«Quando comprerai un’aeromobile vera, Piccolo Ed?» chiese Helen. «Mi sembra di essere una lucertola quando devo strisciare dentro e fuori da questo trabiccolo.»
Trattenendo il respiro per sfilarsi da sotto il volante, Ed borbottò: «Quando sarò ricco, tesoro, quando sarò ricco.»
La prese sottobraccio per accompagnarla a quello che evidentemente era l’ingresso della tenda più grande.
«Ricordati che dobbiamo fare un’entrata e un’uscita talmente rapide da far pensare che siamo due fantasmi» gli disse Helen.
All’ingresso c’era un piccolo comitato addetto a ricevere gli ospiti, due donne di mezza età e una ragazza. Non bloccavano completamente il passaggio, ma era quasi impossibile non fermarsi un attimo prima di entrare.
Una delle due donne di mezza età fece una smorfia che probabilmente voleva essere un sorriso, e chiese: «Cari fratelli, siete pellegrini sulla via di Elisio?»
Ed ci pensò sopra un istante, poi rispose: «Credo di no.»
Helen fu più esplicita. «Per quanto riguarda me, lo so benissimo, e la risposta è no» disse.
Ed Wonder le lanciò un’occhiata, temendo che si fosse scolata un paio di martini prima del suo arrivo. Quando Helen alzava il gomito, poteva diventare pericolosa.
L’uscita di Helen suscitò una reazione inattesa. La più giovane del trio si mise a ridere divertita e le disse: «Temo proprio che non sia sulla via giusta, almeno per ora.» Tese una mano. «Sono Nefertiti Tubber» si presentò. «La Voce della Verità che parla stasera è mio padre.»
«Non solo stasera» intervenne una delle altre due donne. «Ezechiele Giosuè Tubber è sempre la Voce della Verità. Il maestro che indica la via di Elisio.»
«Chiunque può diffondere la verità, Martha» la corresse Nefertiti con dolcezza.
«Io comincio a non capire più niente» disse Helen. «Comunque, entriamo a vedere il grande spettacolo.»
Ed Wonder strinse la mano che la ragazza gli aveva teso. La stretta era energica e morbida insieme, e gli procurò una sensazione sconcertante. «Nefertiti, eh?» chiese. «Le sta a pennello.»
La giovane Tubber probabilmente non capì l’allusione. Li seguì con lo sguardo, sorridendo, mentre entravano sotto la tenda, Helen avanti, Ed dietro. Helen si sedette senza esitazione in prima fila, e lui dedusse che doveva proprio aver già bevuto prima del loro incontro. Ed avrebbe preferito sedersi nell’ultima fila.
Il raduno era già cominciato da qualche minuto, e inizialmente i nuovi venuti fecero un po’ di fatica a capire di cosa stesse parlando il predicatore. Mentre aiutava Helen a togliersi il cappotto e a sistemarsi sulla sedia pieghevole di legno, un po’ traballante, Ed Wonder fece mentalmente una serie di scongiuri. Anche se le poche decine di persone presenti non avevano l’aspetto di fanatici tipo al-rogo-la-strega, tuttavia si augurò che filasse tutto liscio. Un raduno di proselitismo religioso era l’ultimo posto in cui avrebbe voluto fare gazzarra.
Parlando più piano di un suggeritore che sussurra le battute dalla sua buca sul palcoscenico, Helen disse: «Con quella barba che pare la celata di un elmo, assomiglia più ad Abramo Lincoln che a un predicatore.»
Ed la zittì. «Sst! Stiamo a sentire quello che dice.»
Anche uno spettatore dietro a loro fece sttt!. Helen si girò di scatto e lo fulminò con un’occhiata.
Per la verità, Ed dovette ammettere che la descrizione di Helen non era tanto sbagliata. Qualche tratto della faccia del predicatore ricordava Lincoln, una bellezza trascendente che illuminava l’assoluta bruttezza dei lineamenti. Una malinconia infinita.
Il vecchio predicatore continuava a parlare. «…comunque sia organizzato il sistema di rappresentanza o di delega delle funzioni di governo, si crea inevitabilmente l’alienazione di una parte delle libertà dei cittadini…»
Helen disse di nuovo la sua: «Che cos’ha indosso, una tonaca fatta con sacchi di juta?»
