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Com’è tipica di un feudo Harkonnen, pensò il Duca, qualsiasi degradazione che la mente umana riesca a concepire! Respirò a fondo; sentì la rabbia afferrarlo allo stomaco.

«Questa usanza finisce qui» mormorò.

Vide una cameriera (una di quelle vecchie asciutte e rugose che la governante aveva raccomandato) che si dirigeva verso l’ingresso delle cucine, davanti a lui. Il Duca alzò la mano e le fece un cenno. La cameriera uscì dall’ombra, scivolando lungo la tavola per raggiungerlo. Il Duca notò il suo viso, simile al cuoio, e gli occhi azzurri sul fondo azzurro.

«Il mio Signore desidera?» Teneva la testa abbassata, gli occhi socchiusi.

Il Duca fece un rapido gesto: «Porta via questi catini e questi asciugamani!»

«Ma… Nobile Nato…» alzò la testa e lo fissò, a bocca aperta.

«Conosco l’usanza» gridò il Duca. «Porta subito questi catini alla porta d’ingresso. Durante il banchetto, finché non sarà finito, tutti i mendicanti che verranno riceveranno una tazza piena d’acqua. Hai capito?»

Il suo viso simile al cuoio rivelò un turbine di emozioni: delusione, rabbia… Improvvisamente il Duca intuì che la donna aveva previsto di vendere l’acqua spremendola da quegli asciugamani calpestati, strappando qualche moneta ai miserabili che si fossero presentati alla porta. Forse anche questa era un’usanza.

Il suo volto si rabbuiò e ringhiò: «Metterò un uomo di guardia per assicurarmi che i miei ordini siano rispettati».

Si voltò di scatto e percorse a lunghi passi il corridoio che portava alla Grande Sala. I ricordi si agitavano nella sua mente, confusi come il mormorio di vecchie donne sdentate. Sconfinate distese d’acqua, di onde; giorni d’erba e non giorni di sabbia, e tutte le estati risplendenti che gli erano passate accanto in un attimo, come foglie nell’uragano.

Tutto finito.

Divento vecchio, pensò. Ho sentito la mano gelida della morte. E dove l’ho mai sentita? Nella rapacità di una vecchia!

Nella Grande Sala, Lady Jessica era al centro di un folto gruppo intorno al caminetto, dove crepitava un grande fuoco che illuminava di riflessi arancione i gioielli, i merletti, i tessuti preziosi. Riconobbe nel gruppo un fabbricante di tute distillanti di Carthag, un importatore di apparecchi elettronici, un convogliatore d’acqua la cui dimora estiva sorgeva accanto ai suoi impianti nella zona polare, un rappresentante della Banca della Gilda (magro e distaccato, come sempre), un commerciante di pezzi di ricambio per le apparecchiature estrattive della spezia, una donna sottile, dai lineamenti duri, il cui servizio di accompagnamento per i visitatori provenienti da altri pianeti era notoriamente una copertura per operazioni di contrabbando, spionaggio e ricatto.

La maggior parte delle donne nella Sala sembrava prodotta da un unico stampo, per uno scopo preciso: decorative, perfette fin nei minimi dettagli, una strana mescolanza di virtù intoccabile e di sensualità.

Anche senza il suo rango di padrona di casa, Jessica avrebbe dominato il gruppo. Non portava alcun gioiello e si era rivestita di toni caldi: il lungo vestito risplendeva quasi di un color fiamma e un nastro bruno come la terra era annodato intorno ai capelli color del bronzo.

Leto capì che lei voleva rimproverarlo, in questo modo elusivo, per la sua recente freddezza. Sapeva che lui la preferiva così vestita, una sinfonia di colori intensi.

Leggermente in disparte, Duncan Idaho, nella sua uniforme scintillante, il volto impassibile, i capelli neri e riccioluti perfettamente pettinati. Aveva lasciato i Fremen per ordine di Hawat: «Col pretesto di proteggerla, terrai Lady Jessica sotto continua sorveglianza».

Il Duca si guardò intorno.

