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— Romis! E voi siete prigioniero!

Alzando le mani in un gesto tranquillo, l’altro continuò: — Non è il caso di allarmarsi troppo, mio Duce. Finalmente si sono svelati. Li schiacceremo.

— Chiamerò l’esercito — disse Kanus, eccitato.

— Alcuni settori dell’esercito potrebbero rivelarsi infedeli a voi — rispose il ministro. — Tuttavia la vostra guardia personale dovrebbe bastare a fermare i traditori. Se poteste mandare un paio di divisioni a riconquistare la sede del Ministero, e far tenere sotto sorveglianza la vostra duellomacchina privata, nel rifugio, dovrebbe essere tutto risolto. Romis sta gettandosi tra le vostre braccia, e sarà facile metterlo fuori combattimento.

— Arrivano attraverso la mia duellomacchina?

— Soltanto due: Odal e il tenente della Guardia Spaziale.

— Li farò tagliare a pezzi! — tuonò Kanus. — E anche Romis!

— Certo. Ma prima sarebbe importante riconquistare il Ministero dei Servizi Segreti e liberare me. E poi, voi dovreste tenervi pronto a trattare con gli elementi dell’esercito e della flotta spaziale che rifiutassero di ubbidire ai vostri ordini.

— Traditori! Traditori dappertutto! Li farò ammazzare!

Kanus diede un pugno al pulsante di comando a capo del letto, spegnendo il video. Poi comincio ad abbaiare ordini al servitore tremante che se ne stava ancora immobile, accanto alla porta. Entro pochi minuti fu pronto, e si precipitò lungo il corridoio che conduceva alla sua duellomacchina privata.

Una squadra di guardie gli venne incontro sulla porta della sala dove stava l’apparecchio.

— Spegnete la macchina — ordinò. — E se qualcuno vi compare dentro, portatelo immediatamente da me!

Il capitano delle guardie salutò.

All’improvviso comparve un servitore. — Mio Duce, è arrivato il ministro Romis.

— Accompagnatelo nel mio ufficio. Subito!

Kanus si incamminò a lunghi passi verso lo studio, passò tra le due guardie armate che stavano ai lati della porta e piombò nell’interno della stanza. Romis lo aspettava, in piedi presso la finestra.

— Traditore! — urlò Kanus, alla vista del diplomatico. — Assassino! Guardie, prendetelo!

Allibito, Romis afferrò l’arma che aveva alla cintura, ma le guardie erano già dentro, le pistole spianate.

Romis esitò. Allora le due guardie si tolsero l’elmetto, rivelando due teste bionde, due facce magre e sorridenti.

— Siamo arrivati attraverso la vostra duellomacchina, più in fretta di quanto poteste pensare — disse Odal a Kanus. — È stato facilissimo attaccare gli uomini davanti a questa porta e indossare le loro uniformi.

— Siamo usciti proprio quando arrivava la squadra delle vostre guardie, e siamo arrivati qui pochi attimi prima di voi — soggiunse Hector.

Kanus si sentì mancare le ginocchia.

Romis si rilassò, e abbandonò le braccia lungo i fianchi. — È tutto finito, Cancelliere. Siete destituito. I miei uomini hanno occupato il Ministero dei Servizi Segreti, e il grosso dell’esercito è contro di voi. Potrete evitare uno spargimento di sangue terribile, ordinando ai vostri soldati di arrendersi e di non sparare contro i loro concittadini.

Kanus tentò di gridare, ma non ci riuscì. Con gli occhi dilatati di un pazzo, si gettò tra Odal e Hector, e raggiunse la porta.

— Non sparategli! — urlò Romis. — Dobbiamo prenderlo vivo, per evitare una guerra civile.

Kanus corse ciecamente attraverso le sale e i corridoi che portavano alla duellomacchina. Senza dire una parola alle guardie allibite, premette mezza dozzina di pulsanti sul quadro di comando e si tuffò in una delle cabine. Si piazzò i neurocontatti in testa e sul torace, poi inspirò profondamente, a lungo. Il cuore martellante rallentò il battito, che si fece più regolare. Le palpebre si chiusero. Il corpo si rilassò.

