Ciò che avveniva qui, poteva rivelarsi la peggiore catastrofe per il piano di selezione del Bene Gesserit.
Lei aveva intravisto qualcosa di ciò che Paul aveva capito, che Feyd-Rautha poteva ucciderlo, ma senza uscirne, per questo, vittorioso. Un altro pensiero, tuttavia, quasi sommerse il suo spirito. Là, davanti a lei, i due prodotti finali del lungo e faticoso programma si affrontavano in un combattimento mortale. Se entrambi fossero morti in quel luogo, sarebbe rimasta soltanto la figlia bastarda di Feyd-Rautha, ancora una bambina, un fattore sconosciuto, e Alia, l’abominazione.
«Forse avete soltanto dei riti pagani, qui» disse ancora Feyd-Rautha. «Vuoi che la Veridica prepari il tuo spirito per il grande viaggio?»
Paul sorrise, girando verso destra, vigile, i suoi cupi pensieri cancellati dagli imperativi di quell’istante.
Feyd-Rautha balzò, fintando con la destra, ma facendo balzare il coltello nella sinistra.
Paul lo schivò facilmente, notando nel colpo vibrato da Feyd-Rautha l’esitazione del combattente abituato allo scudo. Tuttavia, fu soltanto una lieve esitazione; Feyd-Rautha aveva già combattuto altre volte con avversali privi di scudo.
«Forse un Atreides corre invece di combattere?» chiese Feyd-Rautha, beffardo.
Paul ricominciò a girare silenziosamente in tondo. Gli tornarono alla memoria le parole di Idaho, il duro addestramento di tanto tempo fa su Caladan: «Nei primi istanti, studia l’avversario. Perdi così la possibilità di una rapida vittoria, ma questi attimi di studio sono una garanzia di successo. Prendi il tuo tempo».
«Forse pensi di prolungare la tua vita con questa danza?» disse Feyd-Rautha. «Benissimo.» Cessò di girare e si raddrizzò.
Paul aveva visto abbastanza per una prima valutazione. Feyd-Rautha avanzava a sinistra offrendo all’avversario il fianco destro, come se la cotta di maglia fosse una protezione sufficiente. Era l’azione di un uomo addestrato all’uso dello scudo, e che avesse un pugnale in ambedue le mani.
Oppure… Paul esitò… oppure la cotta di maglia era qualcosa di più di quello che sembrava.
L’Harkonnen sembrava troppo fiducioso nei confronti di un uomo che in quello stesso giorno aveva condotto le sue forze alla vittoria contro le legioni dei Sardaukar.
Feyd-Rautha notò l’esitazione, e disse: «Perché ritardi l’inevitabile? Tu m’impedisci di esercitare i miei diritti su questo mondo di pezzenti».
Un ago, pensò Paul. Molto ben nascosto. Nessuna traccia sul corsetto.
«Perché non parli?» chiese Feyd-Rautha.
Paul ricominciò i suoi giri di sondaggio, lasciando che un gelido sorriso fosse la sua unica risposta all’inquietudine che aveva colto nella voce di Feyd-Rautha, il che provava come il silenzio facesse il suo effetto.
«Sorridi, eh?» E Feyd-Rautha fece un balzo a metà della frase.
Paul si aspettava una lieve esitazione, e quasi non riuscì a deviare l’improvviso fendente. Sentì la punta che gli scalfiva il braccio sinistro. Respinse dalla sua mente l’improvviso dolore e capì che l’esitazione di prima era un trucco, una controfinta. Era un avversario superiore a quanto si era aspettato. Ci sarebbero state finte nelle finte nelle finte.
«Il tuo Thufir Hawat è all’origine della mia destrezza» disse Feyd-Rautha. «Mi ha dato il mio primo sangue. Tanto peggio per lui, se quel vecchio stupido non è vissuto abbastanza per vederlo.»
E Paul ricordò che una volta Idaho aveva detto: «In combattimento, aspettati soltanto quello che accade. In questo modo, non sarai mai sorpreso».
Di nuovo essi girarono l’uno intorno all’altro, attenti, i muscoli pronti a scattare.
