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— Il governo di Acquatainia è ancora molto scosso ed è maturo per essere abbattuto — rispose Kor, pacatamente. — Gli uomini che vi vedono di buon occhio hanno raggiunto posti importanti nel governo. Inoltre, malgrado gli insuccessi del maggiore Odal, stiamo perfezionando una nuova arma segreta, un’arma tanto potente che…

— Un’arma segreta? — gli occhi del Duce si illuminarono.

Kor abbassò impercettibilmente la voce. — I nostri scienziati ritengono che sia possibile servirsi di un telepate come il maggiore Odal e della duellomacchina, per trasportare oggetti da un luogo all’altro coprendo qualsiasi distanza quasi istantaneamente.

Kanus rimase in silenzio per un attimo, poi domandò: — Anche interi eserciti?

— Sì.

— In qualsiasi punto della galassia?

— Ovunque si trovi una duellomacchina.

Kanus si alzò piano e teatralmente, e si avvicinò all’enorme mappa spaziale che occupava tutta una parete della stanza. Poi, abbracciando l’intera mappa con largo gesto della mano, urlò: — Dovunque! Posso colpire dovunque. Loro non sapranno mai che cosa li ha distrutti!

Saltellava letteralmente di gioia, pavoneggiandosi come un tacchino che fa la ruota.

— Ora niente potrà più fermarci — continuò. — La Federazione Terrestre cadrà davanti a noi! La galassia è nostra! Li faremo tremare solo al nostro pensiero! Si umilieranno solo a sentir pronunciare il mio nome!

I presenti annuirono, con un mormorio di approvazione.

All’improvviso i lineamenti di Kanus si irrigidirono nuovamente, e il Duce si volse di scatto verso Kor. — Questo è davvero un segreto, o qualcun altro sta compiendo ricerche affini? Che ne è di Leoh?

— Può darsi — rispose Kor con voluta indifferenza — che anche il professore stia lavorando in questo senso. Dopotutto, la duellomacchina l’ha inventata lui! Però non possiede un telepate allenato e preparato come il nostro Odal.

— Non mi piace dipendere interamente da quel fallito di Odal!

Un sorriso cattivo contrasse la faccia del ministro. — Non dipendiamo affatto da lui, Duce. Stiamo usandone il cervello. È semplicemente una cavia, niente di più.

Kanus gli ricambiò il sorriso. — Ora non sarà certo soddisfatto del suo compito, ritengo.

— Direi proprio di no.

— Bene. Fatemi vedere qualche registrazione dei suoi esperimenti.

— Con piacere, Duce.

In quel momento si aprì una porta in fondo alla stanza: Romis, il ministro degli Affari Esteri, entrò. Tutti piombarono in un silenzio di tomba, mentre i passi del nuovo venuto risuonavano sul pavimento di marmo. Alto, magro, impettito, si diresse senza esitare alla scrivania di Kanus, stringendo in mano una lunghissima relazione battuta a macchina. La sua faccia da patrizio era seria e grave.

— Ho notizie spiacevoli da darvi, Cancelliere.

Rimasero in piedi uno davanti all’altro, e tutti i presenti notarono chiaramente l’odio che esisteva tra i due. Kanus, basso, smilzo, bruno, lanciò un’occhiata fulminante all’aristocratico dai capelli d’argento.

— Dalla nostra ambasciata in Acquatainia — continuò Romis, gelido — comunicano che Sir Harold Spencer ha chiesto il permesso di porre temporaneamente la base per un viaggio di ricognizione della Guardia Spaziale su una delle stelle di frontiera dell’Ammasso d’Acquatainia. Una stella vicina alla nostra frontiera, naturalmente. E Martine ha acconsentito.

Kanus impallidì, poi si fece rosso di rabbia. Strappò di mano a Romis il rapporto e lo lesse rapidamente, dopo di che lo accartocciò e lo gettò sul pavimento. Per qualche momento non riuscì neppure a parlare, poi diede inizio alla sfuriata.

Un’ora e mezzo dopo, quando il Duce fu di nuovo in grado di connettere e di esprimersi in modo logico, i suoi ministri lo rassicurarono.

