Ed bevve l’ultimo sorso di whisky. «Non maledirebbe nessuno? La verità è che ha evidentemente maledetto l’intera umanità. Almeno la metà: le donne.»
Buzz De Kemp si tolse il sigaro di bocca e lo puntò verso Ed Wonder. «Piccolo Ed, sei suonato. Rimbecillito. Impazzito. E per di più ubriaco fradicio. Quello che dici non ha senso. Follia pura.»
Ed aveva deciso di dirgli tutto. Doveva pure sfogarsi con qualcuno, e non gli era venuto in mente nessuno più adatto di Buzz. «E va bene» ribatté. «Ascoltami solo un minuto.»
Naturalmente gli ci volle molto più di un minuto. Durante l’esposizione, Buzz lo interruppe solo per ordinare di nuovo da bere.
Quando Ed ebbe finito, il sigaro del giornalista era spento. Buzz lo accese di nuovo e cominciò a riflettere, mentre Ed scolava il bicchiere appena riempito.
«È una storia splendida» disse infine Buzz. «La sfrutteremo insieme.»
«Che cosa?»
Buzz si appoggiò coi gomiti al tavolo, il sigaro proteso in avanti. «È la storia di Padre Divino che si ripete. Ti ricordi quello che dicevo di Padre Divino, l’altra sera?»
«Ma che cosa diavolo c’entra questo con…»
«No, ascolta me ora. Alla fine degli anni Trenta, Padre Divino era solo uno dei tanti evangelizzatori che aveva scelto di fare una vita grama nei bassifondi di Harlem. Aveva sì e no un centinaio di seguaci. Un giorno ci fu un accoltellamento o una violenza del genere in uno dei suoi paradisi, e il giudice lo condannò a una lieve pena. Tuttavia, un paio di giornalisti sentirono parecchi seguaci di Padre Divino dire che il giudice sarebbe stato colpito dalla vendetta celeste, che Padre Divino l’avrebbe colpito a morte. Dopo nemmeno due giorni, il giudice morì d’infarto. Un cronista, pregustando il pezzo a effetto, andò a intervistare il predicatore nella sua cella, in galera. Quello stette al gioco e disse, chiaro e tondo: “Mi ha spezzato il cuore, dovevo farlo”. Vecchio mio, credimi, quando Padre Divino è venuto fuori da quella prigione, tutta Harlem era in strada ad aspettarlo.»
Ed intervenne di nuovo con impazienza. «Ma che cosa diavolo…» poi lasciò la frase a metà.
«Ma certo» rispose Buzz in fretta. «Non capisci? Il vecchio Tubber maledice la vanità delle donne, scaglia un maleficio sui cosmetici e sulla ricercatezza dell’abbigliamento femminile. E che cosa succede il giorno dopo? Esplode la follia della Moda Domestica. Una coincidenza, è ovvio: ma che fantastica coincidenza.»
Già, era proprio ovvio. «Va bene» disse Ed, lentamente «ma che cosa volevi dire quando hai tirato fuori l’idea di sfruttare la storia insieme?»
Il sigaro era di nuovo teso verso di lui, come a dare maggior enfasi alla spiegazione. «Non fare il tonto. È un’occasione che viene una volta sola nella vita. Fino a ora, in quel tuo strampalato programma sei solo riuscito a trovare una sfilza di pagliacci. Fanfaroni che giurano di aver solcato lo spazio su dischi volanti, spiritualisti che non hanno un minimo di spirito per tenere su la trasmissione, guaritori miracolosi che non riescono a toglierti nemmeno un foruncolo. Ma questa volta hai messo le mani su una storia esplosiva. Fatti in quattro e aggancia il vecchio Tubber per la prossima trasmissione. Ha maledetto la vanità, e il trucco funziona. Hai capito? Funziona! E c’è di più; ci sono testimoni. Tu eri presente, Helen Fontaine era presente. C’era la figlia di Tubber e c’era qualche dozzina di suoi seguaci. Hai una massa di testimoni in buona fede e genuini, pronti ad affermare che lui ha maledetto la vanità delle donne e che il giorno dopo la Moda Domestica ha invaso il mondo. Non riesci a vedere una storia splendida come questa nemmeno quando ti casca sulle ginocchia?»
«Santo cielo!» esclamò Ed spaventato.
