— Ehi! Chi ha aperto?
— Taglia! Taglia! Mandate fuori quell’idiota. Non si può neanche girare una scena evitando che i turisti ficchino il naso nello studio?
Hector richiuse in fretta, interrompendo un fuoco di fila di invettive che avrebbero fatto sorridere con ammirazione il suo vecchio istruttore all’Accademia della Guardia Spaziale.
In quale studio sarà?
Quasi in risposta alla sua domanda inespressa, si aprì un’altra porta e Odal ne uscì. Non indossava l’uniforme, ma una semplice tunica scura e pantaloni sportivi. Però era lui, senza possibilità di dubbio. Rivolse al tenente un sorriso ironico, poi cominciò a dirigersi nella direzione opposta. Hector lo inseguì, ma il maggiore scomparve dietro una svolta del corridoio tutto uguale.
Giù, in fondo, una porta stava richiudendosi. Il tenente la raggiunse, la spalancò e si trovò sull’ingresso di una stanza buia. Entrò.
Alla debole luce proveniente dall’esterno, Hector vide file e file di enormi video tridimensionali, ciascuno con accanto il proprio tavolo, i relativi quadri di comando e l’attrezzatura di controllo. Un locale dove si visionano le registrazioni pensò. O, forse, una redazione.
Avanzò, esitante, verso il centro della stanza. Era grande, ma piena di schermi e di tavoli ingombranti. Adattissima per nascondersi. La porta si richiuse sbattendo alle sue spalle, facendo piombare il locale nelle tenebre.
Il tenente si sentì gelare. Odal era lì dentro, e lo sentiva. A poco a poco, i suoi occhi si abituarono all’oscurità. Si voltò lentamente per tornare indietro, verso la porta. Ma inciampò in una seggiola e la mandò a sbattere contro la scrivania vicina.
Ad un tratto la voce di Odal echeggiò, calma, nella stanza: — Mi avete sconfitto nella duellomacchina — disse — ora fatemi vedere se sapete battervi anche nella vita reale. Questa camera è isolata acusticamente. Siamo soli. Nessuno verrà a disturbarci.
— Ma io sono disarmato — disse Hector. Era difficile individuare da che punto arrivasse la voce del maggiore. L’eco rendeva impossibile localizzarne la provenienza.
— Anch’io sono disarmato. Ma tutti e due siamo allenati alla lotta. Senza dubbio, alla Guardia Spaziale vi hanno insegnato la lotta libera.
Il ricordo penoso di quei corsi all’Accademia della Guardia Spaziale riempì la mente di Hector. Il tenente si rivedeva steso per terra, sulla schiena, con l’istruttore sopra che gridava rabbiosamente: — No, no, no! Così non va!
Odal sbucò da dietro un enorme schermo. — Sembrate meno impaziente di me di combattere — disse. — Forse temete di farmi male. Aspettate che vi mostri cosa so fare.
Tirò un calcio ad una seggiola e la mandò a fracassarsi sulla plastica resistente del video. Poi gettò un fermacarte addosso a un tavolo metallico, che si incrinò con uno schianto.
Hector indietreggiò, finché sentì il contatto duro di un altro tavolo contro le gambe. Guardò dietro di sé, e vide che doveva trattarsi di una specie di apparecchio di comando principale, pieno di interruttori complicati e di monitor. Parecchie sedie a rotelle erano allineate lungo quell’affare complicatissimo.
Odal gli veniva incontro. Una voce interna gridò ad Hector di fuggire e di nascondersi, ma poi il tenente sentì la voce rabbiosa del suo antico istruttore che insisteva: La migliore difesa è un attacco rapido, aggressivo. Hector respiro profondamente, piantò i piedi in terra, e si lanciò sul maggiore.
Un attimo dopo si sentì alzare, piombò sul tavolo e andò a urtare contro le file di interruttori e pulsanti.
CERCATE IL PARADISO IDEALE PER TRASCORRERE LE VACANZE? tuonò un vocione, inaspettatamente. E, alle spalle di Odal, una ragazza in tuta spaziale trasparente si lanciò in caduta libera. Hector sbatté gli occhi e il maggiore sbirciò dietro di sé, stupefatto. La voce continuò: UNITEVI ALL’ALLEGRA COMPAGNIA DELL’ALBERGO ORBITA. IL PIÙ MODERNO LUOGO DI VILLEGGIATURA A GRAVITÀ-ZERO DI ACQUATAINIA…
Un’altra massima del suo vecchio istruttore attraversò la mente di Hector. Quando è possibile. bisogna distrarre l’attenzione dell’avversario. Creare confusione, finte, stratagemmi.
