Paul alzò la voce: «Osservatela bene, amici miei! Questa è una Reverenda Madre Bene Gesserit, il più paziente degli esseri al servizio della più paziente delle cause! Essa ha atteso con le sue sorelle per novanta generazioni che si producesse la giusta combinazione genetica e ambientale da cui doveva nascere colui che i loro piani esigevano. Osservatela, amici miei! Ora, lei sa che le novanta generazioni hanno prodotto quella persona. Eccomi, ma io… non… obbedirò… mai… ai… suoi… ordini!…»
«Jessica!» urlò la vecchia. «Fallo tacere!»
«Fallo tacere tu» disse Jessica.
Paul guardò con disprezzo la vecchia: «Per la parte che hai avuto in tutto questo, potrei farti strangolare con gioia» dichiarò. «Non potresti impedirmelo!» continuò, mentre lei s’irrigidiva per il furore. «Ma credo che la miglior punizione sia quella di farti vivere fino alla fine dei tuoi giorni senza che tu sia capace di toccarmi, o di piegarmi a uno solo dei tuoi voleri…»
«Jessica, che cosa hai fatto?» esclamò la vecchia.
«Questo soltanto vi concedo» disse Paul. «Voi avete visto, in parte, quali erano i bisogni della razza, ma quanto povera e limitata è la vostra visione! Voi credete di controllare l’evoluzione umana con qualche accoppiamento diretto secondo i vostri piani! Quanto poco, in realtà, ne capite…»
«Non devi parlare di queste cose!» sibilò la vecchia.
«Silenzio!» ruggì Paul. E questa parola sembrò acquistare sostanza mentre si contorceva nell’aria sotto il controllo di Paul.
La vecchia indietreggiò barcollando tra le braccia di coloro che si trovavano alle sue spalle, mortalmente pallida per questo attacco che Paul le aveva sferrato alla psiche. «Jessica» bisbigliò, «Jessica.»
«Io ricordo il tuo gom jabbar» disse Paul. «Tu ricorda il mio. Posso ucciderti con una sola parola.»
I Fremen, tutto intorno alla Grande Sala, si lanciarono occhiate d’intesa. La leggenda non diceva forse: «E la sua parola porterà la morte eterna a chi si oppone alla sua giustizia?»
Paul fissò nuovamente la Principessa Reale, immobile accanto a suo padre, l’Imperatore. Disse, senza lasciarla con gli occhi: «Maestà, conosciamo entrambi la via d’uscita alle nostre difficoltà».
L’Imperatore guardò sua figlia e poi Pauclass="underline" «Come osi? Tu? Un avventuriero senza famiglia, un…»
«Smettetela con questa commedia» l’interruppe Paul. «Voi stesso mi avete riconosciuto come Reale Congiunto. Sono le vostre precise parole.»
«Io sono il tuo re» disse l’Imperatore.
Paul guardò gli uomini della Gilda, accanto alla trasmittente. Uno dei due annuì.
«Potrei forzarvi la mano» fece Paul.
«Non oserai!» gridò l’Imperatore.
Paul si limitò a fissarlo.
La Principessa Reale mise una mano sul braccio di suo padre. «Padre» disse, e la sua voce era dolce e suadente.
«Non usare i tuoi trucchi su di me» replicò bruscamente l’Imperatore. La guardò. «Non devi farlo, figlia mia. Abbiamo altre risorse che…»
«Ma qui c’è un uomo che è degno di essere tuo figlio» disse lei.
La Reverenda Madre, che aveva ritrovato la sua dignità, si fece largo verso l’Imperatore e bisbigliò qualcosa al suo orecchio.
«Sta patrocinando la tua causa» disse Jessica.
Paul continuò a fissare la bionda Principessa. Bisbigliò a sua madre: «Quella è Irulan, la primogenita, non è vero?»
«Sì.»
Chani si avvicinò a Paul, sull’altro lato, e gli disse: «Vuoi che io me ne vada, Muad’Dib?»
Paul la fissò: «Andartene? Tu non lascerai mai più il mio fianco».
«Non c’è più nulla, fra noi, che ci leghi» disse Chani.
Paul continuò a guardarla, in silenzio, poi aggiunse: «Usa sempre il linguaggio della verità, con me, Sihaya». Chani fece per rispondere, ma Paul le appoggiò un dito sulle labbra: «Quello che ci lega non potrà mai esser sciolto» disse. «Ora, osserva attentamente ciò che accadrà qui, poiché desidero rivedere questa sala più tardi, agli occhi della tua saggezza.»