«Ti sosterrò con una serie di pezzi sul “Times Tribune”. Prima reclamizzo il programma per qualche giorno, poi esplodo con un paginone pieno di fotografie e disegni. Magari nel supplemento della domenica. Fotografie di Tubber, della tenda, di sua figlia. Tubber nell’atto di scagliare una maledizione. La solita roba.»
La fantasia di Buzz stava trascinando anche Ed. Con tutta quella messa in scena, forse l’interesse sarebbe stato tale da convincere qualche pezzo grosso a fare pubblicità al suo programma. Chissà, forse gli avrebbero trovato un buco alla TV.
«Ma il programma di venerdì è già preparato» disse. «Sono impegnato con la ragazza telepatica.»
«Buttala a mare. Rinvia. Questo è un argomento che scotta. Devi sfruttare Tubber finché la Moda Domestica è ancora una novità. Fra due settimane sarà roba vecchia. È una moda, questa, che i pezzi grossi non lasceranno vivere a lungo. Non possono permetterselo. Grandi magazzini, istituti di bellezza, produttori di cosmetici stanno già facendo il diavolo a quattro. Vogliono che il Presidente faccia uno di quei suoi interventi persuasivi per dire alle donne degli Stati Uniti che stanno distruggendo il benessere del Paese.»
«Hai ragione!» esclamò Ed. «Mi darò subito da fare. Devo tirare fuori qualche persona disposta a far parte della tavola rotonda. Per fargli domande, capisci.»
«Io!» disse Buzz. «Verrò io alla tua trasmissione. Ho sentito parlare Tubber almeno una decina di volte. E poi devi far partecipare Helen, dato che è stata lei la causa della maledizione. Magari potremmo convincerla a implorarlo per ritirare la maledizione.»
«D’accordo» disse Ed accettando il suggerimento. «E l’ultima sarà Nefertiti, sua figlia. È bella come un gioiello. E ha anche una bella voce. La convincerò. Mi ha fatto capire che il vecchio Tubber aveva già esercitato i suoi sortilegi, parlando nell’ira, come dice lei.»
8
Ed Wonder provava una punta di disagio mentre si dirigeva verso la zona dove Ezechiele Giosuè Tubber aveva piantato la tenda. Che cosa avrebbe detto Mulligan, e che cosa avrebbe avuto da dire l’Associazione Stephen Decatur all’idea di mettere in onda la voce dell’uomo che la settimana precedente temevano fosse un sovversivo? Stabilì che si sarebbe guardato bene dall’informare il suo direttore. Se fosse riuscito a trascinare davanti al microfono Helen Fontaine, Mulligan avrebbe avuto ben poco da ridire. E Buzz aveva ragione: quel programma avrebbe attirato molta attenzione. Questa volta, la fortuna era dalla parte di Ed Wonder.
Quando arrivarono nel parcheggio della vasta area non edificata di cui si erano impossessati Tubber e i suoi fedeli, Ed azionò la leva di atterraggio della Volksair che si adagiò sul terreno.
«Ehi, che cosa sta succedendo?» domandò Buzz.
«Sembra che stiano facendo le valigie» rispose Ed. «Stanno smontando la tenda grande.»
I due uomini sgusciarono fuori dalla piccola vettura e si diressero lesti verso la tenda.
Li vide per prima Nefertiti Tubber. Stava uscendo dalla tenda piccola portando un vassoio con quattro tazzine di caffè.
Chissà per quale ragione, a Ed Wonder vennero in mente alcuni versi di una filastrocca infantile alla quale non aveva più pensato dai tempi delle elementari: La contadinella / nei giorni d’estate / andava nell’orto / a coglier patate.
Mormorò piano: «Sono due giorni che continuo a vedere questa Moda Domestica. Per la prima volta posso dire: su di lei sta bene.»
«Su di lei è naturale» disse Buzz. «Il quadretto della semplicità campagnola.»
La ragazza si fermò e li aspettò, guardandoli stupita.
Parlò per primo Ed. «Ah, signorina Tubber. Non starete andando via, lei e suo padre?»
La ragazza mosse appena la testa. «Temo di sì. Sono già due settimane che stiamo qui, sa?» Fece una pausa prima di aggiungere: «Edward Wonder.» Poi guardò Buzz. «Buongiorno, Buzz De Kemp. Ho constatato che si è servito di argomenti cari a mio padre, per i suoi articoli.»