«…tutti i partiti politici, senza eccezione, nell’atto stesso di battersi per conquistare il potere, sono esempi di assolutismo.»
Helen afferrò questa frase e intervenne a voce alta: «Anche il partito comunista?»
Tubber, Ed aveva deciso che si trattava di Ezechiele Giosuè Tubber in persona, s’interruppe e abbassò gli occhi su Helen con uno sguardo gentile. «Specialmente il partito comunista, cara sorella» disse. «Il comunismo non riconosce che, se è vero che l’uomo è un essere sociale tendente all’eguaglianza, è anche vero che l’umanità aspira all’indipendenza. La proprietà nasce dal desiderio dell’uomo di affrancarsi dalla schiavitù del comunismo, che è la forma più primitiva della società umana. Ma la proprietà, a sua volta, va fino alle estreme conseguenze e viola l’uguaglianza attribuendo una posizione di potere alla minoranza privilegiata.»
Se la risposta avesse soddisfatto o no Helen, Ed non lo sapeva, comunque non riusciva a capire che cosa avesse a che fare con la religione tutto quel discorso.
«Non so che cosa voglia, ma è certo che non è un rosso» sussurrò a Helen. «Andiamocene.»
«No, aspetta un momento. Voglio sentire ancora un po’ quello che ha da dire. Com’è possibile che un vecchio caprone pelle e ossa come lui abbia messo al mondo quella bella ragazza che abbiamo incontrato all’entrata? Dimostra almeno ottant’anni!»
Un altro ascoltatore dietro a loro intervenne. «Per favore, cari fratelli, non riusciamo a sentire la Voce della Verità!»
Questa volta Helen non si curò nemmeno di voltarsi, ma per il momento rimase zitta, con grande sollievo di Ed che cominciava a immaginarsi la scena di loro due portati di peso fuori dalla tenda; e se c’era qualcosa che Ed Wonder odiava era la violenza, specie se esercitata nei suoi confronti. Concentrò di nuovo l’attenzione sulle parole di Tubber che sembrava giunto al nocciolo della questione.
«Per questo noi proclamiamo che bisogna incamminarsi sulla strada di Elisio. È diventata tale la nostra brama di possesso, la nostra folle, disperata corsa alla ricchezza, alla proprietà, ai beni materiali, che stiamo trasformando questa terra promessa, donata ai nostri antenati dalla Grande Madre, in un vero e proprio deserto. Il nostro Paese ha già sfruttato un terzo della fertilità che il suolo aveva quando i Pellegrini vi sbarcarono. Il consumo di petrolio è triplicato dalla fine della seconda guerra mondiale, e benché gli Stati Uniti possiedano solo un settimo dei giacimenti accertati sulla Terra, nella nostra follia stiamo consumando più della metà della produzione mondiale. Un tempo eravamo i maggiori esportatori di rame e ora ne siamo diventati i principali importatori; le nostre riserve, un giorno enormi, di piombo e zinco, sono ora così depauperate che lo sfruttamento delle miniere è diventato anti-economico.
«Ma lo spreco continua senza posa, La domanda di una sempre maggior quantità di beni di consumo continua incessantemente. “Consumate! Consumate!” ci dicono. “Cercate la felicità materiale, desiderate cose nuove. Consumate! Consumate!” c’impongono. Milioni di dollari sono inghiottiti dagli uffici di pubblicità di Madison Avenue, per una perversione che costringe il nostro popolo ad allargare le sue richieste, a chiedere sempre più cose di cui non ha bisogno. Cari fratelli, sapete che in questo folle tentativo di attirarci nella trappola di un consumo sempre crescente, coloro che traggono vantaggio dal nostro modo di vivere spendono cinquecento dollari all’anno per ogni famiglia degli Stati Uniti solo per confezionare i prodotti venduti? Cinquecento dollari all’anno per famiglia, investiti in materiale che viene gettato via! E sapete, cari fratelli, che i nostri simili in terre come l’India godono di un reddito pro capite di soli trentasei dollari all’anno?»