Norman Haer stava ridendo di cuore. «Non faccio il tipografo per Tubber, ma per Elisio. Prima ero direttore generale della Società Editoriale Mondiale, con sedi a Super New York, Nuova Los Angeles, Londra, Parigi e Pechino.»
Ed aveva sperimentato quanto fosse duro tentare di scalare la piramide nello Stato del Benessere. La concorrenza era spietata quando solo un terzo delle forze di lavoro potenziali del Paese era assorbito dalle necessità della produzione. Disse, con tono compassionevole: «È arrivato fino in alto e poi l’hanno scaricata, vero?»
«Non proprio» rispose Haer. «Ero un azionista troppo importante per questo. Un giorno mi capitò fra le mani un opuscolo di Giosuè Tubber. Da allora lessi tutto quello che potei trovare di suo. E la settimana seguente dissi alla Società quello che pensavo veramente di lei e venni a Elisio per installare questa tipografia.»
L’uomo era ovviamente un po’ tocco, pensò Ed, felice o non felice che fosse. Lasciò cadere quell’argomento. «Che lavoro sta facendo, ora?» gli domandò.
«Un’edizione a tiratura limitata degli ultimi versi di Martha Kent.»
«Martha Kent?» Ed Wonder conosceva quel nome. La poesia non era il suo forte, ma che un’americana vincesse il premio Nobel per la letteratura non era cosa da tutti i giorni e che potesse passare inosservata. «Vuol dire che vi ha dato il permesso di pubblicare un suo libro?»
«Io la metterei in modo diverso» fece Haer, sempre sorridendo. «È più esatto dire che è Martha che se lo sta pubblicando.»
«Martha!» esplose Ed. I suoi occhi schizzarono verso la donna con cui era entrato, che stava ancora parlando con Kelly alla pressa piana. «E quella sarebbe Martha Kent?»
«In persona» sghignazzò Haer.
Ed Wonder mormorò una specie di saluto e si riunì agli altri due. Come se la stesse accusando, disse: «Lei è Martha Kent.»
«Sì, caro fratello» disse la donna sorridendo.
«Senta» riprese Ed «non voglio sembrarle troppo curioso, ma perché fa pubblicare il suo volume di poesie in una tipografia scalcinata come questa?»
«Non lo dica a Tubber» rispose Martha con un sorriso birichino da bimba «ma è per far soldi.»
«Far soldi!» esclamò Ed disgustato.
Kelly aveva finito la carta; smise di pedalare, si pulì le mani sul grembiule e si avviò verso una pila di libri ammucchiati in un angolo. Ne prese uno e tornò accanto a Ed. Glielo porse senza dire una parola.
Ed girò il volume nelle mani. Era rilegato in pelle. Era diverso dagli altri libri. Lo aprì e scorse le pagine. La carta pesante aveva una patina antica. L’autore gli era sconosciuto. Sentiva però di tenere fra le mani un’opera d’arte.
I due lo guardarono, divertiti e sconcertati allo stesso tempo.
Per dire qualcosa, Ed mormorò: «Non ho mai visto carta come questa. Dove l’avete trovata?»
«L’abbiamo fatta» rispose Kelly.
Ed chiuse gli occhi, li riaprì dopo un istante. «Ma perché avete bisogno di soldi?» disse. «Evidentemente fate tutto.» Additò il vestito di Martha Kent. «Moda Domestica, vero?»
«Sì. Ma evidentemente non possiamo fare del tutto a meno dei soldi, anche a Elisio. Per esempio, abbiamo bisogno di francobolli per spedire le pubblicazioni. A volte abbiamo bisogno di medicine. E dobbiamo comprare il sale.»
«Non capisco» disse Ed sulle difensive. «Lei, Martha Kent, scrive un libro che potenzialmente è un best seller. Lo porta qui e ne fa un’edizione a tiratura limitata, composta a mano, stampata con una pressa a pedale su carta fatta in casa. Quante copie ne tirate? Un migliaio?»
«Duecento» rispose Martha.
«E poi le vende. Per quanto? