«Aspetterò qui sotto che Idaho si congedi dai suoi amici» riprese Stilgar. «Turok era il nome del nostro amico morto. Ricordatelo, quando sarà il momento di liberare il suo spirito. Voi siete amici di Turok.»
Si voltò per uscire.
«Non volete fermarvi con noi?» domandò Leto.
Il Fremen lo guardò, sistemò il velo davanti al viso con gesto disinvolto, mettendo qualcosa a posto sotto di esso. Paul colse l’immagine di un tubo sottile.
«C’è una ragione perché io resti?» chiese il Fremen.
«Vorremmo onorarvi» spiegò il Duca.
«L’onore esige che io sia altrove» disse il Fremen. Lanciò un’altra occhiata a Idaho, si voltò e uscì a grandi passi, superando le guardie.
«Se gli altri Fremen sono come lui, faremo grandi cose insieme» disse il Duca.
Idaho replicò, in tono asciutto: «È un buon esempio, signore».
«Hai ben capito quello che dovrai fare, Duncan?»
«Sarò il vostro ambasciatore presso i Fremen, signore.»
«Molto dipende da te, Duncan. Ci occorreranno almeno cinque battaglioni di questa gente, prima dell’arrivo dei Sardaukar.»
«Questo richiederà un certo lavoro, Signore. I Fremen sono molto indipendenti.» Idaho esitò. «E c’è un’altra cosa. Uno dei mercenari che abbiamo abbattuto cercava di strappare questa lama al nostro amico Fremen che è morto. Il mercenario ha detto che c’è un premio di un milione di solari al primo uomo che procuri agli Harkonnen anche un solo cryss.»
Leto si raddrizzò, sorpreso. «Perché mai desiderano a tal punto una di queste lame?»
«Il coltello è un dente affilato del verme delle sabbie. È l’emblema dei Fremen, Signore. Con esso, un uomo dagli occhi azzurri potrebbe penetrare in qualsiasi sietch. Io verrei imprigionato e sottoposto a un duro interrogatorio, se non fossi conosciuto. Io, infatti, non ho l’aspetto di un Fremen. Ma…»
«Piter de Vries» disse il Duca.
«Un uomo dall’astuzia diabolica, mio Signore» confermò Hawat.
Idaho fece scivolare il coltello col suo fodero sotto la tunica.
«Difendi quel coltello» gl’intimo il Duca.
«Capisco, mio Signore.» Accarezzò il trasmettitore appeso alla cintura. «Vi invierò un rapporto il più presto possibile. Thufir ha il mio numero di codice. Usate il linguaggio da battaglia.» Salutò, si voltò e si affrettò dietro Stilgar.
I suoi passi risuonarono a lungo nel corridoio. Il Duca e Hawat si scambiarono un’occhiata. Sorrisero.
«Abbiamo molto da fare, signore» disse Halleck.
«E io vi distraggo dai vostri compiti» replicò il Duca.
«Ho i rapporti sulle basi avanzate» riprese Hawat. «Volete ascoltarli la prossima volta, signore?»
«Ci vorrà molto?»
«In poche parole, signore, si dice tra i Fremen che vi fossero più di duecento di queste basi avanzate, costruite su Arrakis durante il periodo in cui l’intero pianeta era una Stazione Sperimentale Botanica del Deserto. Sembra che tutte siano state abbandonate, ma alcuni rapporti indicano che sono state sigillate, prima.»
«L’equipaggiamento è ancora all’interno?»
«Sì, secondo i rapporti di Duncan.»
«Dove si trovano?» domandò Halleck.
«La risposta è invariabilmente: ’Liet lo sa’» disse Hawat.
«Dio lo sa» mormorò Leto.
«Forse no, signore» replicò Hawat. «Anche voi avete sentito che Stilgar ha usato quel nome. Forse si riferiva a una persona che esiste veramente.»
«Servire due padroni» fece Halleck. «Sembra una citazione religiosa.»
«Tu dovresti saperlo» disse il Duca.
Halleck sorrise.
«Questo Arbitro del Cambio» riprese Leto, «l’ecologo imperiale, Kynes… non dovrebbe sapere dove si trovano le basi?»
«Signore» lo mise in guardia Hawat, «questo Kynes è un servo dell’Impero.»
