«Avete nessuna idea di chi sia questo Muad’Dib?» chiese l’Imperatore.
«Certamente un Umma» disse il Barone, «un fanatico Fremen, un avventuriero religioso. Spuntano regolarmente ai bordi della civiltà. Sua Maestà lo sa.»
L’Imperatore guardò la sua Veridica, poi si voltò nuovamente verso il Barone, accigliandosi: «E voi, non sapete nient’altro di questo Muad’Dib?»
«Un pazzo» esclamò il Barone. «Ma tutti i Fremen sono pazzi.»
«Pazzi?»
«Urlano il suo nome quando si gettano nella mischia. Le donne ci scaraventano addosso i figli e si precipitano esse stesse sui nostri coltelli per aprire una strada ai loro uomini quando ci attaccano. Non hanno alcuna… alcuna decenza!»
«È grave» disse l’Imperatore, e il suo tono derisorio non sfuggì al Barone. «E, ditemi, avete mai esplorato le regioni polari al sud di Arrakis?»
«Ma…» balbettò il Barone, colto di sorpresa, «Sua Maestà sa benissimo che l’intera regione è inabitabile, aperta alle tempeste e ai vermi. Non c’è neppure la spezia a quelle latitudini.»
«Non avete ricevuto alcun rapporto dalle astronavi della spezia? Non avete mai sentito parlare delle macchie di verde che sono state viste laggiù?»
«Vi sono sempre stati questi rapporti. Alcuni hanno dato luogo a inchieste… molto tempo fa. È stata vista qualche pianta. Molti ornitotteri sono andati perduti.
Troppi, Maestà. Gli uomini non possono sopravvivere a lungo in un simile territorio.»
«Certamente» disse l’Imperatore. Fece schioccare le dita e una porta si aprì alla sua sinistra, dietro il trono. Due Sardaukar uscirono dalla porta, scortando una bambina che non sembrava avere più di quattro anni. Indossava un aba nero e il cappuccio gettato all’indietro mostrava i lacci di una tuta distillante che le pendevano sciolti sotto la gola. I suoi occhi erano azzurri come quelli dei Fremen e contemplavano la scena da un viso soffice e tondo. Non sembrava per nulla spaventata e c’era qualcosa nel suo sguardo che turbò il Barone senza che lui sapesse perché.
Perfino la Veridica Bene Gesserit si tirò indietro, mentre la bambina passava, e fece un gesto come per proteggersi. La vecchia strega era visibilmente scossa dalla presenza della bambina.
L’Imperatore si schiarì la gola, ma la bambina parlò per prima: una voce sottile e blesa dovuta al palato ancora molle, ma tuttavia chiarissima. «Così, è lui» disse. Si portò fino al bordo del baldacchino: «Non è un gran che, vero? Un vecchio grasso e spaventato, troppo debole per sopportare il proprio grasso senza l’aiuto dei sospensori».
Era una dichiarazione talmente inaspettata dalla bocca di una bambina che il Barone, nonostante la rabbia, la fissò a bocca aperta senza proferir parola. È forse una nana? si chiese.
«Mio caro Barone» disse infine l’Imperatore, «vi presento la sorella di Muad’Dib.»
«La so…» Il Barone guardò l’Imperatore. «Non capisco.»
«Anch’io, a volte, commetto eccessi di prudenza» dichiarò l’Imperatore. «Mi è stato riferito che le vostre regioni meridionali disabitate presentavano tracce di attività umana.»
«Ma è impossibile!» protestò il Barone. «I vermi… E c’è sabbia fino a…»
«Questa gente sembra perfettamente capace di evitare i vermi» disse l’Imperatore.
La bambina si era seduta sulla predella accanto al trono, facendo dondolare i piccoli piedi. Osservava la scena, perfettamente sicura di sé.
Il Barone fissò quei piccoli piedi che scalciavano, i sandali che occhieggiavano sotto il tessuto.
«Sfortunatamente» riprese l’Imperatore, «ho inviato soltanto cinque trasporti di truppe con una ridotta forza d’attacco per catturare prigionieri e interrogarli. A stento siamo riusciti a fuggire con un trasporto e tre prigionieri. Sì, Barone, i miei Sardaukar sono stati quasi sopraffatti da una forza difensiva composta in gran parte di donne, bambini e vecchi. Questa bambina era al comando di uno dei gruppi che ci hanno attaccato.»
