — Sei davvero convinto che quella bambola sappia camminare e parlare?

— Non è poi una cosa così strana — disse lui. — Da principio pensavo addirittura di essere io, come per magia. La Meravigliosa Tina, così si è chiamata una volta. Nel Reparto Fai Da Te vendono un piccolo robot che ci si può costruire da soli e mi hanno detto che l’aviazione ha certi aeroplani che possono volare, combattere, tornare alla base e atterrare anche in caso di morte del pilota. Io non saprei costruire una bambola del genere e non conosco nessuno che saprebbe farlo, ma può esserci qualcuno che ne è capace… se ci si mette.

Tina stava a faccia in giù sul tavolo, accanto al suo gomito. Mentre parlava, lui aveva preso la saliera e ci giocherellava passandosela da una mano all’altra. La cameriera portò i frutti di mare.

— Tina non veniva più fuori. Ho spaccato la cassa e ho guardato dappertutto, ma non sono riuscito a trovarla. Finalmente ho scoperto che c’era uno scomparto segreto nello scrittoio… non credo che la signora che me lo ha regalato lo sapesse… l’ho aperto, e Tina era là dentro, ma non parlava e non camminava più. Era così. — La indicò con una mano.

Lora, che stava mangiando la sua pasta con i frutti di mare, annuì con aria scettica.

— Forse non ti ho detto che Tina era così anche quando l’ho comprata. Il commesso mi ha detto cosa dovevo fare per farla funzionare, ma io non gli ho prestato molta attenzione. — Rimase un attimo in silenzio. — Ma avrei dovuto starlo a sentire, perché anche a me succedeva molto spesso, quando vendevo personal computer e periferiche, di spiegare qualcosa al cliente e vedere puntualmente che il giorno dopo quello tornava al negozio per chiedermi la stessa cosa. Comunque… mi domandavo che cosa le fosse successo e poi ho capito. Un giocattolo, meccanico non è sempre in funzione. Quando un bambino non ci gioca, viene spento. Se è un giocattolo a molla, non c’è nemmeno bisogno di spegnerlo, si scarica da solo. Non ti starò a raccontare come l’ho fatta funzionare la prima volta, ma è stato per caso.

Lora si asciugò la bocca col tovagliolo. — E così, non puoi più farla funzionare!

Lui scosse la testa. — Già. Sono troppo felice di averti ritrovato e so che mi porterai con te.

— Non capisco cosa intendi dire. Può darsi che ci vedremo ancora e può darsi di no.

Lui annuì. — Tina mi aveva detto che le piaceva il tè e così io gliel’ho preparato. Me l’ha detto solo quella volta e dopo me ne sono dimenticato. Quando l’ho vista lì, immobile nello scomparto, ho capito. Lei lo dice al bambino una volta sola e il bambino la fa funzionare fino a quando ha voglia di giocare con lei. Se lui non vuole più giocare, la bambola si mette da parte, così la mamma del bambino non deve preoccuparsi di rimetterla a posto. In breve tempo la bambola si scarica, o meglio, si riposa; in questo modo non si rompe mai e non si consuma. Anch’io in quel momento non avevo più tanto interesse per Tina, perché ogni mio pensiero era rivolto a te e alla cassa.

Bevve un sorso di vino. Lora disse: — E tu ti aspetti che io ci creda.

— Sono sicuro di sì, tu sai tutto su questi giocattoli, anzi, sono convinto che tu sappia più di me. Quello che mi aspetto veramente è che tu lo ammetta. Lo farai quando ti renderai conto che è inutile continuare a comportarti come stai facendo adesso. — Appoggiò il bicchiere sul tavolo e prese la saliera. — Insomma, Tina si comporta così. Tutte le volte che io non mi interesso a lei, si mette da parte. Se c’è un posto che le piace, lo chiama la sua fortezza segreta. Ieri si è nascosta in quello scomparto segreto.

Svitò il tappo della saliera, versò il sale nell’acqua ghiacciata e lo mescolò con un cucchiaio. Quando vide che il sale si era quasi del tutto sciolto, bagnò le dita nell’acqua e spruzzò Tina. — Quando è già in funzione può bere da sola — disse a Lora. — tè o acqua con un po’ di sale. Se invece è a riposo, bisogna fare così. È un elettrolito. Non fare finta di essere sorpresa.

