Выбрать главу

— Ha l’aria di quello che si sta divertendo.

Uno dei giornalisti si alzò. — Devo fare una telefonata. Tenetemi il posto.

Si fece strada tra i colleghi e, attraverso la porta sorvegliata, raggiunse il piano inclinato che girava intorno al muro esterno dell’edificio. Si diresse quindi verso la telecamera tridimensionale portatile che il governo acquatainiano aveva permesso di installare perché gli inviati della stampa potessero trasmettere i loro servizi.

Il giovanotto parlò col gruppo dei tecnici per alcuni minuti, poi si piazzò vanti alla telecamera.

— Emile Dulaq, primo ministro dell’Ammasso d’Acquatainia e capo della coalizione contro il cancelliere Kanus, dei Mondi Kerak, è stato battuto nel primo tempo del duello psiconico contro il maggiore Par Odal, di Kerak. Ora i due antagonisti si stanno sottoponendo ai controlli psicofisici, prima di ricominciare il duello.

Quando il giornalista tornò al suo sedile in tribuna il duello stava per cominciare.

Dulaq stava in piedi tra un tappo di consiglieri, davanti ala mole torreggiante e impersonale della macchina. Di fronte a lui Odal, con i padrini.

— Non è necessario affrontare il secondo tempo immediatamente — stava dicendo uno dei consiglieri al primo ministro. — Aspettate domani. Riposatevi e calmatevi.

Senza rispondere, Dulaq rivolse uno sguardo interrogativo al meditec, che si teneva un po’ discosto dal gruppetto.

Il meditec, uno dell’équipe addetta alla macchina, puntò un dito verso di lui. — Il primo ministro ha superato felicemente i test. È in grado di ricominciare, secondo le norme del duello.

— Ma potrebbe anche ritirarsi per una giornata, no?

— Se il maggiore Odal acconsente.

Dulaq scosse la testa con impazienza. — No. Voglio continuare subito.

— Ma…

L’espressione del primo ministro si fece dura, e i consiglieri si trincerarono dietro un silenzio rispettoso. Il meditec capo riaccompagnò Dulaq in cabina. Odal, all’altro capo della macchina, lanciò un’occhiata agli acquatainiani, rise senza allegria, ed entrò nel proprio cubicolo.

Dulaq sedette e cercò di sgombrare la mente. Intanto i meditec gli sistemavano i neurocontatti intorno alla testa e sul torace. Terminato il loro compito gli uomini si ritirarono e lui rimase solo in cabina, lo sguardo fisso al grande video che gli stava davanti. Lo schermo cominciò a illuminarsi debolmente, poi splendette di una serie di colori che si fondevano gli uni agli altri mutando e turbinando. Dulaq si sentiva come attratto da questi: gradualmente, irresistibilmente, completamente immerso.

Le nebbie si diradarono lentamente e Dulaq si ritrovò in mezzo a una pianura immensa, desolata e spoglia. Non un albero, non un filo d’erba; soltanto rocce nude e squallide, che si stendevano in tutte le direzioni fino all’orizzonte, e il cielo di un giallo riarso e tormentoso. L’uomo guardò ai suoi piedi e vide l’arma scelta da Odaclass="underline" una clava primitiva.

Con un senso di paura afferrò la clava e l’osservò. Poi scrutò la pianura. Niente. Non un albero, non una collina, non un arbusto dietro cui nascondersi.

E lontano, all’orizzonte, un uomo alto e snello, che stringeva una clava come la sua. Avanzava lentamente, ma deciso, verso di lui.

La tribuna della stampa era quasi vuota. Il duello sarebbe durato più di un’ora e la maggior parte dei giornalisti era fuori, occupata a trasmettere frettolosamente le opinioni personali sulla sconfitta di Dulaq che si era battuto nell’ambiente e con l’arma scelti da lui stesso.

Poi accadde un fatto curioso.

Sul quadro di comando principale della duellomacchina, si accese una sola luce rossa. Il meditec capo la fissò sorpreso e premette tutta una serie di pulsanti. Apparvero altre luci rosse. L’uomo girò un interruttore.

