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L’altro Sardaukar si afflosciò.

«Butta a terra il coltello» ordinò il capitano.

Il Sardaukar obbedì.

Il capitano si voltò nuovamente verso Pauclass="underline" «Per voi ho ucciso un amico» disse. «Non lo dimenticherò mai.»

«Siete mio prigioniero» replicò Paul. «Vi siete arreso a me. Che voi viviate o moriate non ha alcuna importanza.» Fece un gesto alle guardie perché prendessero i due Sardaukar, e si voltò verso Korba.

«Muad’Dib» disse Korba. «Ho mancato al mio compito…»

«L’errore è stato mio, Korba» l’interruppe Paul. «Avrei dovuto avvertirti. In futuro, quando perquisisci un Sardaukar, ricordati di questo. E ricordati anche che ciascuno di loro ha una o due unghie false dei piedi, che possono essere combinate con altri oggetti nascosti nel loro corpo per montare una radiotrasmittente. Hanno uno o più denti falsi e rotoli di filo shiga nascosti tra i capelli, così sottili da essere quasi invisibili, e tuttavia abbastanza robusti da strangolare un uomo e perfino tagliargli la testa. È necessario esaminare i Sardaukar centimetro per centimetro, sondarli coi raggi X, tagliar loro ogni ciuffo di peli del corpo. E quando avrai finito, stai pur certo che non avrai ancora scoperto tutto.»

Alzò gli occhi su Gurney che si era avvicinato ad ascoltare.

«Allora è molto meglio ucciderli» disse Korba.

Paul scosse la testa, sempre fissando Gurney. «No, voglio che riescano a fuggire.»

«Signore!» Gurney quasi soffocò.

«Sì?»

«Il tuo uomo ha ragione. Bisogna ucciderli immediatamente. Distruggi tutte le prove della loro presenza, qui. Hai umiliato i Sardaukar Imperiali! Quando l’Imperatore lo saprà non avrà più pace finché non ti avrà messo a cuocere a fuoco lento.»

«È assai difficile che l’Imperatore ci riesca» disse Paul, lentamente, freddamente. Qualcosa era accaduto dentro di lui, mentre fronteggiava il Sardaukar. Una somma di decisioni si era formata. «Gurney» riprese, «ci sono molti uomini della Gilda intorno a Rabban?»

Gurney si raddrizzò, socchiuse gli occhi. «La tua domanda non ha alcun…»

«Quanti?» urlò Paul.

«Arrakis brulica di agenti della Gilda. Comperano la spezia come se fosse la cosa più preziosa dell’universo. Perché mai ci saremmo avventurati così lontano nel deserto, se non…»

«La spezia è davvero la cosa più preziosa dell’universo» disse Paul. «Per loro.» Si voltò verso Chani e Stilgar che si avvicinavano. «E siamo noi che la controlliamo, Gurney.»

«No. Gli Harkonnen!» protestò Gurney.

«Chi può distruggere una cosa, la controlla» replicò Paul. Con un gesto imperioso impedì a Gurney di replicare, poi salutò Stilgar e Chani con un cenno del capo.

Prese il coltello del Sardaukar con la sinistra e lo porse a Stilgar.

«Tu vivi per il bene della tribù» disse. «Spargeresti il mio sangue con questo coltello?»

«Per il bene della tribù» grugnì Stilgar.

«Allora, usa questo coltello!»

«Mi stai sfidando?» domandò Stilgar.

«Se ti sfidassi» dichiarò Paul, «lo farei senz’armi e mi lascerei colpire.»

Stilgar respirò affannosamente.

«Usul!» esclamò Chani. Fissò Gurney e poi ancora Paul.

Mentre Stilgar rifletteva sul significato di queste parole, Paul proseguì: «Tu sei Stilgar, l’uomo delle battaglie. Quando i Sardaukar hanno scatenato il massacro, qui, tu non c’eri. Il tuo primo pensiero è stato quello di proteggere Chani».

«È mia nipote» disse Stilgar. «Se i tuoi Fedaykin non fossero riusciti a distruggere quelle canaglie…»

«Perché il tuo primo pensiero è stato per Chani?» chiese Paul.

«Non ho pensato a Chani!»

«Oh?»

«Ho pensato a te» confessò Stilgar.

«E allora sei ancora convinto che riusciresti ad alzare la tua mano contro di me?»

