«Voleva vedermi, signor Mulligan?»
Il direttore, un uomo anziano, lo guardò fisso negli occhi e declamò: «La mia Patria, nel bene e…» Lasciò la frase a metà.
Ed Wonder sbatté le palpebre. Quello, evidentemente, aspettava che lui finisse la citazione. Frugò nella memoria. Cercò di prendere tempo. «Dunque… la mia Patria, nel bene e…»
«La mia Patria, nel bene e nel male» concluse Mulligan in tono accusatore. «Vedo che non è socio.»
Adesso era tutto chiaro! Accennava all’Associazione Stephen Decatur, un’organizzazione estremamente reazionaria che considerava i seguaci della società John Birch troppo a sinistra. Ed aveva sentito dire che Matthew Mulligan ne era socio.
«No, non lo sono» ammise Ed con franchezza. «Avevo intenzione di interessarmene, ed eventualmente di associarmi, ma il lavoro mi ha tenuto troppo impegnato. A proposito, ha ripensato alla possibilità di trasferire il mio programma alla televisione?»
«No, non ci ho pensato» rispose Mulligan, schiarendosi la voce. «Vuole sedersi o no? M’innervosisce saltellandomi così davanti agli occhi. Non l’ho fatta venire qui per parlare di lavoro, Piccolo Ed, ma dato che siamo in argomento, mi dispiace doverle dire che il programma non si svolge come mi ero immaginato io quando mi aveva proposto l’idea. Sì, è vero, ha messo le mani su qualche bel tipo che sostiene di essere andato sulla luna con un disco volante, ma perché non è mai riuscito a trovarne uno che è tornato con un pezzo di luna preso per ricordo? E i veggenti, poi! Nel suo programma abbiamo bisogno di qualcuno che predica la caduta del Numero Uno dal Cremlino martedì prossimo, e che martedì avverrà una rivoluzione in Russia. Allora sì, che troveremmo gente disposta a finanziare la trasmissione con milioni di dollari di pubblicità!»
Ed Wonder avrebbe voluto avere il coraggio di reagire a quella sparata con una smorfia di disgusto. Invece si affrettò a cambiare discorso. «Per quale ragione mi ha fatto chiamare, signor Mulligan?» chiese.
«Come? Ah, sì. Che cosa fa domani sera, Piccolo Ed?»
«Ho un appuntamento con una ragazza. Domani è il mio giorno libero, signor Mulligan.»
«Benissimo. Ci porterà anche lei. Ha mai sentito parlare di un buffone chiamato Ezechiele Giosuè Tubber?»
«Non mi pare. Un nome così non lo si dimentica. Comunque non credo che mi sarà possibile mandare a monte l’appuntamento.»
Il direttore ignorò l’obiezione. «È un caso di fanatismo religioso, o giù di lì. Ma quello che conta è che l’Associazione ha ricevuto un paio di lettere e una telefonata di gente che aveva da ridire su di lui, mi capisce? Dicono che è un sovversivo.»
«Mi pareva che avesse parlato di fanatismo religioso.»
«Sì, ma quel tipo è anche un sovversivo. Un sacco di rossi si nascondono dentro a un saio da religiosi. Come quell’arcivescovo in Inghilterra, come diavolo si chiama? O quei rabbini ebrei che predicano contro la segregazione razziale. Comunque sia, all’ultima riunione della sezione locale dell’Associazione è stato deciso di indagare su questo Tubber. Hanno affidato a me l’incarico.»
Ed aveva pochi dubbi su come sarebbe andata a finire quella conversazione. Cercò di attaccarsi all’unico filo di speranza che aveva. «Ecco, vede, il mio appuntamento…»
«Io non capisco un’acca di fanatismo religioso» lo interruppe Mulligan «ma lei, per via del suo programma, vive in mezzo a questi rompiscatole. È la persona più adatta per andare a quel raduno. Eccole l’indirizzo. È uno spiazzo non fabbricato in Hudson Street. Farà un rapporto alla prossima riunione dell’Associazione.»
«Signor Mulligan, non saprei riconoscere un sovversivo nemmeno se me lo trovassi sotto il letto.» Poi giocò la sua ultima carta. «La ragazza con la quale ho appuntamento è Helen.»
«Helen?»
«Helen Fontaine. La figlia di Jensen Fontaine.»
«Helen Fontaine! Com’è possibile che una ragazza della classe della signorina Fontaine trovi in…» Il resto del commento si confuse in un borbottio. Mulligan si morse le labbra. «Allora» riprese «avrà parlato al signor Fontaine della sua trasmissione, ora che va in onda regolarmente?»
«Ne va matto» rispose Ed in fretta. «Me lo diceva proprio l’altra sera. Eravamo in salotto a berci qualcosa mentre aspettavo che Helen finisse di vestirsi.»
«Ah, davvero?» Il direttore della radio mosse i muscoli della faccia come se masticasse. «Bene, veniamo al dunque. Il signor Fontaine è un membro dell’Associazione, come Helen del resto, anche se lei non si fa vedere spesso. Perché non va con Helen per una mezz’ora a questo raduno sotto la tenda? Mezz’ora dovrebbe essere più che sufficiente.»
2
«Un raduno religioso sotto la tenda!» esclamò la ragazza incredula. «Pensavo che fossi arrivato al massimo dell’aberrazione, quando mi hai proposto di assistere al congresso degli esperti di foglie di tè, e invece…»
«Era l’Associazione dei Precognitori» la interruppe Ed, con aria infelice. «E si trattava di cristalloscopia, non di foglie di tè.»
«Non c’è limite alla tua pazzia. Chi ti ha messo in testa che sarei disposta a venire con te ad ascoltare un fanatico che fa propaganda religiosa, Piccolo Ed Wonder?»
Ed le spiegò velocemente la situazione. Le disse che avrebbe lasciato andare volentieri Mulligan al suo posto, se non ci fosse stata di mezzo l’Associazione Stephen Decatur. Le disse di aver pensato che lei sarebbe stata felice di mettersi a disposizione dell’Associazione, che sarebbe stato un fastidio molto breve, che lui era capace di riconoscere un sovversivo appena apriva bocca, che lo sapeva fare fin dall’infanzia, e che in terza elementare aveva denunciato due compagni di scuola come comunisti camuffati.
All’ultima spiegazione, Helen sembrò finalmente disposta a cedere e accennò una smorfia con le labbra. «Va bene, furbacchione. Ma è meglio che papà non ti senta parlare in tono così frivolo. Lui prende l’Associazione molto sul serio. Mentre vado a incipriarmi il naso, prepara un martini. Ne avremo certo bisogno. Eppure, propaganda religiosa… mah!»
Più tardi, nella Volksair, la ragazza chiese: «Quando smetterai di lavorare a ore impossibili, Piccolo Ed? Credevo che una volta lanciato il programma alla radio, contassi di metterlo in televisione la domenica mattina.»
«Ci conto ancora» rispose Ed «ma chissà per quale motivo quel grassone di Mulligan non la pensa allo stesso modo. Non si rende conto di quanta sia la gente che va matta per queste fesserie. Metà della popolazione del nostro Paese crede in una o in un’altra delle teorie che porto al microfono. E si tratta proprio di gente che passa metà della vita davanti allo schermo di quelle stupide scatole.» Tossicchiò. «Ecco, se potessi convincere tuo padre a metterci una mezza parola…»
«Oh, ma a papà non importa proprio niente della radio e della televisione» lo interruppe Helen poco interessata. «È vero che è il proprietario della stazione trasmittente. Ma è anche proprietario di un mucchio di altre cose. Quello che lo interessa veramente è l’Associazione. La settimana scorsa è andato al Congresso nazionale di Los Angeles, e ora sta mettendo in giro la voce che fra i soci della costa occidentale si sono infiltrati elementi di sinistra. E sai perché? Perché hanno approvato una risoluzione in cui si afferma che Goldwater non è rosso nemmeno un po’.»
Raggiunsero le zone non edificate della periferia. Proprio al centro di uno spiazzo libero era stata eretta una tenda da circo, di media grandezza. Quando si furono avvicinati, si accorsero che dietro alla tenda grande ce n’era una più piccola.
«Santo cielo!» esclamò Helen. «Possibile che qualcuno viva in quella tenda, come fanno gli zingari?»
Le aeromobili parcheggiate nello spiazzo intorno alla tenda erano pochissime. E infilò il suo scarafaggio fra le vetture già parcheggiate e spense il motore e le luci. «Mi pare che la predica sia già cominciata» disse.