Uno dei giornalisti si voltò verso il compagno. — Ehi, che cosa succede laggiù?

— Dev’essere finito… Sì, guardate, stanno aprendo le cabine. Qualcuno ha vinto.

— Ma chi?

I due guardarono attentamente, mentre i colleghi si affrettavano a riempire di nuovo la galleria.

— È Odal. Ha l’aria soddisfatta.

— Credo che significhi…

— Dio mio! Guardate Dulaq!

2

L’Ammasso di Carinae, pur essendo a più di duemila anni-luce di Acquatainia, si trovava ancora dentro i confini della gigantesca Federazione Terrestre. E il professor Leoh, inventore della duellomacchina, stava appunto tenendo lezione nell’università di Carinae quando seppe del duello di Dulaq. Uno dei suoi assistenti, contravvenendo temerariamente alle regole, si era permesso di interromperlo sussurrandogli la notizia.

Leoh annuì severamente, terminò la lezione in fretta e seguì l’assistente per recarsi nell’ufficio del rettore. Saliti sul sentiero scorrevole, rimasero in silenzio mentre questo li trasportava tra i gruppi di studenti che passeggiavano nel giardino, sotto le piante in fiore del campus.

Leoh, calvo e pingue, era il decano dei professori dell’università. Sempre sorridente, aveva uno sguardo lucido e vivace. Tuttavia, mentre lasciava il sentiero per entrare nell’edificio dell’amministrazione, non sorrideva affatto.

I due uomini salirono nell’ascensore e stavano per entrare nello studio del rettore quando Leoh domandò all’assistente: — Avete detto che si trovava in una condizione di stupore catatonico quando l’hanno estratto dalla macchina?

— Lo è tuttora — gli rispose il rettore dalla sua scrivania. — Completamente fuori del mondo reale. Non vede, non parla e non sente. Un vegetale vivente.

Leoh si lasciò andare sulla sedia più vicina e si passò una mano sulla faccia. — Non capisco. Non era mai accaduto mente di simile con la duellomacchina.

— Non capisco neanch’io — disse il rettore. — Ma capire è compito vostro. — E mise in quelle parole un leggero risentimento, forse involontario.

— Be’, per fortuna l’università non c’entra. Proprio per questo ho costituito la psiconica come società finanziaria indipendente. — Leoh rise e soggiunse: — Il denaro, naturalmente, era solo una considerazione secondaria.

Anche il rettore abbozzò un sorriso. — Naturalmente.

— Suppongo che gli Acquatainiani mi vorranno parlare — esclamò Leoh, tanto per dire qualcosa.

— Sono sullo schermo televisivo della tri-di, e vi aspettano.

— E tengono aperto un canale su una distanza di duemila anni-luce? — disse Leoh, piuttosto sbalordito.

— Siete l’inventore della duellomacchina e il capo della Società per Azioni Psiconica. Siete l’unico uomo che possa dir loro che cosa non ha funzionato.

— Be’, forse è meglio che non li faccia aspettare.

— Potete parlare da qui — disse il rettore, facendo l’atto di alzarsi.

— No, no, restate — esclamò Leoh. — Non c’è alcun bisogno che ve ne andiate. E neanche voi — aggiunse, rivolto all’assistente.

Il rettore premette un pulsante: la parete in fondo allo studio si illuminò un attimo, poi sembrò dissolversi. Infine apparve uno studio di Acquatainia, affollato di uomini dall’aria preoccupata. Alcuni erano in abito civile, altri in uniforme militare.

— Eccomi, signori — disse Leoh.

Gli Acquatainiani risposero tutti insieme, ma, dopo alcuni secondi di confusione, si girarono verso un loro connazionale in abiti borghesi, alto, dall’espressione intelligente e decisa, con una barba nera accuratamente regolata.

— Io sono Fernd Massan, facente funzione di primo ministro di Acquatainia. Naturalmente vi rendete conto della crisi che sta attraversando il nostro governo a causa di quel duello, vero?