Probabilmente.
E, fatto ancor più importante, nel mondo reale i tram erano stati eliminati molto, moltissimo tempo fa, e le rotaie erano state sepolte da strati e strati di asfalto.
È vero, eliminarli era stata un’operazione insensata.
Erano economici, consumavano poco e non inquinavano. Eppure erano stati eliminati, mentre un centinaio di altri congegni nocivi erano invece rimasti intoccati… era questo il modo per riconoscere che si trattava del mondo reale.
In quel momento accanto all’ospedale passò una vettura tranviaria. Lui avvertì il buffo rintocco metallico della campanella, e pensò che se si fosse affacciato alla finestra avrebbe visto il fanale anteriore risplendere dorato tra i fiocchi di neve.
La stanza non aveva porte e dal corridoio esterno debolmente illuminato entrava una luce tenue. Quando anche quella luce si oscurò si alzò a sedere sul letto.
Sul vano della porta c’era un uomo in piedi. Per un istante pensò che fosse Walsh. Ma Walsh era completamente calvo; la sagoma di quell’uomo invece, sebbene non molto più alta, rivelava una testa rigogliosa di capelli arruffati.
— Sei sveglio? — sussurrò l’uomo.
— Sì — rispose lui.
— Vorrei dirti che… qui usiamo una specie di telegrafo senza fili. Passaparola. Capisci cosa intendo?
— Credo di sì.
— Così, qualunque cosa uno viene a sapere, la sappiamo tutti. È così che riusciamo a sopravvivere in questo posto. Quella Gloria Brooks, stanotte lo ha fatto con Bailey. Billy North è andato nella camera di Al per scroccargli una sigaretta e li ha beccati mentre lo stavano facendo. Passaparola.
Lui annuì. — Okay, lo dirò a qualcuno. A chi devo dirlo?
— Ti ho visto parlare con Eddie.
— Va bene, lo dirò a lui. Dov’è?
— In fondo al corridoio, la seconda o la terza porta dopo la curva.
— Va bene — disse di nuovo. Prima che riuscisse ad alzarsi, l’uomo era già andato via.
Non riusciva ancora ad addormentarsi, si disse, e stava diventando sempre più depresso. Aveva allungato la mano verso il telefono almeno una dozzina di volte; e per una dozzina di volte l’aveva ritratta, dicendo a se stesso che avrebbe svegliato Lara, che si sarebbe arrabbiata con lui; ma lui sapeva che la verità era un’altra, temeva di non trovarla, che nell’appartamento non ci fosse nessuno, assolutamente nessuno. Che non ci fosse mai stato nessuno in quell’appartamento eccetto lui stesso.
La sua cartella diceva alcolismo. Si ricordava di aver bevuto molto qualche volta, e aveva bevuto troppo la notte prima, con Lara. Una volta sua madre gli aveva detto che suo nonno beveva molto e che poco prima di morire aveva visto un bimbetto dai capelli d’oro… un bimbetto dai capelli d’oro che nessun altro aveva mai visto. A lui era successa la stessa cosa con Lara? Cercò di ricordarsi il nome del bimbetto dai capelli d’oro. Chester? Mortimer? Sua madre gli aveva detto che suo nonno aveva ripetuto spesso quel nome nei mesi precedenti la sua morte, ma poi era sparito, sparito per sempre; nessun altro aveva più visto il bimbetto dopo la morte di suo nonno.
Ma Lara l’aveva mai vista qualcuno? L’avrebbe mai potuta vedere qualcuno se lui fosse morto quella notte? Non aveva intenzione di morire quella notte, anzi, sentiva che quella notte non avrebbe mai avuto fine, che le vetture tranviarie rosse avrebbero continuato a procedere nell’oscurità e nella neve in eterno.
Il corridoio era illuminato da deboli luci verdastre.
Chartreuse, pensò, chiedendosi se non fosse davvero un alcolizzato; se definire il nome di un colore con quello di un liquore non fosse davvero indice del suo alcolismo, un vizio che teneva nascosto perfino a se stesso. Una volta quelli del negozio non gli avevano fatto frequentare un corso? Era forse un programma di recupero per alcolizzati?