— I Terrestri rimarranno lì solo temporaneamente.

— È soltanto una piccola flotta, di nessun valore militare.

— È un debole tentativo di Martine e Spencer…

Sentendo pronunciare il nome di Spencer, il Duce esplose in un’altra sfuriata di mezz’ora. Finalmente s’interruppe, all’improvviso.

— Romis! Piantatela di guardare fuori dalla finestra, e ditemi che cosa pensate voi della situazione.

Il ministro degli Esteri staccò lentamente lo sguardo dal paesaggio e rispose: — Dobbiamo presumere che i Terrestri restino in Acquatainia indefinitamente. Se poi non lo faranno, tanto meglio. Ma i nostri piani devono essere fondati su questa ipotesi. Significa che non possiamo attaccare Acquatainia con forze militari.

— E perché no? — domandò Kanus.

— Perché i Terrestri entrerebbero immediatamente nel conflitto. Col pretesto di salvare dal pericolo la flotta da ricognizione, verrebbe mobilitata l’intera Guardia Spaziale non appena noi sferrassimo l’attacco. Quella base è soltanto una scusa per consentire ai Terrestri di saltarci addosso.

Il Duce aveva lo sguardo fiammeggiante. — Ho io un piano! — annunciò. Poi, volgendosi a Kor, soggiunse: — Dovete spremere al massimo quel trasferitore istantaneo. Voglio un apparecchio che funzioni, immediatamente! Avete capito?

— Sì, mio Duce.

Fregandosi le mani allegramente, Kanus disse: — Non sbarcheremo il nostro esercito nella capitale acquatainiana, ma conquisteremo l’Ammasso dall’interno! Compariremo dovunque esista una duellomacchina e conquisteremo tutto con la rapidità del lampo! Che la Guardia Spaziale pianti pure i suoi avamposti lungo la frontiera! Si divertiranno a togliere le ragnatele! Avremo in pugno l’intero Ammasso prima che Spencer si accorga che ci siamo mossi!

Scoppiò a ridere fragorosamente, e tutti i suoi aiutanti lo imitarono.

Tutti, eccetto Romis.

3

Il professor Leoh, stanco, era seduto sul sedile del banco di manovra principale della duellomacchina, mentre Hector lo guardava, scomodamente appollaiato sul bordo.

— Abbiamo energia sufficiente — disse il professore — i circuiti sono a posto, tutto sembra normale. — guardò il tenente, perplesso.

— Lo so. Soltanto che… Be’, non ci riesco, ecco tutto! — balbettò il giovanotto.

Leoh scosse la testa. — Abbiamo ricostruito esattamente le condizioni in cui avete effettuato il vostro primo balzo, ma adesso la cosa non funziona. Se tutto è perfettamente uguale, allora si tratta di voi.

Hector aveva un aspetto avvilito e imbarazzato.

— Cosa c’è, ragazzo mio? Cosa vi preoccupa? Non siete più voi dalla sera in cui avete catturato Odal.

L’altro non rispose.

— Sentite — continuò Leoh. — È molto difficile studiare i fenomeni psichici. Da secoli gli uomini conoscono esempi di soggetti che si sono teletrasferiti, o che si sono serviti della telepatia. Sono stati registrati migliaia di casi di spiritismo. Si credeva che fossero davvero gli spiriti a battere i colpi sul tavolino, anni fa. Ora io sono certo che si trattava di telecinesi: lo spirito, in realtà, era una persona piuttosto normale che, sotto una tensione straordinaria, lanciava oggetti per tutta la casa, mentalmente, senza neanche rendersene conto.

— Proprio come quando io sono passato senza saperlo da una cabina all’altra — disse Hector.

— Sì. Ora, io avevo sperato che la duellomacchina amplificasse le capacità psichiche che stanno in voi. Invece non funziona più.

— Forse non le possiedo veramente.

— Può anche darsi — ammise il professore. Poi, allungandosi sulla seggiola e puntando un dito tozzo contro il tenente, aggiunse: — Oppure qualcosa vi ha talmente sconvolto da seppellire e addormentare le vostre capacità, come se aveste girato un interruttore!