«Vedete, Maestà!» esclamò il Barone. «Vedete come sono!»
«Mi sono lasciata catturare» dichiarò la bambina. «Non volevo trovarmi faccia a faccia con mio fratello e dirgli che suo figlio era stato ucciso.»
«Soltanto un pugno dei nostri è riuscito a fuggire» ripeté l’Imperatore. «A fuggire! Avete sentito quello che ho detto?»
«Avremmo ammazzato anche loro, se non fosse stato per le fiamme» disse la bambina.
«I miei Sardaukar si sono serviti dei razzi dei loro trasporti come di lanciafiamme» spiegò l’Imperatore. «Una mossa disperata, grazie alla quale sono riusciti a fuggire coi tre prigionieri. Capite, Barone: i Sardaukar costretti a battere in ritirata davanti a un gruppo di donne, di bambini e di vecchi!»
«Dobbiamo attaccarli in forze» strillò il Barone. «Dobbiamo distruggerli fino all’ultimo vestigio di…»
«Silenzio!» ruggì l’Imperatore. Si raddrizzò sul trono: «Non approfittate ancora della mia indulgenza! Voi siete qui, davanti a me, come un idiota, e…»
«Maestà!» esclamò la Veggente.
L’Imperatore l’azzitti. «Voi mi dite che non sapete niente di quanto abbiamo scoperto, niente delle magnifiche qualità guerriere di questo popolo! Per chi mi prendete, Barone?»
Il Barone fece due passi indietro, e pensò: È stato Rabban. Ha fatto questo… a me! Rabban ha…
«E questa finta guerra col Duca Leto» ringhiò l’Imperatore, sprofondando di nuovo sul trono. «Come siete riuscito a manovrarla meravigliosamente!»
«Maestà» balbettò il Barone, «cosa state…»
«Silenzio!»
La vecchia Bene Gesserit appoggiò una mano sulla spalla dell’Imperatore e gli bisbigliò qualcosa all’orecchio.
La bambina seduta sulla predella smise di scalciare e disse: «Spaventalo ancora un po’, Shaddam. So che non dovrei, ma provo un infinito piacere».
«Taci, bambina» disse l’Imperatore. Si piegò in avanti e le mise una mano sulla testa. Fissò il Barone: «È possibile, Barone? È possibile che voi siate così stupido come mi suggerisce la mia Veridica? Voi non riconoscete questa bambina, la figlia del vostro alleato, il Duca Leto?»
«Mio padre non è mai stato suo alleato» ribatté la bambina. «Mio padre è morto e questa vecchia bestia Harkonnen non mi ha mai visto prima.»
Il Barone, paralizzato, la fissava stupefatto. Quando ritrovò la voce, fu soltanto per farfugliare: «Chi sei?»
«Io sono Alia, figlia del Duca Leto e di Lady Jessica, sorella del Duca Paul Muad’Dib» dichiarò la bambina. Balzò sul pavimento: «Mio fratello ha giurato di appiccare la tua testa in cima al suo stendardo, e credo che lo farà».
«Taci, bambina» disse l’Imperatore. Sprofondò nel trono, le mani sotto il mento, studiando il Barone.
«Io non prendo ordini dall’Imperatore» esclamò Alia. Si voltò, e fissò la vecchia Reverenda Madre: «Lei lo sa».
L’Imperatore alzò gli occhi verso la sua Veridica. «Che cosa vuol dire?»
«Questa bambina è un’abominazione!» sbottò la vecchia. «Sua madre merita di esser punita come nessuno lo è mai stato, in tutta la storia! La morte non sarà mai troppo rapida per questa bambina e per colei che l’ha generata!» Puntò un dito verso Alia: «Esci dalla mia mente!»
«Telepatia?» bisbigliò l’Imperatore. Fissò attentamente la bambina. «Per la Grande Madre!»
«Voi non capite, Maestà» disse la vecchia. «Non è telepatia. Lei è veramente nella mia mente! Lei è come tutte le altre che mi hanno preceduto e che mi hanno lasciato i loro ricordi. Lei è nel mio spirito! È impossibile, ma è dentro di me!»