Halleck aggrottò le sopracciglia, all’altra estremità del tavolo, e colse un’espressione ugualmente accigliata sul viso di Paul. Tutti gli altri sorridevano e approvavano.
È un errore, disse Paul, tra sé. Farà solo combattere gli altri più accanitamente. Non avranno nulla da guadagnare ad arrendersi.
Era al corrente di quanto consentiva l’accordo del kanly, ma questo era il tipo di ritorsione che poteva distruggerli nel medesimo istante in cui dava ad essi la vittoria.
«’Ero uno straniero in terra straniera’» citò Halleck.
Paul lo fissò, riconoscendo la citazione della Bibbia C.O., e si chiese: Forse anche Gurney vorrebbe por fine agli intrighi?
Il Duca fissò l’oscurità fuori della finestra, poi si voltò verso Halleck. «Gurney, quanti lavoratori della sabbia sei riuscito a convincere a restare con noi?»
«Duecentottantasei in tutto, signore. Penso che dovremo accettarli e considerarci fortunati. Appartengono tutti alle categorie più utili.»
«Così pochi?» Il Duca strinse le labbra. Quindi: «Bene, allora fai dire a tutti…»
Fu interrotto da un rumore fuori della porta. Duncan Idaho entrò, facendosi largo tra le guardie e precipitandosi a bisbigliare nell’orecchio del Duca.
Leto lo scostò. «Parla a voce alta, Duncan. Come puoi vedere, qui c’è tutto lo stato maggiore.»
Paul fissò Idaho, studiandone i movimenti felini, la rapidità dei riflessi che lo rendeva un ineguagliabile maestro d’armi. Il volto abbronzato di Idaho si voltò verso Paul; quei suoi occhi che sembravano risplendere nel profondo di due caverne non diedero segno di averlo riconosciuto, ma Paul riconobbe la calma forzata che dissimula a stento l’eccitazione. Idaho esplorò con lo sguardo il tavolo in tutta la sua lunghezza, e annunciò: «Abbiamo sorpreso un distaccamento di mercenari Harkonnen travestiti da Fremen. Sono stati gli stessi Fremen a inviarci un corriere per avvertirci di questo inganno. Durante l’attacco, tuttavia, abbiamo scoperto che gli Harkonnen avevano teso un agguato al corriere dei Fremen, ferendolo gravemente. Lo stavamo trasportando fin qui per farlo curare dai nostri medici, ma è morto. L’uomo era in condizioni disperate: mi sono fermato per tentare di salvarlo, e l’ho sorpreso mentre tentava di gettare via qualcosa» Idaho fissò Leto negli occhi «un coltello, mio Signore, un coltello di foggia mai vista».
«Un cryss?» chiese qualcuno.
«Senza dubbio» confermò Idaho. «Color bianco latteo, e risplendente di luce propria come…» Infilò la mano nella tunica e ne estrasse un fodero dal quale sporgeva un’impugnatura striata di nero.
«Lascia quella lama nel fodero!»
L’ordine imperioso era giunto dalla porta in fondo alla stanza: una voce vibrante e penetrante che li fece balzare in piedi e voltarsi di scatto.
Una figura alta e paludata era in piedi sulla soglia, dietro le spade incrociate delle guardie. La veste era color del bronzo e rivestiva completamente l’uomo, fatta eccezione per un’apertura del cappuccio, velata di nero, che lasciava scoperti due occhi completamente azzurri, senza la minima traccia di bianco.
«Lasciatelo entrare» mormorò Idaho.
«Fate passare quell’uomo» ordinò il Duca.
Le guardie esitarono, poi abbassarono le spade.
L’uomo attraversò rapidamente la stanza e si fermò davanti al Duca.
«Questi è Stilgar, il capo del sietch che ho visitato» disse Idaho. «Uno dei suoi uomini ci ha avvertito dell’inganno.»
«Benvenuto, signore» disse Leto. «Perché non dovremmo togliere il coltello dal fodero?»
Lo sguardo di Stilgar era fisso su Idaho. Disse: «Tu hai scrupolosamente osservato, tra noi, i costumi dell’onestà e della purezza. Io ti consentirò di guardare la lama dell’uomo al quale hai mostrato la tua amicizia». I suoi occhi scivolarono sul resto dell’assemblea: «Ma non a costoro. Vuoi che infanghino un’arma onorevole?»
«Io sono il Duca Leto» disse il Duca. «Mi consentite di guardare la lama?»