Paul guardò il viso del suo avversario, vide che nuovamente l’esaltazione s’impadroniva di lui, e si chiese perché. Feyd-Rautha attribuiva dunque tanta importanza a un graffio? A meno che la lama non fosse avvelenata! Ma com’era possibile? I suoi stessi uomini avevano avuto la lama tra le mani e l’avevano controllata prima di restituirla. Avevano troppa esperienza per non individuare un veleno.
«Quella donna alla quale parlavi» disse Feyd-Rautha. «La più piccola. È forse qualcosa di speciale per te? Il tuo cucciolo favorito? Devo riservarle delle attenzioni speciali?»
Paul tacque. I suoi sensi interiori stavano esaminando il sangue che gocciolava dalla ferita, e vi scoprirono una traccia di sonnifero. Paul modificò il suo metabolismo per respingere la minaccia: alterò le molecole del sonnifero. Ma un dubbio lo colse. Avevano impregnato la lama con un sonnifero. Un sonnifero che poteva ingannare il rivelatore di veleni, ma che era abbastanza potente, tuttavia, da paralizzare i suoi muscoli. I suoi nemici avevano i loro trucchi, finte nelle finte nelle finte.
Ancora una volta Feyd-Rautha balzò vibrando un colpo.
Paul, il sorriso congelato sul volto, finse di muoversi lentamente come inibito dalla droga, e all’ultimo istante schivò, conficcando la punta del cryss nel braccio che calava su di lui.
Feyd-Rautha schivò in parte il colpo balzando di lato e ritirandosi, facendo saltare il coltello nella mano sinistra. Impallidì: la ferita bruciava.
Che viva anche lui il suo istante di dubbio, pensò Paul. Che sospetti pure il veleno.
«Tradimento!» gridò Feyd-Rautha. «Mi ha avvelenato! Sento il veleno nel mio braccio!»
E Paul parlò per la prima volta: «È soltanto un po’ acido, per rispondere al sonnifero sulla lama dell’Imperatore».
Feyd-Rautha, fulminandolo con lo sguardo, alzò il coltello nella mano sinistra in una sorta di saluto beffardo.
Anche Paul passò il cryss nella mano sinistra e ricominciò a girare, in silenzio, intorno al suo avversario.
Feyd-Rautha si avvicinò lentamente, brandendo in alto la lama dell’Imperatore. La collera si leggeva nei suoi occhi semichiusi e nella mascella prominente. Fintò a destra e in basso, e si trovarono l’uno addosso all’altro, le lame incrociate, in un affannoso corpo a corpo.
Paul fece ruotare il suo avversario. Diffidava del suo fianco destro, dove sospettava ci fosse un ago avvelenato. Nel preciso istante in cui l’ago scattò, fu quasi colto di sorpresa. Ne fu avvertito da un movimento di Feyd-Rautha, da un cedimento impercettibile dei suoi muscoli, e l’ago lo mancò per una frazione di millimetro.
Era sul fianco sinistro!
Un trucco nel trucco, pensò Paul. Usò l’addestramento Bene Gesserit per curvarsi di scatto e approfittare del riflesso istintivo di Feyd-Rautha, ma, nel tentativo di sfuggire all’ago avvelenato, incespicò e cadde con un tonfo sul pavimento, e Feyd-Rautha si precipitò su di lui.
«Lo vedi, no?, sul mio fianco?» mormorò Feyd-Rautha. «È la tua morte, pazzo.» E cominciò a contorcersi, avvicinando la punta dell’ago a Paul. «Paralizzerà i tuoi muscoli e il mio coltello ti finirà. E non resterà alcuna traccia!»
Paul lottò con tutti i suoi muscoli, mentre dal fondo della sua mente s’innalzavano le grida silenziose dei suoi antenati, esigendo che lui pronunciasse la parola segreta, per bloccare Feyd-Rautha e salvare se stesso.
«No, non la dirò!» ansimò Paul.
Feyd-Rautha lo fissò, con un’impercettibile esitazione. E bastò a Paul per cogliere il punto debole nell’equilibrio del suo avversario. Colpì una gamba e lo fece crollare. Ora le posizioni erano invertite: Feyd-Rautha giaceva sotto di lui, il fianco destro in alto, incapace di muoversi perché l’ago, sul fianco sinistro, si era conficcato nel pavimento.