«Ma è così lontano dall’Imperatore…» ribatté Leto. «Io voglio quelle basi. Sono senz’altro piene di materiale che possiamo recuperare e utilizzare per riparare le nostre macchine.»
«Signore! Quelle basi sono ancora legalmente un feudo dell’Imperatore!»
«Il clima, qui, è abbastanza selvaggio da distruggere tutto» disse il Duca. «Possiamo sempre incolpare il clima. Cercate questo Kynes, o almeno informatevi se queste basi esistono veramente.»
«Potrebbe essere pericoloso impadronirsene» replicò Hawat. «Duncan è stato esplicito: queste basi, o l’idea che esse rappresentano, hanno un significato profondo per i Fremen. Toccando quelle basi, ce li faremo nemici.»
Paul guardò i volti degli uomini che lo circondavano, vide l’attenzione con la quale seguivano ogni parola. Sembravano profondamente scossi dall’atteggiamento di suo padre.
«Ascoltalo, Padre» disse Paul a voce bassa. «Dice la verità.»
«Signore» proseguì Hawat, «quelle basi potrebbero fornirci il materiale indispensabile a riparare ogni macchina che ci è stata lasciata, e tuttavia, per ragioni strategiche, potrebbero risultare al di fuori della nostra portata. Sarebbe azzardato muoverci senza saperne molto di più. Questo Kynes ha l’autorità di un Giudice dell’Impero, non dobbiamo dimenticarcene. E i Fremen gli obbediscono.»
«In questo caso, usate la massima delicatezza» disse il Duca. «Voglio soltanto sapere se queste basi esistono.»
«Come voi volete, Signore.» Hawat tornò a sedersi e abbassò gli gli occhi.
«Benissimo» continuò il Duca. «Noi tutti sappiamo quello che ci aspetta: molto lavoro. Siamo allenati a questo. Abbiamo una certa esperienza. Sappiamo qual è il premio e conosciamo perfettamente i rischi. Ciascuno di voi ha i suoi compiti.» Fissò Halleck. «Gurney, prima di tutto risolvi la questione dei contrabbandieri.»
«’Andrò dai ribelli che abitano la terra arida’» intonò Halleck.
«Un giorno ti coglierò senza una citazione e sembrerai nudo!» esclamò il Duca.
Vi furono risate intorno al tavolo, ma Paul sentì lo sforzo dietro di esse.
Il Duca si voltò verso Hawat: «Thufir, organizza un altro posto di comando per le comunicazioni e le informazioni, su questo piano dell’edificio. Quando sarà pronto, voglio vederti».
Hawat si alzò, gettò uno sguardo intorno alla stanza come cercando un appoggio. Poi si voltò e si diresse verso l’uscita. Tutti gli altri si alzarono in gran fretta, con un frastuono di sedie smosse e gli si precipitarono dietro in disordine.
Tutto finisce nella confusione, pensò Paul. I suoi occhi fissarono la schiena degli ultimi che uscivano. In tutte le precedenti occasioni, le riunioni si erano concluse in un’atmosfera decisa, incisiva. Qui, tutto sembrava essersi afflosciato, consunto dalle sue stesse insufficienze e dalla mancanza di accordo.
Per la prima volta, Paul prese in considerazione la concreta possibilità di una sconfitta… non perché avesse paura o a causa degli avvertimenti della Reverenda Madre. Egli semplicemente affrontava quest’idea dopo aver valutato personalmente la situazione.
Mio padre è disperato, disse tra sé. Le cose non vanno affatto bene per noi.
E Hawat. Si ricordò all’improvviso di come il vecchio Mentat si fosse comportato durante la conferenza: impercettibili esitazioni, segni d’inquietudine. Hawat era profondamente preoccupato.
«È meglio che tu rimanga qui per questa notte, figlio mio» disse il Duca. «In ogni caso, manca poco all’alba. Informerò tua madre.» Si alzò in piedi lentamente, rigido. «Perché non avvicini quelle sedie e non ti distendi a riposare un po’?»
«Non sono stanco, Padre.»
«Come vuoi.»
Il Duca incrociò le mani dietro la schiena e cominciò a passeggiare su e giù accanto al tavolo.