Udì un suono di voci, ma non riuscì a stabilire se venisse dall’esterno o se fosse dentro la sua testa.
— Che cosa significa, niente? Deve pur avere qualche pensiero nella zucca!
— Sì, ministro Kor, ci sono dei pensieri, ma sono così confusi, scombinati… Non ho mai esaminato un cervello simile. Non capisco come faccia a tenersi ritto, e, tanto meno, a ragionare.
— È un telepate naturale — replicò la voce aspra di Kor. — Forse vi sta nascondendo i suoi pensieri.
— Malgrado le dosi massicce dei farmaci che gli abbiamo somministrato? Impossibile.
— Può darsi che non gli facciano effetto.
— No, questo non può essere. Le sue condizioni fisiche rivelano che le droghe lo hanno quasi completamente rincretinito.
Sì udì un’altra voce.
— Il dispositivo di controllo mostra che l’effetto dei farmaci sta calando. Il prigioniero comincia a riprendere conoscenza.
— Dategliene degli altri! — ordinò Kor.
— Altre droghe? Ma potrebbe essere pericoloso, fatale!
— Devo ripetervi quello che ho già detto? Il tenente è un telepate naturale. Se riprende conoscenza mentre si trova dentro la duellomacchina, può scomparire a volontà. E le conseguenze sarebbero fatali… per voi!
Hector cercò di aprire completamente gli occhi, ma le palpebre erano come incollate l’una contro l’altra. Dentro la duellomacchina! Se non riesco a riprendermi del tutto prima che quelli mi addormentino ancora… Le sue mani pesavano duecento chili l’una, e non riusciva ancora a muovere la testa, ma, attraverso gli occhi socchiusi, vedeva che lo schermo era debolmente illuminato, anche se privo di immagini. La macchina era accesa. Stanno cercando di analizzare il mio cervello pensò.
— Ecco la siringa, dottore — disse un’altra voce. — È piena.
Hector cercò, frenetico, di spazzar via le ragnatele che gli annebbiavano la mente. Concentrati su Acquatainia si disse. Concentrati! Ma sentiva ormai i passi avvicinarsi alla porta.
Allora la sua testa sembrò esplodere. E tutto il suo corpo si contorse e fremette violentemente per l’ondata di pensiero estraneo che si riversò entro di lui.
9
Odal era seduto nella duellomacchina di Acquatainia, pensando a Geri Dulaq. Un istante dopo capì che si trovava in Kerak, e che qualcun altro era nella macchina con lui. Hector! La sua mente era aperta, e Odal vi guardò dentro profondamente. Un lampo simile all’esplosione di una supernova fece tremare il maggiore in ogni fibra. Due menti esposte l’una all’altra, amplificate e unite intimamente dai circuiti della macchina, si fusero insieme inestricabilmente. Ogni nervo, ogni muscolo di entrambi i corpi si tese come se una scarica elettrica di centomila volt lo attraversasse.
Odal! pensò Hector. Riusciva a leggere nella mente del maggiore come nella propria. Anzi, in un modo strano, duplice, lui era Odal, se stesso e Odal contemporaneamente. E Odal, partecipando alla mente di Hector, divenne Hector.
Hector vede una lunga fila di cadetti marciare sfiniti nelle pesanti uniformi grigie, sudati, sotto il sole ardente e appesantiti da zaini enormi.
Odal sente il fremito di gioia di un ragazzo che vede per la prima volta un’astronave galleggiare maestosa in orbita.
Ora Hector corre lungo le strette vie di una città, in compagnia di una dozzina di altri ragazzi in uniforme marrone, roteando manganelli, urlando nelle tenebre della notte, fracassando le finestre e le vetrine di certe abitazioni o di negozi, dove pochi minuti prima è stato dipinto rozzamente un simbolo. E se qualcuno osa protestare, botte anche a lui.