— In fondo al corridoio, la seconda o la terza porta dopo la curva.
Era la seconda, o la terza? Decise di provare prima la seconda, e scoprì che non c’era la porta, che tutte le camere erano senza porta come la sua. Il numero di ottone sulla parete diceva che la seconda porta era la 86E. Nella scanalatura di ottone posta sotto il numero avrebbe dovuto esserci un cartoncino con il nome dell’occupante. Invece ne era priva, anche se lui avvertiva il debole sospiro del paziente che respirava all’interno.
Gli venne in mente che l’uomo nella stanza poteva essere un maniaco omicida. Dopotutto quello restava sempre una specie di ospedale psichiatrico. Walsh aveva detto che quella era l’ala più tranquilla, e questo era rassicurante.
Non aveva valutato quanto potesse risultare buia la stanza venendo dal corridoio illuminato. La finestra si apriva su uno scenario diverso, più buio della strada trafficata che si vedeva dalla finestra della sua stanza.
Pensò che si trattasse di un parco… un parco affollato di alberi che arrivavano fino alle finestre di quel piano, qualunque piano fosse. Il respiro del paziente era regolare come il lento rintocco di un orologio a pendolo.
— Walsh? — sussurrò. — Eddie?
L’uomo si rigirò nel sonno. — Sì, mamma?
Non era un inizio molto incoraggiante.
— Eddie, sei tu?
Come a un colpo di frusta, l’uomo si era svegliato ed era saltato a sedere sul letto. — Chi è là?
Gli disse il suo nome e, stupidamente, cercò di toccare la testa dell’altro.
Immediatamente si sentì afferrare il polso da una presa d’acciaio. — Cosa fai qui?
— Non lo so! — disse impaurito.
— Sì che lo sai!
— Sono caduto. Sono salito su un carro con una pattinatrice, e quando sono sceso sono scivolato sul ghiaccio.
La presa si allentò appena. — Non hai fatto l’amore con lei. — Era un’affermazione, non una domanda.
— No.
— È questa la ragione, allora. È un trucco che usano per crearti uno stato di tensione, capisci? Se cominci a farlo e poi ti metti a pensare “mio Dio, morirò”, ti tiri indietro. Allora loro dicono che sei pazzo. Anche a me è successa la stessa cosa.
Lui disse: — La mia cartella dice che sono alcolizzato.
— Sei fortunato.
— Per favore, puoi lasciarmi andare la mano?
— No. E se non tieni lontana l’altra, ti afferro anche quella.
Tentò disperatamente di trovare un modo per proseguire la conversazione; gli sembrava pericoloso lasciarla cadere. — Non credo che sia una fortuna essere alcolizzati.
— La diagnosi avrebbe potuto essere schizofrenia maniacale acuta. L’avresti preferita? Vuoi sapere cosa ti provoca quella roba che ti fanno per la schizofrenia acuta? Eh?
— No — disse lui. — No, grazie.
— Ti fa diventare pazzo. Vuoi leggere cosa dice la mia cartella?
— Sì, certo, ma devo accendere la luce.
— Te lo dirò io. Schizofrenia maniacale acuta. Chiedimi come si chiama il presidente.
— Va bene — disse. La stanza gli sembrava più fredda della sua; tremava nel leggero pigiama dell’ospedale.
Sentiva odore di fiori di mandorlo.
— Dai, chiedimelo! “Chi è il presidente degli Stati Uniti”?
Lui ripeté obbediente: — Chi è il presidente degli Stati Uniti?
— Richard Milhous Nixon!
— Ora che ne dici di lasciarmi il polso?
— Tu ammetti, concedi, che Richard Milhous Nixon è il nostro presidente?
Esitò, nel timore di una trappola. — Be’, al telegiornale continuano a chiamarlo presidente Nixon.
Seguì un lungo silenzio, un’immobilità che pulsava come il sangue nelle sue orecchie.
— Non è più il presidente? — sussurrò l’uomo. — Ma lo è stato?
— Certamente. Ha dato le dimissioni.
— Per il bene della nazione, vero? È proprio il tipo da fare una cosa del genere… ritirarsi se lo deve fare, per il bene della nazione. Era un patriota. Un vero patriota.