L’Imperatore e la sua Veridica discutevano a bassa voce, animatamente.
Paul si rivolse a sua madre: «Lei gli sta ricordando che, in base al loro accordo, una Bene Gesserit dovrà salire al trono, ed è appunto Irulan che è stata preparata».
«Era il loro piano?» chiese Jessica.
«Non è forse ovvio?» replicò Paul.
«Ne vedo i segni» disse bruscamente Jessica. «La mia domanda voleva soltanto ricordarti che non dovresti cercare d’insegnarmi quello che ti ho inculcato io stessa.»
Paul la guardò e colse un gelido sorriso sulle sue labbra.
Gurney Halleck si curvò tra loro e bisbigliò: «Ti ricordo, mio Signore, che c’è un Harkonnen in quel mucchio di bastardi». Accennò con la testa a Feyd-Rautha, schiacciato sulla sinistra contro la barriera di lance. «Quello. Ha il volto più malvagio di quanti ne abbia mai visti. Tu mi avevi promesso una volta che…»
«Ti ringrazio, Gurney» disse Paul.
«È il na-Barone… anzi, il Barone, adesso che il vecchio è morto» fece Gurney. «Andrà benissimo per quello che ho in…»
«Puoi vincerlo, Gurney?»
«Il mio Signore si burla di me?»
«Quella discussione fra l’Imperatore e la sua strega è andata avanti abbastanza, non credi, Madre mia?»
Jessica annuì: «Davvero».
Paul alzò la voce: «Maestà, c’è forse un Harkonnen tra voi?»
Il modo in cui l’Imperatore alzò gli occhi su Paul rivelò tutto il suo sdegno: «Credevo che il mio seguito si trovasse sotto la protezione della tua parola di Duca».
«La mia era soltanto la richiesta di una informazione» precisò Paul. «Volevo soltanto sapere se un Harkonnen fa ufficialmente parte del vostro seguito, o se vi si è nascosto per vigliaccheria.»
L’Imperatore ebbe un sorriso astuto: «Chiunque sia stato accolto tra la mia gente fa parte del mio seguito».
«Voi avete la parola del Duca» dichiarò Paul. «Ma Muad’Dib è un’altra cosa. Lui potrebbe non accettare la sua definizione di ciò che è un seguito. Il mio amico Gurney Halleck vuole uccidere un Harkonnen. Se lui…»
«Kanly!» urlò Feyd-Rautha, schiacciandosi contro la barriera di lance. «Tuo padre ha invocato questa vendetta, Atreides. Tu mi dai del vigliacco mentre ti nascondi tra le tue donne e offri un lacché al tuo posto!»
La Veridica bisbigliò qualcosa, precipitosamente, all’Imperatore, ma lui la respinse e gridò: «Kanly, vero? Vi sono regole molto precise per il kanly».
«Paul, metti fine a tutto questo» disse Jessica.
«Mio Signore» riprese Gurney, affannosamente, «mi avevi promesso che avrei avuto la mia giornata davanti a un Harkonnen.»
«L’hai già avuta» fece Paul, e sentì le emozioni rifluire da lui, lasciandolo simile a un fantoccio. Si sfilò il mantello e il cappuccio e li porse a sua madre insieme con la sciarpa e il cryss, e cominciò a slacciarsi la tuta distillante. L’intero universo si concentrava in quell’istante, lo sentì.
«Paul, è inutile» disse Jessica. «Ci sono altri modi, più facili.»
Si liberò della tuta, sfilò il cryss dal fodero tra le mani di sua madre. «Lo so» affermò. «Veleno e assassinio. Tutto secondo la tradizione.»
«Tu mi hai promesso un Harkonnen!» sibilò Gurney, e Paul vide la rabbia sul volto dell’uomo, la linea scura della liana indelebilis sul suo viso. «Me lo devi, mio Signore!»
«Hai forse sofferto, da loro, più di quanto ho sofferto io?» chiese Paul.
«Mia sorella» esclamò Gurney con voce rauca, «e gli anni che ho passato nel pozzo degli schiavi…»
«Mio padre» replicò Paul, «i miei amici e compagni, Thufir Hawat e Duncan Idaho. Gli anni trascorsi come un animale braccato, senza più rango o seguaci… E una cosa ancora: il kanly, e tu sai meglio di me quali sono le regole.»