Gli occhi di Halleck si allargarono, fingendo sorpresa. «Così, fu la tua mano sacrilega a compiere quell’esecrabile azione? In guardia, subito, mio Giovane Duca!» impugnò una spada, affettando l’aria. «Sono un demonio infernale in cerca di vendetta!»
Paul impugnò un’altra spada, piegò la lama tra le mani e si piazzò in «aguile», con un piede in avanti. I suoi modi si fecero solenni, in una comica imitazione del dottorYueh.
«Che razza d’idiota mi manda mio padre per addestrarmi nell’uso delle armi!» canzonò. «Questo sciocco di Gurney Halleck si è dimenticato perfino la sua prima lezione con armi e scudo!» Fece scattare il pulsante della cintura e sentì la pelle incresparsi sulla fronte e lungo la schiena, e il leggero prurito per l’azione del campo di forza; i suoni esterni assunsero il caratteristico tono smorzato sotto l’effetto filtrante dello scudo. «Quando si combatte con lo scudo, la difesa è rapida e l’attacco è lento» continuò Paul. «L’attacco ha l’unico scopo di obbligare l’avversario a un passo falso, così da poterlo attaccare da sinistra. Lo scudo devia l’affondo veloce, e si lascia trapassare dal lento kindjal!» Paul alzò fulmineo la spada, fece una rapida finta e tirò indietro il braccio per calare un colpo con lentezza misurata, che non fosse arrestato dalla difesa automatica dello scudo.
Halleck seguì l’azione, e all’ultimo momento si girò di scatto, lasciando che la lama smussata gli sfiorasse il petto. «Giusta velocità» esclamò, «ma eri completamente scoperto per un colpo basso di punta.»
Paul arretrò, mortificato.
«Dovrei sculacciarti per questa tua imprudenza» insistette Halleck. Afferrò un kindjal dal tavolo e lo fece lampeggiare. «Questo, nelle mani di un nemico, può spillarti fuori tutto il sangue! Sei un allievo molto in gamba, il migliore, ma ti ho sempre avvertito che neppure quando lo fai per gioco devi consentire a un uomo di penetrare la tua guardia con la morte in mano.»
«Immagino di non essere dell’umore adatto, oggi» disse Paul.
«Umore?» La voce di Halleck suonò oltraggiata anche attraverso il filtro dello scudo. «Che cosa ha a che fare il tuo umore con tutto questo? Si combatte quand’è necessario… l’umore non importa! L’umore va bene per le bestie, o per fare all’amore, o per suonare il baliset. Non è fatto per chi combatte.»
«Mi dispiace, Gurney.»
«Non sei abbastanza dispiaciuto!»
Halleck riattivò il proprio scudo, e si ripiegò su se stesso, il kindjal ben stretto nella mano sinistra, la spada sollevata nella destra, pronto a scattare. «Ora ti avverto, in guardia, e sul serio!» Balzò di fianco e poi in avanti, stringendolo da presso e attaccandolo furiosamente.
Paul batté in ritirata e parò; sentì il crepitio dei campi di forza, mentre gli scudi si toccavano respingendosi a vicenda, e nuovamente il brivido elettrico gli percorse la schiena. Che diavolo gli è preso? si chiese Paul. Non finge! Agitò il braccio, e il pugnale che aveva fissato al polso gli scivolò nella mano.
«Senti il bisogno di una lama in più, eh?» grugnì Halleck.
Un tradimento? si chiese Paul. No, non Gurney!
Combatterono per tutta la sala, colpendo e parando, con finte e controfinte. L’aria all’interno dello scudo cominciò a puzzare, per l’eccessivo consumo e il lento scambio attraverso il campo. Ad ogni nuovo contatto tra gli scudi, l’odore di ozono si faceva più intenso.
Paul continuò ad arretrare, ma ora indirizzò la sua ritirata verso il tavolo. Se riesco a portarlo laggiù, gli farò vedere un bello scherzo, pensò Paul. Su, Gurney, un altro passo.
Halleck fece il passo.
Paul parò un colpo basso, si girò di scatto e vide la spada di Halleck abbattersi sull’orlo del tavolo. Paul fintò di lato, vibrò a sua volta un fendente con la spada e nel medesimo istante fece schizzare il pugnale all’altezza del collo di Halleck. Fermò la lama a un centimetro dalla giugulare.