Il maggiore vede un istruttore della Guardia Spaziale scuotere tristemente la testa di fronte ai tentativi di Odal-Hector di comandare l’equipaggio di una nave-scuola.
Ora, invece, è in piedi, sull’attenti, la faccia tesa in una smorfia feroce, mentre il Duce arringa un pubblico di mezzo milione di soldati e cittadini, nell’anniversario della sua salita al potere…
Ora insegue i ragazzi più grandi, cercando di convincerli a lasciarlo partecipare al gioco, ma quelli dicono che è troppo piccolo, troppo tonto e, soprattutto, troppo goffo.
E lui ingoia lacrime di rabbia e paura mentre il capitano, in un linguaggio quasi puerile, spiega lentamente perché i suoi genitori sono stati portati via, e dice che non gli piaceva quell’incarico, non gli piaceva mandare gli adulti dove si manda la gente cattiva. Ma papà e mamma erano stati cattivi. Avevano detto cose cattive sul conto del Duce. E, ora, lui deve diventare un soldato, difendere il Duce e uccidere tutta la gente cattiva.
Adesso gioca a palla in gravità zero con altri quattro cadetti, galleggiando nell’enorme palestra sferoidale con nervature di metallo, e ride, cercando di gettare la palla senza volarle dietro.
Ed eccolo che fracassa la faccia dell’aristocratico che chiama traditori i suoi genitori. Quella faccia sanguinante, sorpresa… La colpisce coi pugni, col manganello, coi calci, sino a ridurre al silenzio quell’individuo. Nessuno affronterà più l’argomento in sua presenza.
Ora è in piedi, tremante d’eccitazione e di paura, la pistola in pugno, desideroso di compiacere la ragazza che gli urla di uccidere, ma gli occhi fissi sulla faccia dell’uomo a terra… E si accorge che niente, assolutamente niente, può giustificare la soppressione di una vita umana.
E tempesta di mazzate la faccia da luna piena di Dulaq, riducendola in una poltiglia sanguinolenta, mentre gli altri cinque picchiano a morte. Ripete a se stesso che è un nemico, un nemico… Che se non l’uccide lui, il Duce troverà qualcun altro… Pensieri a metà, emozioni slegate, brandelli di ricordi… Il viso di una mamma, l’odore particolare della propria stanza da letto, il suono di risate. Il passato dimenticato, il passato sepolto, il calore del focolare a casa dopo una giornata trascorsa nella neve, la fragranza della pipa del babbo, il ronfare soddisfatto del gattino morbido tra le sue braccia…
Parte da casa con un saluto, e il padre non riesce a credere che suo figlio appartenga alla Guardia Spaziale. Via in macchina col capitano, via dalla casa ora vuota. E i corsi d’addestramento… seguiti con goffaggine, con difficoltà: promosso agli esami, ma sempre passando per il buco della serratura… Il migliore, il primo, il miglior studente, il miglior atleta, il miglior soldato. Sempre il primo… Impara che la vera missione della Guardia Spaziale è mantenere la pace… Impara a odiare, a uccidere, e soprattutto a vendicarsi contro Acquatainia.
I ricordi di tutta una vita si incontrano, si fondono, turbinano, si intrecciano, si allacciano. Scattano le sinapsi, gli equilibri chimici si alterano lievemente… Due vite, due storie, due personalità che si fondono insieme con una completezza mai eguagliata.
Hector-Odal, Odal-Hector, nel lampo di quell’istante in cui si incontrarono nella duellomacchina divennero per un attimo una sola, medesima persona.
E quando uno dei meditec notò l’oscillazione di corrente e spense la macchina, i due giovani tornarono a essere individui separati, ma diversi da prima. Nessuno dei due poteva più dirsi se stesso. Erano legati per sempre.
— Che c’è? — domandò Kor. — Perché la macchina ha consumato tanta energia?
Il meditec si strinse nelle spalle, avvolgendosi nella vestaglia bianca. — Il tenente è lì dentro, solo. Non capisco…