«Io consento che voi vi guadagnate il diritto di estrarla dal fodero» replicò Stilgar, e mentre un mormorio di protesta si alzava nella stanza, alzò una mano sottile, venata di scuro. «Vi ricordo che questa è la lama di un uomo che vi ha offerto la sua amicizia.»
Vi fu un attimo di sospensione. Paul studiò l’uomo e percepì il potere che s’irradiava da lui. Era un condottiero… un condottiero Fremen!
Un uomo al centro della tavola, sul lato opposto a quello di Paul, mormorò: «Chi è lui per dirci quali diritti abbiamo su Arrakis?»
«È stato detto che il Duca Leto governa col consenso dei suoi sudditi» ribatté il Fremen. «Così devo spiegarvi qual è per noi il punto: una certa responsabilità incombe su coloro che hanno visto un cryss» lanciò una cupa occhiata a Idaho: «Essi ci appartengono. Non possono lasciare Arrakis senza il nostro consenso».
Halleck e alcuni altri fecero il gesto di alzarsi, infuriati. Halleck ringhiò: «Spetta al Duca decidere…»
«Un momento, prego» l’interruppe Leto e il suono della sua voce li fermò. La situazione non deve sfuggirci di mano, pensò. Si rivolse al Fremen: «Signore, io onoro e rispetto la dignità personale di chiunque rispetti la mia. Io ho contratto un debito con voi. Io pago sempre i miei debiti. Se è vostro costume che questo coltello debba restare, qui, nel fodero, ebbene, sono io, allora, a ordinare che vi rimanga. E se esiste qualche altro modo, per noi, di onorare l’uomo che è morto al nostro servizio, ebbene, voi dovete soltanto dirlo».
Il Fremen fissò il Duca, poi lentamente scostò il velo, rivelando un naso sottile, una bocca dalle labbra tumide e una barba d’un nero brillante. Deliberatamente, si chinò sopra il tavolo e sputò sulla superficie liscia.
Mentre tutti gli uomini intorno al tavolo stavano per balzargli addosso, la voce di Idaho tuonò: «Fermi!»
Nell’atmosfera improvvisamente carica di tensione, Idaho disse: «Ti ringraziamo, Stilgar, per il dono dell’umidità del tuo corpo. Lo accettiamo nello spirito con cui è stato offerto». E Idaho a sua volta sputò sul tavolo, davanti al Duca. E aggiunse, all’indirizzo di quest’ultimo: «L’acqua è preziosa su questo pianeta, Signore. Questo è un segno di rispetto».
Leto si rilassò sulla sedia e colse lo sguardo di Pauclass="underline" c’era un sorriso amaro sul volto del figlio. Ma ugualmente sentì che la tensione stava allentandosi, man mano i suoi uomini capivano.
Il Fremen fissò Idaho: «Ti sei condotto assai bene nel mio sietch, Duncan Idaho. C’è forse un legame di lealtà fra te e il Duca?»
«Mi sta chiedendo di mettermi al suo servizio, signore» disse Idaho.
«Accetterebbe una duplice lealtà?» chiese Leto.
«Desiderate che io vada con lui, signore?»
«Desidero che sia tu a decidere» disse Leto, e non riuscì a dissimulare la tensione della voce.
Idaho studiò il Fremen. «Mi accetteresti in queste condizioni, Stilgar? Ci saranno dei momenti in cui dovrò ritornare a servire il mio Duca.»
«Hai combattuto bene, e hai fatto del tuo meglio per il nostro amico» replicò Stilgar. Si voltò verso Leto: «Facciamo così: l’uomo Idaho conserverà il cryss che stringe in mano come segno della sua lealtà verso di noi. Dovrà essere purificato, naturalmente, e i riti dovranno essere osservati, ma questo può essere fatto. Sarà allo stesso tempo Fremen e soldato degli Atreides. C’è un precedente a questo: Liet serve due padroni».
«Duncan?» chiese Leto.
«Capisco, signore.»
«Allora, siamo d’accordo.»
«La tua acqua è nostra, Duncan Idaho» disse Stilgar. «Il corpo del nostro amico rimane al Duca. La sua acqua apparterrà agli Atreides. È un legame fra noi.»
Leto sospirò e lanciò un’occhiata a Hawat, cogliendo lo sguardo del vecchio Mentat. Hawat annuì: aveva un’espressione compiaciuta.