«È questo che cerchi?» bisbigliò Paul.
«Guarda in basso, ragazzo.» ansimò Gurney.
Paul obbedì, e vide il kindjal di Halleck sotto il bordo del tavolo, la punta quasi conficcata nel suo ventre.
«Saremmo morti tutt’e due» disse Halleck. «Ma devo ammettere che combatti un po’ meglio quando sei sotto pressione. Ora sei dell’umore giusto.» Ed ebbe un sogghigno da lupo, facendo raggrinzire la cicatrice violacea sulla mascella.
«Il modo con cui mi sei balzato addosso…» fece Paul. «Avresti davvero sparso il mio sangue?»
Halleck tirò indietro il kindjal e si raddrizzò. «Se tu avessi combattuto anche un niente al di sotto delle tue capacità, ti avrei procurato un bel graffio, e ti saresti sempre ricordato di quella cicatrice. Non posso permettere che il mio allievo preferito soccomba al primo vagabondo che gli Harkonnen gli manderanno contro.»
Paul disattivò lo scudo e si appoggiò al tavolo per riprender fiato. «Me lo sono meritato, Gurney. Ma mio padre si sarebbe infuriato se tu mi avessi ferito. Non voglio che tu sia punito per i miei errori.»
«Se è per questo» replicò Halleck, «gli errori sarebbero stati anche miei. Ma non c’è ragione che ti preoccupi per una o due cicatrici da allenamento. Sei fortunato ad averne così poche. E per quanto riguarda tuo padre, mi punirebbe soltanto se non facessi di te un combattente di prima classe. E avrei fallito, se non ti avessi spiegato l’errore che facevi parlando di umore, di questa espressione che ti è uscita così all’improvviso.»
Paul si raddrizzò, facendo scivolare il pugnale dentro il fodero al polso.
«Non stiamo giocando, qui» disse Halleck.
Paul annuì. Si meravigliò per l’insolita serietà di Halleck e per quella sua fredda risoluzione. Fissò la cicatrice, dovuta a una sferzata della liana indelebilis, che ornava la mascella di Gurney, e ricordò che era stato Beast Rabban a procurargliela nel puzzo degli schiavi degli Harkonnen, su Giedi Primo. Provò una brusca vergogna per aver dubitato di Halleck, sia pure per un solo istante. Capì, allora, che quella cicatrice significava molto dolore per Halleck… un dolore intenso, forse, come quello che gli aveva inflitto la Reverenda Madre. Ma si affrettò a scacciare quest’idea, che aveva gettato un’ombra gelida sul loro mondo.
«Forse speravo davvero di giocare un po’, oggi» disse Paul. «Tutto è così serio, ultimamente.»
Halleck si girò per nascondere la sua emozione. Qualcosa gli bruciava negli occhi. Sentì dolore… come se qualcosa l’avesse ustionato, dentro. Le ferite di un ieri dimenticato lo fecero nuovamente spasimare.
Questo ragazzo ha dovuto diventare uomo molto precocemente, pensò. Ha dovuto imparare le necessità brutali della prudenza, e attenersi alla regola spietata: «Tutto ricade sul successore».
Halleck parlò senza voltarsi: «Hai detto che volevi giocare, ragazzo mio? Niente mi farebbe più piacere. Ma non possiamo più giocare. Domani andremo su Arrakis. E Arrakis è una realtà concreta. E così pure gli Harkonnen».
Paul si toccò la fronte con la lama della spada.
Halleck si voltò, vide il saluto e lo ricambiò con un cenno del capo. Indicò con la mano il manichino da allenamento: «Ora controlleremo i tuoi tempi. Fammi vedere come lo colpisci da sinistra. Controllerò da qui, dove posso seguire meglio l’azione. E ti avverto che oggi proveremo nuovi contrattacchi. Questo è un avvertimento che nessun vero nemico ti darà».
Paul si alzò in punta di piedi, per alleggerire i muscoli. Diventò serio, poiché aveva capito che la sua vita si arricchiva all’improvviso di rapidi mutamenti. Si avvicinò al manichino e colpì con la punta della spada l’interruttore in mezzo al petto: lo schermo, prontamente attivato, respinse la sua lama.