In un angolo della sala, Paul era circondato da un gruppo di giovani delle famiglie più ricche di Arrakeen. A poca distanza, tre ufficiali della Casa. Il Duca osservò in particolare le fanciulle. Un ricco bottino di caccia per un erede ducale! Ma Paul trattava tutte allo stesso modo, nobilmente riservato.

Porterà bene il titolo, pensò il Duca, e con un brivido capì che anche questo era un pensiero di morte.

Paul scorse il padre sulla soglia ed evitò il suo sguardo. Osservò invece il gruppo degli invitati, le mani ingioiellate strette intorno ai bicchieri (e la discreta sorveglianza dei minuscoli rivelatori di veleni dissimulati tutto intorno). Paul provò un improvviso disgusto per tutte quelle bocche instancabili. Non erano altro che maschere a buon mercato, le quali nascondevano pensieri infetti: voci blateranti che si alzavano per cancellare lo squallido silenzio dei loro cuori.

Sono d’umor nero, pensò Paul, e si chiese che cosa avrebbe detto Gurney in proposito.

Conosceva l’origine di questa amarezza. Non avrebbe voluto partecipare a quella serata formale, ma suo padre era stato inflessibile: «Tu hai un rango, una posizione da difendere. Sei abbastanza adulto per farlo. Sei quasi un uomo, ormai».

Paul vide suo padre avanzare, ispezionare rapidamente la sala e quindi avvicinarsi al gruppo che circondava Lady Jessica.

Mentre Leto si avvicinava, il convogliatore d’acqua stava chiedendo: «È vero che il Duca vuole istituire un controllo del clima?»

«I miei progetti non giungono fino a questo punto» disse la voce del Duca, dietro le sue spalle.

L’uomo si voltò e lo fissò col suo viso tondo e abbronzato. «Ah, il Duca. Sentivamo la vostra mancanza.»

Leto guardò Jessica: «C’era una cosa che andava fatta». Rivolse nuovamente la sua attenzione al convogliatore d’acqua e descrisse quanto aveva deciso per le due bacinelle. «Per quanto mi riguarda, quella vecchia usanza finisce qui.»

«È un ordine ducale, mio Signore?»

«Lo lascio alla vostra… ah… coscienza» disse il Duca. Si voltò, poiché aveva visto Kynes avvicinarsi al gruppo.

«Penso che sia un gesto molto generoso» interloquì una delle donne del gruppo, «offrire acqua a…» Qualcuno la zittì.

Il Duca studiò Kynes, osservando che il planetologo indossava una uniforme bruno-scura, di vecchio stampo, con le spalline del Servizio Imperiale e una microscopica goccia d’oro sul colletto, che indicava il suo rango.

Il convogliatore d’acqua insistette con acrimonia: «Il Duca intende forse criticare i nostri costumi?»

«Questo costume è stato cambiato» replicò Leto. Salutò Kynes con un lieve cenno del capo e notò che Jessica si era accigliata. Aggrottare le sopracciglia non è da lei, pensò, ma servirà ad alimentare le voci di un attrito fra noi.

«Col permesso del Duca» riprese il convogliatore d’acqua, «vorrei approfondire il discorso sui costumi.»

Leto percepì l’improvvisa untuosità della sua voce e il silenzio del gruppo, mentre tutte le teste, nella sala, si volgevano verso di loro.

«Non è quasi l’ora di cena?» disse Jessica.

«Ma il nostro ospite ci ha posto una domanda» rispose Leto. E guardò il convogliatore d’acqua, mentre quel viso rotondo, i grandi occhi e le labbra tumide gli richiamavano alla mente il rapporto di Hawat: «…e questo convogliatore d’acqua è un uomo da sorvegliare. Ricordate il suo nome: Lingar Bewt. Gli Harkonnen l’hanno usato, ma senza mai controllarlo completamente».

«Le usanze relative all’acqua sono così interessanti» disse Bewt, e un sorriso si disegnò sul suo volto. «Sono curioso di sapere cosa intendete fare della serra annessa a questa casa. Continuerete per molto a ostentarla davanti a tutti… mio Signore?»