Il tenente si precipitò lungo l’apparecchio di comando principale, girando ogni interruttore che gli capitava di incontrare.
… STANCO DI ESSERE CHIAMATO PICCOLETTO? Un giovane scontento, ritto in punta di piedi vicino ad una rossa statuaria e vistosissima, comparve accanto a Odal. Involontariamente il maggiore kerakiano fece un passo indietro.
UN PROFUMO IRRESISTIBILE! sussurrò una bionda seducente, materializzandoglisi all’improvviso davanti.
LA SCIENZA MODERNA PUÒ CURARE QUALSIASI MALATTIA, MA QUANDO VI SENTITE IMBARAZZATI… disse un medico, che irradiava sincerità e preoccupazione da tutti i pori.
Odal era circondato da sketch pubblicitari tridimensionali, dall’aria solida e a grandezza naturale.
QUANDO AVETE MANGIATO PIÙ DEL NECESSARIO…
LA TENSIONE QUOTIDIANA DELLA VITA MODERNA…
PER L’ULTIMO GRIDO NELLA MODA FEMMINILE…
Con gli occhi che gli schizzavano dalle orbite, il maggiore si vide sbarrare il passo da una ballerina di dieci anni, da una madre di famiglia di classe media, da un marito preoccupato, da un uomo d’affari ansioso, da una coppia di ragazzi sorridenti, da una folla di bagnanti che si esibivano tra le onde e da un coro di verdure animate. Latrando rabbiosamente, Odal si tuffò in mezzo alle figure supplichevoli, carezzevoli, pressanti e si lanciò sull’apparecchio di comando.
— Non riuscirete a nascondervi! — urlò, e cominciò a colpire tutti gli interruttori, tempestando i quadri con entrambi i pugni.
— E chi si nasconde? — gridò Hector, alle sue spalle.
Odal si voltò di scatto e, allibito, vide il suo pugno passare attraverso la guancia impalpabile di una bella ragazza in costume da bagno succinto. Lei gli sorrise e continuò a parlare. … E QUANDO AVETE VOGLIA DI QUALCOSA VERAMENTE RINFRESCANTE…
Hector era scomparso di nuovo. Il maggiore si voltò e riprese l’inseguimento, cercando di tener dietro al tenente che ricompariva di sfuggita qua e là, tra decine di immagini tridimensionali che danzavano, offrivano, ridevano, bevevano, mangiavano, ingoiavano pastiglie…
— Vigliacco. — urlò Odal, sopra la confusione di voci invitanti.
— E perché dovrei lottare con voi? — gli gridò di rimando il tenente, da un punto imprecisato della stanza.
Odal aguzzò lo sguardo, cercando di localizzare l’avversario tra la folla esagitata di figure. — Mi avete fatto fesso nella duellomacchina, ma ora non potrete usare altri trucchi. Vi scoverò e vi ammazzerò!
Ecco il lampo di un’uniforme nera e argento tra vestiti alla moda, donne troppo grasse, uomini troppo magri, dimostrazioni scientifiche e prodotti nuovi, nuovissimi! Odal si avviò in quella direzione.
— E il professor Leoh? — replicò la voce del tenente, attraverso quel fracasso registrato. — Lui vi ha ucciso senza trucchi. Però voi avete fifa di inseguirlo, adesso. Vero?
L’altro scoppiò a ridere. — E credete che il vecchio mi abbia battuto? Avrei potuto distruggerlo in qualsiasi momento, se avessi voluto.
Si tuffò di scatto, passando sotto il braccio di una matrona ben conservata che stava dicendo: PERCHÉ LASCIARE CHE L’ETÀ MATURA VI INTRISTISCA, QUANDO UN RINGIOVA… Hector era là, che si avvicinava furtivo alla porta.
— Ah, avete perso di proposito con Leoh? — la faccia del tenente, nel riflesso delle immagini tridimensionali, aveva l’aria più stupita che spaventata. — Per dar da bere…
— Per dar da bere che il professore è un eroe, e che Kerak è popolato da uomini deboli e vigliacchi. Tutti i duelli con lui avevano questo scopo! E mentre lui culla gli acquatainiani con il racconto delle sue vittorie, noi ci prepariamo a colpire.