Stilgar cominciò a tremare, e mormorò: «È l’usanza».

«È anche l’usanza uccidere gli stranieri di un altro mondo incontrati nel deserto e impadronirsi della loro acqua come un dono di Shai-hulud. Tuttavia, tu hai salvato la vita di due stranieri, una notte. Mia madre e me.»

Poiché Stilgar continuava a tacere, tremando, gli occhi puntati su di lui, Paul continuò: «Le usanze cambiano, Stilgar. Le hai cambiate tu stesso».

Stilgar abbassò gli occhi sull’emblema giallo del pugnale che stringeva in mano.

«Quando io sarò Duca in Arrakeen, con Chani al mio fianco, credi che avrò il tempo di occuparmi del Sietch Tabr?» insistette Paul. «Di tutti i problemi particolari di ogni famiglia?»

Stilgar continuò a fissare la lama.

«Credi davvero che io voglia tagliarmi il braccio destro?» domandò Paul.

Lentamente, Stilgar alzò gli occhi e lo guardò.

«Credi davvero» proseguì Paul, «che io voglia privare la tribù e me stesso della tua forza e della tua saggezza?»

A bassa voce Stilgar replicò: «Questo giovane della mia tribù, di cui conosco il nome, io potrei ucciderlo, rispondendo alla sua sfida, secondo la volontà di Shai-hulud. Ma il Lisan al-Gaib non potrei toccarlo. Tu lo sapevi, quando mi hai dato il coltello».

«Lo sapevo» confermò Paul.

Stilgar aprì la mano. Il coltello rimbalzò al suolo con un suono metallico.

«Le usanze cambiano» disse.

«Chani» ordinò Paul, «vai da mia madre. Dille che ci raggiunga, subito, prima che…»

«Ma avevi detto che saremmo andati a sud!» protestò Chani.

«Mi sono sbagliato. Gli Harkonnen non sono laggiù. La guerra non è laggiù.»

Chani respirò profondamente e accettò tutto questo come le donne del deserto accettavano gli obblighi di quella vita così intimamente legata alla morte.

«Porterai a mia madre un messaggio che soltanto le sue orecchie dovranno udire» disse Paul. «Dille che Stilgar mi riconosce come Duca di Arrakis e che bisogna fare in modo che i giovani lo accettino senza combattere.»

Chani guardò Stilgar.

«Fai come ti ha detto» borbottò Stilgar. «Sappiamo entrambi che potrebbe vincermi… e che io non potrei alzare una mano su di lui… per il bene della tribù.»

«Ritornerò con tua madre» disse Chani.

«Manda lei sola» replicò Paul. «Stilgar ha visto giusto. Io sono più forte quando tu sei al sicuro. Tu rimarrai nel sietch.»

Lei fece per protestare, poi tacque.

«Sihaya» aggiunse Paul, pronunciando il suo nome segreto. Poi distolse lo sguardo da lei e incontrò gli occhi fiammeggianti di Gurney.

Dall’istante in cui Paul aveva nominato sua madre, tutto, per Gurney, era sprofondato in una coltre di nebbia.

«Tua madre» disse Gurney.

«Idaho ci ha salvati la notte del tradimento» spiegò Paul, con la mente ancora rivolta a Chani. «Ora noi…»

«Che cosa è accaduto a Duncan Idaho, mio Signore?» chiese Gurney.

«È morto… dandoci il tempo di fuggire.»

La strega è viva! pensò Gurney È viva… colei sulla quale ho giurato vendetta! Ed è evidente che il Duca ignora quale creatura gli ha dato la luce. Mostro! Lei ha venduto suo padre agli Harkonnen!

Paul gli passò accanto e balzò nuovamente sulla sporgenza rocciosa. Si guardò intorno e vide che i morti e i feriti erano stati portati via. Pensò amaramente che questo sarebbe stato un altro capitolo della leggenda di Muad’Dib. Non ho neppure impugnato il coltello, ma si racconterà che oggi ho ucciso venti Sardaukar con le mie stesse mani.

Gurney seguì Stilgar, insensibile al pavimento di roccia, ai globi luminescenti, travolto da un furore selvaggio: La strega è ancora in vita, e quelli che ha tradito sono soltanto ossa in una tomba solitaria. Paul deve sapere la verità su di lei, prima che io la uccida.