— E non potete fare niente per convincere Martine? — domandò Leoh.
— Evidentemente no. Ma se resterete ancora un po’ qui, potrete tentare voi.
— Parlerò con gli scienziati dell’università — disse Leoh. — La loro opinione dovrebbe avere un certo peso sulle decisioni del governo.
Spencer aveva l’aria scettica. — Che altro volete fare? So benissimo che non avrete pace finché non troverete qualche altro problema di ricerca su cui arrovellarvi.
— Sto cercando di rendere più facili i viaggi interstellari — disse Leoh.
— Le astronavi sono già molto efficienti.
— Lo so. Ma io parlo di un miglioramento fondamentale — spiegò il professore. — Forse di un modo completamente diverso di viaggiare attraverso lo spazio. Tanto diverso quanto lo sono le astronavi moderne dagli antichi razzi.
— Basta così! — esclamò Spencer, alzando una mano massiccia. — Tra un minuto starete propinandomi dosi urto di fisica metadimensionale. Ho già il mio da fare a capire la politica!
Leoh scoppiò a ridere. Rivolto a Hector, Sir Harold continuò: — Tenente, sorvegliatelo con attenzione fino a quando resterà in Acquatainia. Il professore è un uomo di valore… e, soprattutto, è un mio carissimo amico. Capito?
— Signorsì.
Odal stava rigido sull’attenti, davanti a Kor. Il ministro dei Servizi Segreti, appoggiato allo schienale imbottito ella sua poltrona dietro la scrivania, teneva le mani su uno stiletto decorato che gli serviva da tagliacarte.
— Non vi piace il compito che svolgete, qui, vero? — Kor sorrideva con freddezza.
— Io sono un ufficiale dell’esercito — gli rispose Odal, cautamente. — Trovo che il lavoro dell’inquisitore è… spiacevole.
Kor tamburellò con le dita sullo stiletto. — Ma voi siete uno dei pochi individui che sappiano usare la duellomacchina per gli interrogatori. E siete di gran lunga il migliore elemento che abbiamo, per questo scopo. Gli altri sono dei dilettanti rispetto a voi. Avete molto talento, maggiore Odal.
— Mi è difficile interrogare ufficiali dell’esercito che sono stati miei compagni d’arme — disse Odal.
— Ci credo — ammise Kor — ma vi siete comportato bene ugualmente. Ora sappiamo di chi ci possiamo fidare, nell’esercito, e chi sta complottando contro il Duce.
— Allora il mio compito è finito.
— La congiura va più in là dell’esercito, maggiore. È qualcosa di più ampio e profondo. I nemici del Duce infestano ogni settore del governo. Sono certo che anche il maresciallo Lugal è coinvolto.
— Ma se non abbiamo prove! — esclamò Odal.
— Sono fermamente convinto che lo è — sbottò Kor. — E anche Romis!
Kanus vuole assicurarsi il controllo dell’esercito pensò Odal e tu vuoi eliminare dunque possa competere con te, nei favori di Kanus.
— Non prendete un’aria così tetra, maggiore — disse il ministro con un sorriso sempre più gelido. — Avete servito bene il vostro Duce e me, durante queste settimane. Adesso… be’, che ne direste di ritornare ad Acquatainia?
Odal provò una strana sensazione di sorpresa e d’inquietudine.
— Spencer ha lasciato Acquatainia — spiegò il ministro — e i nostri piani si stanno attuando in modo proprio soddisfacente. Ma Leoh è ancora là. È un individuo molto pericoloso per noi. Lo elimineremo.
— Ed elimineremo anche il tenente della Guardia Spaziale — disse Odal con un sorriso soddisfatto.
Kor agitò lo stiletto in direzione del maggiore. — Non così presto. Leoh sarà distrutto dalla sua stessa duellomacchina, ma in un modo specialissimo. In realtà ha già mosso i primi passi verso la sua distruzione, combattendo un duello con un omuncolo che spera di diventare primo ministro di Acquatainia quando Kerak avrà conquistato l’Ammasso.
— Non capisco — disse Odal, rabbuiandosi.
