E quali sono le mie? domandò Odal a se stesso. Perché lo seguo? So leggere nella mia mente con la stessa facilità con cui leggo in quella degli altri?
C’era il dovere, naturalmente. Lui era un soldato, e Kanus era il capo di un governo legalmente eletto. Una volta al potere, tuttavia, Kanus aveva dissolto il governo e cristallizzato la sua posizione in quella di dittatore assoluto dei Mondi Kerak.
C’era da guadagnare comportandosi bene sotto Kanus. Il Duce ricompensava generosamente, quando era soddisfatto. La Stella di Kerak portava con sé una pensione annua capace di risolvere facilmente tutti i problemi di una famiglia. Ma io non ho famiglia! pensò Odal, sarcastico.
E si diventava anche potenti, in un certo senso. Usare la duellomacchina in quel modo particolare, colpire un uomo fino ad annientarlo, individuare i punti deboli della sua personalità e sfruttarli opponendo la sua mente ad altre, trasformando una torre d’orgoglio ghignante in un cane bastonato e senza difesa… non era potenza, quella? E non passava inosservata, su Kerak. Odal veniva già facilmente riconosciuto per le strade. Soprattutto le ragazze sembravano affascinate da lui, ora.
— Il fattore più importante — stava dicendo Kanus — e non lo sottolineerò mai abbastanza, è costruire un’aura d’invincibilità. Ecco perché il vostro lavoro è importante, maggiore Odal. Dovete essere invincibile perché rappresentate la volontà dei Mondi Kerak! Siete lo strumento della mia volontà e dovete trionfare sempre: il fato del vostro popolo e del vostro Cancelliere riposa completamente sulle vostre spalle, ogni volta che entrate in una duellomacchina. E avete fatto onore a questa responsabilità, maggiore. Ve la sentite di continuare?
— Me la sento, signore — gli rispose lui con vivacità. — E lo farò.
Kanus lo guardò, raggiante. — Benissimo, tanto più che il vostro prossimo duello, e tutti quelli che seguiranno, saranno all’ultimo sangue.
4
L’astronave avrebbe impiegato due settimane per compiere il viaggio da Carinae all’Ammasso d’Acquatainia. Il professor Leoh passava il tempo controllando la duellomacchina acquatainiana per mezzo di un collegamento tridimensionale diretto. Il governo dell’Ammasso aveva messo a disposizione i tecnici e il tempo necessari per compiere quel lavoro.
Trascorreva le ore libere in compagnia degli altri passeggeri. Si trattava per lo più di persone ricchissime che si permettevano il lusso di compiere viaggi e di individui che viaggiavano per conto del governo a spese di quest’ultimo. Il professore era un tipo socievole, amava la conversazione e aveva un notevole senso dell’umorismo; era particolarmente apprezzato dalle donne giovani, avendo raggiunto l’età che gli permetteva di rivolgere loro le sue attenzioni galantemente, senza farle sentire in pericolo. Tuttavia rimaneva spesso lunghe ore nella sua stanza, solo con i suoi ricordi. In quei momenti gli era impossibile non tornare col pensiero alla strada che aveva percorso.
Albert Robertus Leoh, libero docente in fisica ed elettronica, laureato in tecnologia del computer, inventore del sistema di comunicazione tridimensionale, studioso di psicologia, professore di psicofisiologia, fondatore della Società per Azioni Psiconica, inventore della duellomacchina…
Durante gli anni della sua gioventù, con l’entusiasmo sbrigliato dell’inesperienza, Leoh si era votato al servizio del genere umano, ad estenderne le colonie e a diffonderne la civiltà in tutta la galassia. Il secolo di amare guerre galattiche era terminato quando lui era ancora bambino, e ora le varie società umane erano unite attraverso le stelle in una coalizione più o meno pacifica di nazioni.
