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E fece un altro passo in avanti, le mani lungo i fianchi. Colse un lampo d’intesa nello sguardo di Thufir.

Ha capito che io so della trappola, pensò Paul.

Ridusse allora la sua voce a un bisbiglio, che soltanto Hawat poteva udire: «Dico sul serio, Thufir. Se devi colpirmi, fallo ora».

«Io volevo soltanto trovarmi un’ultima volta davanti a te, mio Duca» disse Hawat. E Paul, per la prima volta, vide lo sforzo che il vecchio faceva per non cadere. Avanzò, lo afferrò per le spalle, e sentì fremere i muscoli fra le sue dita.

«Soffri, mio vecchio amico?» gli chiese.

«Soffro, mio Duca» dichiarò Hawat, «ma il piacere è infinitamente più grande.»

Fece un mezzo giro tra le braccia di Paul, tese la mano sinistra col palmo all’insù, verso l’Imperatore, e mostrò a tutti il piccolo ago premuto contro le dita. «Vedete, Maestà? Vedete l’ago del vostro tradimento? Credevate forse che io, che ho votato la mia intera vita al servizio degli Atreides, avrei dato meno, adesso?»

Paul barcollò, mentre il vecchio gli si afflosciava tra le braccia. Sentì la flacìdità della morte. Lentamente, con infinita delicatezza, distese il corpo di Hawat sul pavimento, si raddrizzò e ordinò con un gesto alle sue guardie di portarlo via.

Il silenzio calò nella sala, finché il suo ordine non fu eseguito.

Il volto dell’Imperatore era gelido, di pietra. Paul per la prima volta lesse in quegli occhi la paura.

«Maestà» disse Paul, e colse un gesto di sorpresa nella Principessa Reale. Aveva pronunciato questa parola con l’intonazione controllata del Bene Gesserit, caricandola di tutto il disprezzo possibile.

È proprio una Bene Gesserit, pensò Paul, guardando la principessa.

L’Imperatore si schiarì la gola e replicò: «Forse il mio rispettabile congiunto crede che tutto, ora, vada secondo i suoi desideri. Niente di più falso. Ha violato l’Intesa, ha usato le atomiche contro…»

«Ho usato le atomiche contro un ostacolo naturale del deserto» l’interruppe Paul. «Era sul mio cammino, e io avevo fretta di arrivare da voi, Maestà, per domandarvi qualche spiegazione su certe vostre strane attività.»

«La sterminata forza di tutte le Grandi Case sta orbitando intorno ad Arrakis, in questo momento» disse l’Imperatore. «Una sola parola da parte mia, e…»

«Ah, sì» confermò Paul. «Quasi mi dimenticavo di loro.» Cercò con gli occhi nel seguito dell’Imperatore, finché non vide i volti dei due uomini della Gilda. Si rivolse a Gurney: «Sono quelli gli agenti della Gilda, Gurney? Quei due uomini grassi vestiti di grigio, laggiù?»

«Sì, mio Signore.»

«Voi due» disse Paul, puntando il braccio verso di loro. «Uscite subito di lì e spedite un messaggio perché quella flotta ritorni subito a casa. Poi, aspetterete la mia autorizzazione per…»

«La Gilda non prende i tuoi ordini!» gridò il più alto dei due. Lui e il suo compagno si precipitarono verso la barriera di lance, che furono alzate a un cenno di Paul. I due uomini si avvicinarono a Paul, il più alto puntò un braccio verso di lui: «Qui ci sono senz’altro gli estremi per un embargo, a causa del tuo…»

«Che io senta ancora questa assurdità, da voi due» replicò Paul, «e ordinerò che sia distrutta l’intera produzione di spezia su Arrakis… per sempre!»

«Sei pazzo?» esclamò il più alto dei due. Fece un mezzo passo indietro.

«Così, ammetti che io sono in grado di farlo?» chiese Paul.

L’uomo della Gilda boccheggiò. «Sì, puoi farlo… ma non devi!»

«Ahhh» fece Paul, e annuì a se stesso. «Siete tutti e due navigatori della Gilda, non è vero?»

«Sì!»