Era seduto su un trono d’oro massiccio, in fondo a una sala lunghissima. Una folla di persone era allineata lungo le pareti ricoperte di arazzi, e le donne più elle della galassia, languide e ingioiellate, sedevano ai suoi piedi, su gradini coperti di cuscini. Sull’ultimo gradino, se ne stava inginocchiato Sir Spencer, malconcio, cieco, con l’uniforme imbrattata di sangue e sporcizia. Cieco… No, cieco no! Kanus voleva che fosse in grado di vedere, voleva guardare negli occhi il Comandante della Guardia Spaziale, mentre lui descriveva dettagliatamente al vecchio come sarebbe stato ucciso, lentissimamente.

E ora il Duce galleggiava nello spazio, solo, indifeso contro il vuoto e le radiazioni, ma perfettamente a suo agio. I soli gli passavano accanto mentre lui volava maestosamente attraverso la galassia, la sua galassia, la sua conquista personale. Vide un pianeta sotto di sé. Lo trovò sgradevole, e tese una mano verso di esso. Le città furono subito avvolte dalle fiamme: Kanus udì le grida degli abitanti che imploravano misericordia. Ridendo, li lasciò arrostire.

Le montagne si cesellavano da sole, diventando statue gigantesche di Kanus il Conquistatore, Kanus l’Onnipotente. In tutta la galassia, gli uomini si inginocchiavano per adorarlo.

Lo temevano. Anzi, lo amavano. Era il loro Condottiero, e lo amavano perché era onnipotente. La sua parola era legge per la natura. Poteva fermare la gravità, eclissare stelle, donare la vita o toglierla.

Stava eretto davanti ad una moltitudine in ginocchio, sorridendo ad alcuni, rabbuiandosi alla vista di altri che non gli piacevano. Questi si piegavano e contorcevano come foglie aggredite dalla fiamma.

Ma c’era qualcuno che non si inginocchiava. Un tipo alto, dai capelli d’argento, che camminava deciso verso di lui.

— Dovete arrendervi — disse Romis gravemente.

— Morite! — gridò Kanus.

Ma Romis continuava ad avanzare. — Le vostre guardie si sono arrese. Siete nella duellomacchina da più di due ore, ormai, e quasi tutto l’esercito si rifiuta di obbedirvi. I Mondi Kerak vi hanno ripudiato. Kor si è suicidato. Qua e là sono in corso dei combattimenti, ma voi potete farli finire arrendendovi a me.

— Io sono il padrone dell’universo! Nessuno può stare ritto al mio cospetto!

— Voi siete malato — disse Romis, inflessibile. — Avete bisogno di aiuto.

— Vi ucciderò!

— Non potete farlo… Non potete…

Tutto cominciò a sbiadire, a restringersi, a confondersi nelle tenebre. Non c’era altro che grigiore, e la figura grave, inesorabile di Romis in piedi davanti a Kanus.

— Avete bisogno di aiuto. Vi aiuteremo.

Kanus sentì le lacrime riempirgli gli occhi. — Sono solo e… ho paura!

Con un’espressione mista di pietà e di disgusto sul viso, Romis allungò una mano. — Noi vi aiuteremo. Venite con me.

11

Il professor Leoh lanciò un’occhiata al suo video da polso e si accorse che mancavano soltanto quattro minuti al decollo.

— Speriamo che riesca ad arrivare prima della nostra partenza — diceva Geri ad Hector. — Gli dobbiamo… be’, molto.

Hector annuì, e in quel momento scorse un piccolo aeromobile che compiva larghi cerchi sopra la loro testa. Il veicolo atterrò dolcemente non lontano dall’aereo-traghetto fermo davanti a loro. Dall’abitacolo uscì la figura snella di Odal.

Hector gli si precipitò incontro, e i due uomini si strinsero lungamente la mano, ridendo.

— Non mi ero mai accorto prima — disse Leoh alla ragazza — di quanto si somigliano. Sembrano gemelli.

Odal indossava di nuovo l’uniforme azzurra, Hector era in abiti civili, tunica e calzoncini corti.

— Scusate il ritardo — disse il maggiore a Geri. — Ma volevo portarvi un regalo di nozze e ho dovuto frugare tutta la galassia per scovarlo.