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Chani si gettò ai suoi piedi: «Veleno? Sta forse soffrendo? Potrei…»

«È inconscio. I suoi processi vitali sono rallentati a tal punto che possono venir rivelati soltanto con le tecniche più raffinate. Tremo al pensiero di quello che sarebbe accaduto se non fossi stata io a scoprirlo. A un occhio non addestrato sembrava morto.»

«Tu non mi hai convocato solo per bontà» disse Chani. «Io ti conosco, Reverenda Madre. Come puoi pensare che io riesca a qualcosa che è impossibile a te?»

È coraggiosa, bella e… sì, perspicace, pensò Jessica. Avrebbe potuto essere un’eccellente Bene Gesserit.

«Chani» riprese Jessica, «ti sembrerà incredibile, ma io non so esattamente per quale ragione ti ho chiamata. È stato un istinto… un’intuizione. Il pensiero mi è venuto così, chiaro: ’Manda a chiamare Chani’.»

Per la prima volta Chani vide la tristezza sul volto di Jessica, l’autentico dolore in fondo a quegli occhi così calmi e rivolti all’interiorità.

«Ho fatto tutto quello che potevo, tutto quello che sapevo…» disse Jessica. «Tu non sapresti neppure immaginare cosa significhi questo tutto. E tuttavia… ho fallito.»

«Halleck, il vecchio amico» domandò Chani. «È forse lui il traditore?»

«No, non è Gurney.»

Queste quattro parole erano come una lunga conversazione, e Chani vi colse l’eco di lunghi tentativi, domande… il ricordo di antichi insuccessi che gravavano su quello spento diniego.

Chani si rialzò, lisciando le pieghe della sua veste macchiata dalle sabbie. «Portami da lui.»

Jessica si alzò a sua volta e si diresse verso le tende sulla parete sinistra.

Chani la seguì e si trovò in quello che prima era un magazzino; le pareti rocciose erano nascoste, adesso, dietro una pesante tappezzeria. Paul giaceva su un letto da campo, sul lato opposto. Un unico globo luminoso fugava le ombre dal suo viso. Una veste nera lo copriva fino al petto, lasciandogli scoperte le braccia tese lungo i fianchi. Sotto, sembrava non indossare altro. La pelle era grigia, simile a cera. Era completamente immobile.

Chani dominò il desiderio di precipitarsi sul suo corpo, di abbracciarlo convulsamente. I suoi pensieri corsero invece a suo figlio: Leto. E si rese conto in quell’istante che Jessica, un giorno, aveva vissuto un’identica prova… il suo uomo minacciato di morte, e costretta a considerare con la sua mente le possibili vie di salvezza di suo figlio. Chani, allora, allungò una mano e strinse quella di Jessica: una stretta quasi dolorosa nella sua violenza.

«È vivo» disse Jessica. «Ti garantisco che è vivo. Ma il filo della sua vita è così sottile che potrebbe sfuggire a una ricerca. Alcuni fra i capi già mormorano che è la madre a parlare, e non la Reverenda Madre, e che mio figlio è veramente morto e che io non voglio concedere la sua acqua alla tribù.»

«Da quanto tempo è così?» chiese Chani. Liberò la sua mano da quella di Jessica e avanzò nella stanza.

«Tre settimane» disse Jessica. «Ho trascorso un’intera settimana nel tentativo di farlo rivivere. Vi sono state riunioni, discussioni… inchieste. Poi ti ho chiamata. I Fedaykin ubbidiscono a me, altrimenti non sarei riuscita a ritardare il…» S’inumidì le labbra e tacque, fissando Chani che si avvicinava a Paul.

Chani si arrestò accanto a Paul e contemplò il suo viso, la barba che lo incorniciava, le palpebre chiuse, le alte sopracciglia, il naso affilato. Sembrava così tranquillo…

«Come si nutre?» chiese Chani.

«Le necessità della sua carne sono così ridotte che non ha ancora avuto bisogno di cibo.»

«Quanti sanno ciò che è accaduto?»

«Solo i suoi consiglieri personali, alcuni dei capi, i Fedaykin e, naturalmente chiunque gli abbia somministrato il veleno.»

«Non c’è alcun indizio su chi sia stato?»

