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«Prima un rivolo d’acqua, poi più niente» rispose Yueh.

«Wellington, è proprio questo il mistero! C’è dell’acqua laggiù. Il pozzo si prosciuga e l’acqua non ricompare più. E tuttavia, una successiva trivellazione nelle vicinanze dà l’identico risultato: un rivolo d’acqua, che subito scompare. Possibile che nessuno abbia mai provato curiosità per questo fenomeno?»

«Sì, è strano» ammise Yueh. «Sospettate la presenza di qualche essere vivente? I campioni estratti dal terreno l’avrebbero rivelato.»

«Che cosa avrebbero rivelato? Una pianta locale… o un animale? E come identificarli?» Lo sguardo di Jessica ritornò nuovamente al declivio. «L’acqua si ferma, qualcosa ne blocca l’uscita. Ne sono convinta.»

«Forse il mistero è già stato chiarito» disse Yueh. «Gli Harkonnen hanno censurato molte fonti d’informazione su Arrakis. Forse avevano qualche ragione per sopprimere anche questa.»

«E quale ragione?» replicò Jessica. «Inoltre c’è l’umidità atmosferica; non molta, certo, ma c’è. È la fonte più importante d’acqua, su Arrakis, quella che viene catturata dalle trappole a vento e dai precipitatori. Da dove viene?»

«Dalle calotte polari?»

«L’aria fredda porta con sé ben poca umidità, Wellington. Dietro il fitto velo steso dagli Harkonnen, vi sono molte cose che meritano di essere esplorate più a fondo. E non tutte direttamente legate alla spezia.»

«Certo, siamo avvolti dal velo degli Harkonnen. Forse noi…» s’interruppe: Jessica gli aveva piantato gli occhi addosso. «Qualcosa che non va?»

«Il modo con cui hai detto ’Harkonnen’» disse lei. «Neppure la voce del mio Duca è tanto carica di veleno, quando pronuncia quel nome odiato. Non sapevo che tu avessi qualche ragione speciale per detestarli, Wellington.»

Grande Madre! pensò Yueh. Ho risvegliato i suoi sospetti! Ora dovrò usare tutti i trucchi che la mia Wanna mi ha insegnato. C’è una sola soluzione: dirle il più possibile della verità.

«Non sapevate che mia moglie, la mia Wanna…» Scrollò le spalle: la gola gli si era stretta all’improvviso. Balbettò: «Essi…»

Le parole non volevano uscire. Sentì il panico impadronirsi di lui, chiuse gli occhi; li strinse, sentì un dolore acuto al petto, soltanto quello, finché una mano gli sfiorò gentilmente il braccio.

«Perdonami» mormorò Jessica, «non volevo riaprire una vecchia ferita.» Quei mostri! pensò. Sua moglie era una Bene Gesserit. I segni sono dovunque, in lui. Ed è evidente che gli Harkonnen l’hanno uccisa. Yueh è un’altra vittima, un altro sventurato legato agli Atreides da un cherem, da un desiderio di vendetta.

«Mi spiace» riprese Yueh, «ma non riesco a parlarne» aprì gli occhi, abbandonandosi alla sofferenza interiore. Questa, almeno, era vera. Jessica studiò il suo viso, gli zigomi alti e acuti, il riflesso d’oro zecchino nei suoi occhi a mandorla, la carnagione color burro, i baffi simili a spaghi che pendevano come due parentesi ai lati delle labbra purpuree, il mento aguzzo. Le rughe sulle guance e sulla fronte erano dovute più al dolore che all’età. Provò un profondo affetto per l’uomo.

«Wellington, mi dispiace che ti abbiamo portato su questo mondo pericoloso» gli disse.

«Ci sono venuto di mia spontanea volontà» ribatté Yueh. E anche questo era vero.

«Ma questo pianeta è un’unica, immensa trappola degli Harkonnen. Anche tu lo sai!»

«Ci vorrà molto più di una trappola per catturare il Duca Leto» replicò Yueh. E, ancora una volta, anche questo era vero.

«Forse dovrei avere più fiducia in lui» fece Jessica. «È un brillante stratega.»

«Ci hanno sradicati dal nostro mondo. È per questo che siamo così inquieti.»

