La risposta obliqua risvegliò in lui un più alto livello di percezione: Sabbia attraverso un setaccio. Annuì.
«Noi Bene Gesserit setacciamo la gente per scoprire gli esseri umani.»
Paul sollevò la mano destra, rievocando il dolore. «Ed è tutto qui?»
«Ti ho osservato mentre affrontavi il dolore, ragazzo. Il dolore è soltanto il veicolo della prova. Tua madre ti ha parlato del nostro modo di osservare: vedo in te i segni del suo insegnamento. La nostra prova consiste nel cagionare una crisi, e osservare.»
Il tono di voce della vecchia confermava quanto stava dicendo. «È vero!» esclamò lui.
Lei lo fissò. Ha percepito la verità! Che sia lui quello che cerchiamo? Frenò la sua eccitazione, ricordando a se stessa: «La speranza offusca l’osservazione».
«Tu sai capire quando la gente crede in ciò che dice» chiese poi.
«Sì.»
Nella voce del ragazzo c’era il tono di chi parla per acquisita esperienza, e sempre con esiti positivi; la vecchia lo avvertì pienamente, e disse: «Potresti essere davvero lo Kwisatz Haderach. Siediti, fratellino, qui ai miei piedi».
«Preferisco restare come sono.»
«Tua madre si sedeva ai miei piedi, una volta.»
«Io non sono mia madre.»
«Ci detesti un po’, non è vero?» La vecchia si voltò verso la porta e chiamò: «Jessica!»
La porta si spalancò e Jessica era lì in piedi che fissava con occhi di ghiaccio l’interno della stanza. Il ghiaccio si sciolse quando vide Paul. Riuscì a sorridere debolmente.
«Jessica» domandò la vecchia, «hai mai smesso di odiarmi?»
«Vi amo e vi odio insieme» rispose Jessica. «L’odio… è dovuto al dolore che non devo mai dimenticare. L’amore e…»
«Soltanto i fatti» l’interruppe la vecchia, ma la sua voce era dolce. «Ora puoi entrare, ma rimani in silenzio. Chiudi quella porta e assicurati che nessuno c’interrompa.»
Jessica scivolò nella stanza, chiuse la porta e restò immobile, appoggiata ad essa. Mio figlio vive, pensava. Mio figlio vive… ed è un essere umano. Io lo sapevo… ma… vive! Adesso anch’io posso continuare a vivere. La superficie della porta era dura e concreta contro la sua schiena. Tutto quello che si trovava nella stanza era immediato e le urgeva contro i sensi.
Mio figlio vive!
Paul fissò la madre. Ha detto la verità. Voleva andarsene, restar solo a meditare su questa esperienza, ma non poteva farlo finché non l’avessero congedato: la vecchia aveva acquisito su di lui una sorta di potere. Tutt’e due hanno detto la verità. Anche sua madre era stata sottoposta a una prova identica. Dietro tutto ciò, Paul intuiva qualcosa: uno scopo terribile… terribili erano stati il dolore e la paura. E Paul conosceva gli scopi terribili: quelli perseguiti anche se hanno tutte le carte contro, quelli che traggono da se stessi la propria necessità. Paul sentiva che uno scopo terribile era stato inoculato anche in lui. Ma non sapeva ancora quale fosse questo terribile scopo.
«Un giorno, ragazzo» disse la vecchia, «dovrai forse anche tu restar fuori di una porta come quella. Ci vuole molta forza per farlo.»
Paul guardò la mano che aveva sperimentato il dolore, poi alzò gli occhi verso la Reverenda Madre. Il suono di quelle parole era diverso da qualsiasi altra voce da lui udita prima. Parole splendide, sonore, taglienti. Sentì che, qualsiasi domanda avesse fatto, avrebbe ricevuto una risposta tale da elevarlo dal suo mondo di carne a un universo più grande.
«Perché cercate gli esseri umani?» domandò.
«Per liberarli.»
«Liberarli?»
«Un tempo gli uomini dedicavano il proprio pensiero alle macchine, nella speranza che esse li avrebbero liberati. Ma questo consentì ad altri uomini di servirsi delle macchine per renderli schiavi.»