«No. E non certo perché non lo abbiamo cercato.»

«Che cosa dicono i Fedaykin?»

«Credono che Paul sia immerso in una sacra estasi e che stia raccogliendo i suoi santi poteri prima dell’ultima battaglia. Io coltivo questa convinzione.»

Chani s’inginocchiò accanto al letto, fin quasi a sfiorare il viso di Paul. Subito avvertì il profumo della spezia… la spezia onnipresente che odorava di sé l’intera vita dei Fremen. E tuttavia…

«Tu non sei nata tra la spezia, come noi» disse Chani. «Non hai pensato che il suo corpo potrebbe essersi ribellato a un’eccessiva quantità di spezia nel cibo?»

«Le reazioni allergiche sono tutte negative» replicò Jessica.

E chiuse gli occhi, sia per cancellare la scena alla sua vista, sia perché, all’improvviso, capì quant’era stanca. Quanto tempo è che non dormo? si chiese. Troppo.

«Quando tu cambi l’Acqua della Vita» continuò Chani, «tu lo fai in te stessa, grazie alla tua percezione interiore. Hai utilizzato questa tua percezione per analizzare il suo sangue?»

«È sangue normale. Totalmente adattato alla vita e al nutrimento dei Fremen.»

Chani si accovacciò sui calcagni. Mentre esaminava Paul, i suoi pensieri respinsero la paura. Era una tecnica appresa osservando le Reverende Madri. Il tempo poteva servire alla mente. Tutta l’attenzione poteva essere concentrata su un unico pensiero.

All’improvviso domandò: «C’è un creatore, qui?»

«Molti. Ne abbiamo sempre qualcuno, in questi giorni.» Jessica sospirò di stanchezza. «Ogni vittoria richiede una benedizione. Ogni cerimonia prima di una razzia…»

«Ma Paul Muad’Dib si è tenuto lontano da queste cerimonie» disse Chani.

Jessica scosse la testa, e ricordò i sentimenti ambivalenti di suo figlio nei confronti della droga di spezia e della prescienza che essa suscitava.

«Come fai a saperlo?» chiese Jessica.

«Si dice.»

«Si dicono troppe cose» replicò Jessica in tono amaro.

«Procurami dell’Acqua del Creatore, non trasformata» disse Chani.

Jessica s’irrigidì al tono imperioso di Chani, poi vide l’intensa concentrazione della giovane donna. Bisbigliò: «Subito». E uscì attraverso la tenda per chiamare un Maestro delle Acque.

Chani continuò a fissare Pauclass="underline" Se ha tentato di far questo… pensò. È proprio il tipo di cosa che potrebbe tentare…

Jessica ritornò e s’inginocchiò accanto a Chani, porgendole una brocca la quale spandeva l’acuto odore del veleno. Chani immerse un dito nel liquido e sfiorò il naso di Paul.

La pelle fremette e, lentamente, le narici si dilatarono.

Jessica lanciò un grido soffocato.

Chani toccò col dito umido il labbro superiore di Paul.

Paul inspirò a lungo, faticosamente.

«Che cosa succede?» domandò Jessica.

«Ferma!» le ingiunse Chani. «Trasforma un po’ di Acqua sacra, presto!»

Senz’altre domande Jessica ubbidì a Chani. Alzò la brocca e inghiottì un sorso del liquido.

Gli occhi di Paul si aprirono. Guardò Chani.

«Non è necessario che cambi l’Acqua» disse. La sua voce era debole, ma ferma.

Jessica, nel medesimo istante in cui sentì il sorso d’acqua sulla lingua, scoprì che il suo corpo riprendeva vigore, trasformando il veleno quasi automaticamente. Con la sua sensibilità accresciuta percepì il flusso vitale che emanava da Paul.

In quell’istante, seppe.

«Tu hai bevuto l’Acqua sacra!» esplose.

«Una goccia» disse Paul. «Così poca… una goccia.»

«Come hai potuto commettere una simile follia?»

«È tuo figlio» disse Chani.

Jessica la fulminò con lo sguardo.

Un sorriso pieno di tenerezza e di comprensione comparve sulle labbra di Pauclass="underline" «Ascolta la mia amata» sussurrò. «Ascoltala, Madre. Lei sa.»