— Capirete in seguito, maggiore. Probabilmente non vi piacerà fare ciò che vi verrà ordinato, come non è piaciuto a Lal Ponte. Ma compirete il vostro dovere verso Kerak e il Duce, come ha fatto lui. Voi non diventerete primo ministro d’Acquatainia, naturalmente, ma neanche Ponte lo diventerà.
La risata di Kor raschiava le ossa come una lama di coltello.
7
Il cielo notturno d’Acquatainia era tutto uno splendore di stelle palpitanti, scintillanti, accecanti, così luminose che la città non restava mai completamente al buio ma avvolta in un crepuscolo argenteo più chiaro della luce della luna piena sulla Terra.
Hector, ai comandi dell’autoscivolo, correva sul fiume che attraversava la città, diretto verso il porto e l’oceano aperto. Fiutava già l’odore del sale.
Lanciò un’occhiata a Geri, seduta vicino a lui sulla poltrona girevole dell’abitacolo e leggermente china in avanti per difendersi la faccia dagli spruzzi. Il vederla lì vicino impediva al giovane tenente di concentrarsi nella guida dell’autoscivolo ad alta velocità.
Hector pilotava il piccolo veicolo zigzagando tra le barche e i battelli da diporto che affollavano il fiume, lasciandosi dietro una scia di spuma luminosa. Fuori, nel porto, c’erano enormi navi da carico ancorate nel canale più importante. Hector guidò l’autoscivolo dove l’acqua era poco profonda, tra il canale e i bacini portuali, mentre Geri guardava grandi navi transoceaniche. Finalmente uscirono all’aperto, tra le onde gigantesche dell’oceano, ed Hector spense il motore. Il veicolo rallentò, puntò la prua su un’onda in arrivo e affondò il resto dello scafo nell’acqua.
— Il rollio non ti dà noia, vero? — domandò il giovanotto rivolto a Geri.
Scuotendo la testa, lei disse: — Oh, no. Mi piace rimanere così sul mare.
Ora che se ne stavano fermi sull’acqua, Geri si sciolse i capelli che le scesero sulle spalle con una morbidezza che fece rabbrividire Hector.
— Il cuoco elettrico dovrebbe aver terminato, oramai — disse il tenente. — Hai fame?
La ragazza annuì. Si alzarono insieme ed urtarono lievemente uno contro l’altra mentre cercavano di infilarsi tra le due poltrone girevoli per raggiungere la panca imbottita, in fondo all’abitacolo. Geri sorrise e Hector si lasciò ricadere al posto di guida perché lei passasse, felice di respirare il profumo del mare e di guardarla. Lei andò a sedersi sulla panca e sollevò il coperchio del cuoco. Ne uscirono vassoi di cibo fumante.
Hector si avvicinò inciampando e le si sedette accanto.
— Le bibite sono nel frigorifero — disse la ragazza.
Dopo pranzo rimasero insieme a guardare le stelle, mentre il pilota automatico impediva all’autoscivolo di allontanarsi troppo dal porto.
— Questa faccenda, uhm, di Odal… — disse Hector in tono esitante. — Non è il genere di cosa che…
— Lo so. È terribile chiedertela. — E Geri infilò la sua mano fra quelle di lui. — Ma che altro posso fare? Sono soltanto una donna, non posso ucciderlo da sola. Ho bisogno di uno che mi protegga, di un campione che si batta per me, che vendichi l’assassinio di mio padre. Tu sei l’unico a cui posso affidarmi, Hector.
— Sì, ma ucciderlo significa…
— Sarà pericoloso, lo capisco. Ma sei tanto coraggioso! Mica hai paura di Odal, vero?
— No, ma…
— E questa non è altro che un’esecuzione legittima e giustificabile. Si tratta di un assassino. Tu sarai la spada della giustizia. La mia spada della giustizia.
— Sì, ma…
Lei si ritrasse leggermente. — Penso che Odal non tornerà mai più in Acquatainia. Ma se tornerà, puoi essere certo che lo farà per una ragione soltanto.
— Quale? — domandò Hector sbattendo gli occhi.