Una goccia d’acqua cadde sul viso di Tina che si mise a sedere sul tavolo. — Ciao, sono Tina. — Batté varie volte i suoi grandi occhi nocciola prima di metterli a fuoco su Lora.

— Ciao, Tina — disse Lora con voce tesa.

— Io ti appartengo — dichiarò Tina. — Sono la tua bambola e so parlare.

Lora scosse la testa. — Temo che non sia vero, Tina. Hai sbagliato persona. Tu appartieni all’uomo dietro di te.

Lui disse: — Ciao, Tina. Ti ricordi di me?

— Pochino.

— Abbiamo giocato insieme nel mio appartamento. Tu mi hai aiutato a cercare delle cose che avevo perso e io intanto ti stavo leggendo una storia. Poi ti ho comprato dei bei vestitini e un servizio da tè.

Tina fece cenno di sì. — Se vuoi bere il tè, posso aiutarti a preparare la tavola.

— Sì, appena torniamo a casa. — Poi, rivolto a Lora, disse: — Sei sicura di non voler dare Tina a Missy?

Lora scosse la testa. — So che vuoi essere gentile e devo ammettere che sulla bambola tu avevi ragione e io torto. Dicevi la verità, ma questa cosa sembra troppo una stregoneria per i miei gusti e per quelli di Missy.

— Va bene, non pensiamo a Tina per ora. Quando te ne sei andata mi hai lasciato un biglietto, ricordi? Se sei davvero quello che dici di essere, una divorziata con una bambina, perché mi hai scritto di quelle porte?

Lora lo guardò con aria interrogativa. — Quali porte?

Lui prese il biglietto dal portafoglio, lo aprì e lo lisciò sul tavolo. Una goccia d’acqua salata cadde su un angolo del biglietto, come una lacrima. Mentre lui alzava lo sguardo su Lora, Tina fece una risatina.

Lora domandò: — Che avete da ridere, voi due? — Quando lui l’aveva aperto, Lora aveva dato un’occhiata al biglietto e aveva distolto immediatamente lo sguardo.

— È per la tua faccia — le disse lui. — Fino a ora eri riuscita a controllarti.

Lora si alzò in piedi, pulendosi le labbra con il tovagliolo. — Se non ti piace la mia faccia…

— Immagina che io chiami Canale 9 — disse lui. — Immagina che io gli mostri questo biglietto e poi gli faccia vedere Tina. Sono sicuro che quelli della Tv sarebbero molto interessati a Tina e tu non potresti tornare qui chissà per quanto tempo.

Tina esclamò: — Non andartene! — Un cliente grasso, seduto al tavolo vicino, guardò la bambola e distolse immediatamente gli occhi, con l’espressione stupita ma determinata di un ateo che abbia visto un fantasma.

— Questa è pura follia — disse Lora. — Sapevo che sarebbe andata così, quindi è colpa mia. Grazie per il pranzo.

— Ho anche il tuo ritratto — le disse lui. Lora non rispose e lui continuò: — Siediti.

Con le braccine tese, implorando di essere presa in mano, Tina trillò con voce acuta: — Sei così graziosa!

Lora si rimise a sedere. Non si dondolava più con la sedia e stava sulla difensiva. — Ma io non ti ho mai dato il mio ritratto.

— Infatti. — Fece una pausa per pensare bene a quello che stava per dire. — Le cose tornano al loro posto da sole, vero? Le cose del tuo mondo e del mio. Quando ero piccolo mia madre a colazione mi dava i fiocchi di granturco con il latte e io non sono mai riuscito a spiegarmi perché un fiocco che io mettevo in mezzo alla tazza si spostava sempre da una parte. Ancora adesso non me lo so spiegare, ma non credo che sia per magia. E sono convinto che anche questo non sia magia. Probabilmente si tratta di una legge di natura, come la gravità. Che succede quando qualcosa appartiene a tutti e due i mondi? — Restò in attesa di una risposta.