«’Non costruirai una macchina a somiglianza della mente di un uomo’» citò Paul.
«Così dice la Bibbia Cattolica Orangista, e così fu ripetuto dal Jihad Butleriano» assentì la vecchia. «Ma in realtà la Bibbia C.O. avrebbe dovuto dire: ’Non costruirai una macchina che contraffaccia la mente di una persona umana’. Non hai mai studiato il Mentat al servizio della tua Casa?»
«Ho studiato con Thufir Hawat.»
«La Grande Rivolta ci ha liberati da una stampella» dichiarò la vecchia. «Ha costretto la mente umana a svilupparsi. Furono fondate scuole per sviluppare il talento umano.»
«Le scuole Bene Gesserit?»
La vecchia annuì. «Due grandi scuole sopravvivono: il Bene Gesserit e la Gilda Spaziale. La Gilda, così noi pensiamo, concentra ogni suo sforzo nella matematica pura. Il Bene Gesserit svolge altre funzioni.»
«Politiche» aggiunse Paul.
«Kull wahad!» esclamò la vecchia lanciando un’occhiataccia a Jessica.
«Non gliel’ho detto io, Vostra Reverenza» Jessica si difese.
La Reverenda Madre rivolse nuovamente la sua attenzione a Paul. «Ti sono bastati ben pochi indizi!» replicò. «Politiche, proprio così. In origine, la scuola Bene Gesserit era diretta da coloro che intuirono quanto fosse necessaria una continuità nelle vicende umane. Si accorsero che una simile continuità non si poteva creare senza separare il ceppo umano da quello animale… per ragioni di allevamento.»
Le parole della vecchia avevano perso all’improvviso, per Paul, il suono particolare, cristallino. Provava un’offesa in quello che sua madre aveva chiamato il suo istinto per la sincerità. Non che la Reverenda Madre gli stesse mentendo. Ovviamente, la vecchia credeva in quello che diceva. Era qualcosa di più profondo, qualcosa legato al terribile scopo della sua esistenza.
Disse: «Ma mia madre mi ha detto che molte Bene Gesserit delle scuole ignorano la propria genealogia».
«Le ascendenze genetiche compaiono sempre nel Registro delle Unioni» replicò lei. «Tua madre, per esempio, sa che la sua ascendenza o è Bene Gesserit, o è accettabile così com’è.»
«Allora, perché non ha mai saputo chi fossero i suoi genitori?»
«Alcuni li conoscono… altri no. Per esempio, avremmo potuto desiderare di accoppiarla con un consanguineo per far affiorare un carattere genetico come dominante. Abbiamo molte ragioni.»
Ancora una volta, Paul si sentì offeso nel suo istinto per la sincerità. Dichiarò: «Sono molte le cose che decidete da sole!»
La Reverenda Madre lo fissò, chiedendosi: C’era della critica nella sua voce? «Il nostro fardello è molto pesante» replicò.
Paul sentì che stava riavendosi completamente dallo shock della prova appena sostenuta. La fissò con uno sguardo acuto. «Avete affermato che forse io sono lo… Kwisatz Haderach. Cos’è, un gom jabbar umano?»
«Paul» l’interruppe Jessica, «non devi parlare in quel tono alla…»
«Ci penso io, Jessica» s’intromise la vecchia. «Dimmi, ragazzo, conosci la droga delle Veridiche?»
«La prendete per incrementare la capacità di scoprire il falso» rispose Paul. «Me l’ha detto mia madre.»
«Hai mai assistito a una veritrance?»
Paul scosse la testa.
«La droga è pericolosa» disse la vecchia, «ma ti conferisce l’intuizione. Quando una Veggente ha il dono della droga, può guardare in molti luoghi della sua memoria… della memoria del suo corpo. Noi percorriamo molte vie del passato… ma unicamente vie femminili.» La sua voce ebbe una sfumatura di tristezza. «E tuttavia c’è un luogo dove nessuna Veridica può guardare. Ne siamo respinte, terrorizzate. Si dice che un giorno verrà un uomo, e che costui troverà nel dono della droga il proprio occhio interiore. Potrà guardare dove noi non possiamo… in entrambi i passati, femminile e maschile.»