Due grandi forze lievitavano in quelle società umane, due forze che tendevano verso mete opposte. Da una parte c’era la spinta a esplorare, a raggiungere nuove stelle, nuovi pianeti, ad espandere le frontiere della civiltà umana, fondando nuove colonie e nuovi mondi. Contro questa tendenza si ergeva la consapevolezza di trovarsi in una condizione fortunata giacché, sui mondi civilizzati dall’uomo, la tecnologia aveva eliminato la fatica fisica e, quasi completamente, la povertà stessa. L’impulso ad allontanarsi dalla frontiera veniva pertanto soffocato dagli agi della civiltà moderna.
Il risultato era inevitabile: i mondi civili si facevano sempre più sovraffollati, simili a isole brulicanti di umanità sparse in un vasto oceano di spazio tempestato di atolli deserti. Spesso si dava la colpa al costo o alle difficoltà dei viaggi interstellari. Le navi spaziali erano davvero costose e il loro fabbisogno di energia era tremendo. Potevano essere impiegate per lavoro, per il piacere dei più ricchi, per le necessità del governo ma non era possibile usarle per il trasporto di intere colonie di agricoltori e operai. Solo i gruppi dei coloni più decisi e meglio organizzati potevano permetterselo. Il resto dell’umanità accettava le comodità e la sicurezza offerte dalla civiltà e viveva nelle città traboccanti di gente, sui pianeti sovraffollati.
La vita di questi uomini era condizionata alle esigenze dei mondi vicini e dai loro governi. Una quantità sempre maggiore di individui stipati in uno spazio sempre uguale portava a una libertà sempre minore: sognare, correre, procreare diventavano tutti privilegi controllati dallo Stato.
E Leoh aveva contribuito all’instaurarsi di quella situazione.
Vi aveva contribuito con il pensiero e il lavoro. Il sistema di comunicazioni interstellari era soltanto un particolare notevole, in una lunga carriera di realizzazioni.
Lui aveva già quasi raggiunto l’età in cui gli scienziati possono ritirarsi volontariamente, quando si era accorto di quello che aveva fatto con i suoi colleghi. I loro sforzi per rendere la vita umana più ricca e più piacevole erano riusciti soltanto a renderla meno difficile e più amara. Con l’aumento delle comodità materiali si era avuto un aumento di disagio spirituale che si manifestava in neurosi, in delitti violenti, in aberrazioni mentali. Dopo generazioni e generazioni scoppiavano per la prima volta tra le nazioni interstellari guerre assurde, provocate unicamente dall’orgoglio. Esteriormente la pace della galassia sembrava abbastanza sicura, tranne per alcune esplosioni di minore importanza, ma, sotto la superficie levigata della civiltà umana, covava il fuoco di un vulcano. Le azioni di polizia della Guardia Spaziale aumentavano con un ritmo che non lasciava pensare a niente di buono. Conflitti meschini scoppiavano continuamente tra i popoli che sembravano aver trovato da tempo un equilibrio stabile.
Quando Leoh si era accorto della sua parte in tutto questo, si era sentito diviso tra due emozioni: un profondo senso di colpa e il bisogno di fare qualcosa per ricostruire, almeno in parte, l’equilibrio dell’uomo.
Così era uscito dal settore della fisica e dell’elettronica per entrare in quello della psicologia e, invece di andare in pensione, aveva chiesto di intraprendere i nuovi studi come un novellino qualsiasi. Per accontentarlo era stato necessario stiracchiare non poco le norme rigide della Federazione ma, trattandosi di un uomo della levatura di Leoh, nessuno aveva osato opporsi. Così Leoh era ridiventato studente, poi ricercatore e, infine, professore di fisiopsicologia.
Ed era nata la duellomacchina, una combinazione di elettroencefalografo e calcolatore automatico. Si trattava di un apparecchio fantastico, capace di amplificare la fantasia dell’uomo fino a consentirgli di perdersi in un mondo creato da lui. Leoh l’aveva ideata come dispositivo capace di liberare gli uomini dall’aggressività e dalla tensione nervosa, in tutta sicurezza. Naturalmente gli psichiatri e gli psicotecnici l’avevano adottata per curare i loro pazienti, ma il professore, intuito subito che come macchina per duellare l’apparecchio psiconico poteva prevenire turbe e disordini mentali, aveva convinto molti governi ad installare le duellomacchine a questo scopo.