«Ed è così facile uccidere una pianta sradicata… Specialmente quand’è trapiantata in un terreno ostile.»

«Siamo certi che il terreno sia ostile?»

«Vi sono state ribellioni per l’acqua quando hanno saputo quante persone il Duca avrebbe aggiunto alla loro gente. Si sono calmati soltanto quando hanno saputo che avremmo aggiunto trappole a vento e precipitatori per il nuovo fabbisogno.»

«C’è solo una data quantità d’acqua, su Arrakis, per sostentare la vita» disse Yueh. «La gente sa fin troppo bene che se altri vengono a berla, il prezzo dell’acqua salirà e i più poveri moriranno. Ma il Duca ha risolto questo problema. Le ribellioni non significano affatto un’ostilità permanente nei suoi confronti.»

«E le guardie?» ribatté Jessica. «Guardie dappertutto. E scudi. Si coglie il loro tremolio dovunque si guardi. Non vivevamo certo così, su Caladan.»

«Lasciate una possibilità a questo pianeta.»

Ma Jessica continuò a guardare fuori dalla finestra, con occhi duri. «Questo luogo puzza di morte. Hawat ha inviato qui un battaglione di agenti in avanscoperta. Quelle guardie là fuori sono i suoi uomini. E anche gli scaricatori. Vi sono stati importanti prelievi di denaro dal tesoro, senza una spiegazione. Significano soltanto una cosa: corruzione di potenti.» Scosse il capo. «Dovunque vada Thufir Hawat, subito l’accompagnano morte e inganno.»

«Lo state insultando?»

«Insultando? Sto tessendo le sue lodi! La morte e l’inganno sono la nostra unica speranza, qui. Soltanto, non mi illudo sui metodi di Thufir.»

«Dovreste… Trovate qualcosa da fare» disse Yueh. «Non passereste tutto il tempo con questi morbosi…»

«Qualcosa da fare! Che cosa mi tiene occupata la maggior parte del tempo, Wellington? Io sono la segretaria del Duca; ho tanto da fare che ogni giorno imparo cose nuove di cui aver paura… cose che lui non sospetta che io sappia.» Strinse le labbra e parlò con un filo di voce: «A volte mi chiedo quanto abbia influito il mio addestramento Bene Gesserit nella sua scelta».

«Che cosa volete dire?» L’avevano colpito quell’amarezza, quel cinismo insoliti in lei.

«Wellington, non pensi che una segretaria legata dall’amore sia infinitamente più sicura?»

«È un pensiero indegno di voi, Jessica.»

Il rimprovero gli era salito spontaneamente alle labbra. Nessun dubbio era possibile sui sentimenti del Duca verso la sua concubina. Bastava guardarlo quando la seguiva con gli occhi.

Lei sospirò. «Hai ragione, non è degno di me.»

Ancora una volta incrociò le braccia sul petto, premendo il cryss contro la pelle,

e pensando all’opera ancora incompiuta che esso rappresentava.

«Presto ci sarà spargimento di sangue» continuò. «Gli Harkonnen non avranno pace finché non avranno distrutto il mio Duca, o non li avremo completamente sterminati. Il Barone non può dimenticare che Leto è cugino del sangue reale (non importa di quale grado) mentre la nobiltà degli Harkonnen è nata tra i fatturati della CHOAM. Ma l’autentico veleno, instillato nelle profondità della sua mente, è la consapevolezza che fu un Atreides a bandire un Harkonnen per codardia dopo la Battaglia di Corrin.»

«L’antica faida» mormorò Yueh. Per un attimo, sentì l’acre sapore dell’odio. L’antica faida che aveva imprigionato anche lui nella sua tela, e che aveva ucciso la sua Wanna… o, peggio ancora, l’aveva lasciata agli Harkonnen perché la torturassero finché lui non avesse eseguito il loro ordine. La faida l’aveva imprigionato, e tutta questa gente intorno a lui faceva parte di quell’antica trappola velenosa. Quale ironia che tutto quell’odio mortale fosse destinata a fiorire pienamente qui, su Arrakis, unica fonte in tutto l’universo del melange, la droga della salute che prolungava la vita!