Il più piccolo dei due proseguì: «Anche tu saresti cieco e ci condanneresti tutti a una morte lenta. Sai tu cosa significa esser privati del liquore di spezia, quando si è intossicati?»

«L’occhio che sceglie la rotta più sicura chiuso per sempre» disse Paul. «La Gilda paralizzata. Gli esseri umani diverrebbero piccoli gruppi isolati, sui loro pianeti isolati. Sapete, potrei farlo per semplice ripicca… o perché mi annoio.»

«Parliamone privatamente» si affrettò ad aggiungere il più alto dei due agenti della Gilda. «Sono convinto che potremo raggiungere un compromesso sod…»

«Mandate quel messaggio!» esclamò Paul. «Sono stanco di discutere. Se quella flotta sopra di noi non se ne va al più presto, non avremo più bisogno di parlare.» Indicò col capo i suoi operatori radio sul fondo della Grande Sala. «Potete usare i miei apparecchi.»

«Prima dobbiamo discuterne» ribatté l’agente più alto. «Non possiamo semplicemente…»

«Mandate il messaggio!» urlò Paul. «Chi può distruggere una cosa ha l’assoluto controllo su di essa! Io ho quel potere: voi stessi l’avete riconosciuto. Non siamo qui per discutere, negoziare o cercar compromessi. Ubbidite ai miei ordini, o sarete i primi a subirne le conseguenze!»

«Lo farà» balbettò il più piccolo. E Paul vide la paura che li attanagliava.

Lentamente, i due agenti della Gilda si avvicinarono alle trasmittenti dei Fremen.

«Obbediranno?» domandò Gurney.

«La loro visione del tempo si restringe» disse Paul. «Vedono davanti a sé una parete nuda che indica le conseguenze della loro disobbedienza. Ogni navigatore della Gilda, su ogni nave, vede davanti a sé quella parete. Obbediranno.»

Paul si voltò e fissò l’Imperatore. E disse: «Quando vi hanno permesso di salire sul trono di vostro padre, voi doveste garantire che i rifornimenti di spezia non si sarebbero mai interrotti. Voi avete tradito il vostro impegno, Maestà. Sapete le conseguenze?»

«Nessuno mi ha permesso di…»

«Smettetela di recitare la parte dello stupido» gridò Paul. «La Gilda è come un villaggio sulla riva di un fiume. Hanno bisogno dell’acqua, ma possono prelevare soltanto lo stretto necessario. Non possono costruire una diga attraverso il fiume, perché questo attirerebbe l’attenzione sul loro piccolo prelievo: alla fine, potrebbero perfino essere distrutti. Questo fiume è la spezia, e io ho costruito una diga su questo fiume. Ma la mia diga è tale che voi non potete distruggerla senza che sia distrutto anche il fiume.»

L’Imperatore si passò una mano tra i capelli rossi e fissò la schiena dei due uomini della Gilda.

«Perfino la Veridica Bene Gesserit sta tremando» continuò Paul. «Vi sono molti altri veleni che le Reverende Madri possono utilizzare per i loro trucchi, ma dopo che si sono servite del liquore di spezia, gli altri veleni restano senza effetto.»

La vecchia si strinse nella veste nera e si fece largo tra la folla finché non si arrestò davanti alla barriera delle lance.

«Reverenda Madre Gaius Helen Mohiam» disse Paul, «è passato molto tempo da Caladan, non è vero?»

Lei folgorò con un’occhiata sua madre, e dichiarò: «Bene, Jessica, vedo che tuo figlio è colui che cercavamo. Per questo ti può essere perfino perdonata quell’abominazione che è tua figlia».

Paul dominò la fredda collera che saliva in lui, e replicò: «Tu non hai alcun diritto, e nessuna ragione, di perdonare alcunché a mia madre».

La vecchia affrontò il suo sguardo.

«Prova i tuoi trucchi con me, vecchia strega» la rimbeccò Paul. «Dov’è il tuo gom jabbar? Cerca di penetrare col tuo sguardo là dove non osi guardare. Là ci sarò io, a guardarti!»

La vecchia abbassò gli occhi.

«Non hai niente da dire?» domandò Paul.

«Ti ho dato il benvenuto tra gli esseri umani» mormorò lei. «Non scherzare su questo.»