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— Ma siete minacciati da Kerak — precisò Leoh.

— Mio caro professore — rispose il generale fissando Leoh l’alto in basso — sono militare da tutta la vita. Ho avuto l’onore di contribuire alla sconfitta di Kerak, una generazione fa. So come ci si comporta, in caso di minacce militari.

All’altra estremità del satellite, presso l’entrata di una delle camere stagne, Hector, con uno stabilizzatore intorno alla vita, se ne stava sospeso sopra una folla di ritardatari che attraversavano la camera stagna. Finalmente vide Geri.

L’ufficiale si tuffò bruscamente, urtando tre uomini d’affari carichi di gioielli e mandandoli a sbattere contro le rispettive mogli in minigonna, pestò i piedi di un panciuto colonnello acquatainiano e finalmente raggiunse Geri Dulaq.

— Sei venuta! — esclamò prendendole le mani e stringendole fra le sue.

Il sorriso della ragazza gli fece quasi piegare le ginocchia.

— Speravo proprio che ci fossi anche tu, Hector!

— Io… — disse lui, ridendo con aria idiota. — Eccomi qui.

— Ne sono contenta.

Rimasero lì, sulla soglia, a guardarsi, mentre la gente si faceva strada a gomitate per unirsi alla festa.

— Non sarebbe meglio allontanarci da qui? — disse Geri timidamente.

— Eh? Sicuro! — La condusse verso un cameriere un po’ sudato e le offrì una cintura stabilizzatrice.

— Mettiti questa, prima di muoverti. Altrimenti sarà un guaio tentare qualsiasi manovra.

Il cameriere gli lanciò un’occhiataccia. Era uno dei tre che l’avevano inseguito per tutto il satellite.

Geri guardò Hector con i suoi grandi occhi scuri. — Vuoi mostrarmi come funziona? Sono proprio ignorante, in cose di questo genere.

Frenando l’impulso di balzar via dal pavimento per farsi tre capriole di felicità, il tenente rispose con semplicità: — Oh, non c’è niente di difficile. — Poi sbirciò la faccia sudata del cameriere e disse: — Una volta che ci si è presa la mano, ovviamente.

— Ma quando avete sconfitto Kerak, avevate la Lega di Szarno e parecchie altre nazioni stellari dalla vostra parte — disse Spencer, con una nota tagliente nella voce. — Ora, invece, le vostre vecchie alleanze se ne sono andate. Siete soli contro Kerak.

Martine sospirò, come chi è costretto a un notevole esercizio di pazienza. — Vi ripeto, Sir Harold, che Acquatainia è abbastanza forte da sostenere qualsiasi attacco di Kerak, anche senza l’aiuto della Guardia Spaziale.

Leoh scosse la testa e non disse niente.

Lal Ponte, galleggiando vicino a Martine come un piccolo satellite vicino a un grande pianeta, si sentì in dovere di spiegare: — Il primo ministro sta facendo dei piani per un sistema di difesa impenetrabile, una rete di pianeti fortificati e flotte di navi spaziali così attrezzate che Kerak non avrà mai il coraggio di attaccarle.

— E supponiamo — replicò Spencer — che Kerak attacchi prima che questa linea difensiva sia completata. O che attacchi da un’altra direzione.

— Lo combatteremo e vinceremo! — disse Martine.

Spencer si passò le dita nei capelli ispidi. — Ma non vi rendete conto che un’alleanza con la Federazione, sia pure un’alleanza simbolica, obbligherebbe Kanus a rinunciare a un attacco? Mi sembra che sarebbe meglio impedire lo scoppio della guerra, invece di preparare piani per vincerla!

— Se Kanus vuole la guerra — disse Martine — lo sconfiggeremo.

— Ma può essere sconfitto anche senza guerra — insisté Spencer.

— Nessun dittatore può durare a lungo senza la minaccia di un conflitto che spaventi il suo popolo tanto da obbligarlo a servire — osservò Leoh. — E se appare chiaro che Acquatainia non può essere attaccata con speranze di successo…

— Kanus vuole la guerra — disse Martine.

— E anche voi, a quanto pare — aggiunse Spencer.

Il primo ministro gli lanciò un’occhiata di fuoco, poi si voltò.

— Scusate, ora devo occuparmi degli altri ospiti.

E si allontanò seguito da una mezza dozzina di seguaci, lasciando Spencer, Leoh e Lal Ponte tra la folla, che cominciò improvvisamente a disperdersi.

Geri ed Hector galleggiavano vicino alla parete trasparente, guardando le stelle e accorgendosi appena della musica e elle voci che provenivano dalla festa.

— Hector.

— Sì?

— Vuoi promettermi una cosa?

— Ma certo. Che cosa?

La faccia di lei era così seria, così bella, che il tenente sentì accelerare i battiti del cuore.

— Credi che Odal tornerà mai ad Acquatainia?

La domanda lo sorprese. — Uh, non lo so. Forse. Ma ne dubito. Voglio dire…

— Se mai ci si provasse… — La voce di Geri si perse in un bisbiglio.

— Non preoccuparti — disse Hector, stringendosi a lei. — Non gli permetterò di farti del male. Né a te, né a nessun altro.

Il sorriso della ragazza era sconvolgente. — Hector, caro Hector! Se Odal dovesse tornare, lo uccideresti per amor mio?

Senza pensarci un secondo, lui rispose: — Lo sfiderei appena mi capitasse di incontrarlo.

La faccia della ragazza tornò a farsi seria. — No, non intendo parlare della duellomacchina. Ho detto ucciderlo.

— Davvero, non capisco l’atteggiamento del primo ministro — disse Leoh a Spencer e a Lal Ponte.

— Ha un grande orgoglio — rispose Ponte. — L’orgoglio del militare. E noi siamo molto orgogliosi di lui. È l’uomo capace di ricondurre Acquatainia alla gloria. Dulaq e Massan erano brave persone, ma erano borghesi. Troppo deboli per trattare con Kanus di Kerak.

— Erano dei capi politici — disse Spencer. — Si rendevano conto che fare la guerra è come ammettere un insuccesso. La guerra è l’ultima risorsa, quando tutto il resto è fallito.

— Non ne abbiamo paura — sbottò Ponte.

— E invece dovreste averne — disse Leoh.

— Perché? Dubitate che possiamo sconfiggere Kerak?

— Ma perché correre un rischio, quando potremmo evitare il conflitto?

Il piccolo uomo politico agitò le braccia freneticamente, col risultato di balzare su e giù a causa dell’assenza di peso. — Noi non temiamo i Mondi di Kerak. Voi ci credete dei vigliacchi che corrono a nascondersi dietro le gonne della Federazione Terrestre al primo cenno di pericolo.

— La mancanza di buon senso è anche peggio della vigliaccheria — disse Leoh. — Perché insistete?

— Accusate il governo acquatainiano di stupidità?

— No, io…

Alzando sempre più la voce, Ponte gridò: — Allora accusate di stupidità me o il primo ministro, forse?

— Sto semplicemente discutendo sul vostro giudizio circa…

— Ed io vi accuso di vigliaccheria! — squittì Ponte.

Ora la gente cominciava a voltarsi a guardare. Il ministro sobbalzava su e giù, furioso. — Perché voi avete paura di quel Kanus, credete che dobbiamo averne anche noi!

— No, invece… — cominciò Spencer.

— Siete un vigliacco! — gridò Ponte a Leoh. — E ve lo dimostrerò. Vi sfido a battervi con me nella vostra duellomacchina!

Per la prima volta in tanti anni, Leoh si sentì avvampare d’ira.

— Questa è la discussione più idiota che mi sia mai capitato di fare! — rispose.

— E io vi sfido! — insisté l’altro. — Accettate la sfida o avete intenzione di svignarvela dimostrando tutta la vostra vigliaccheria?

— Accetto! — sbottò il professore.

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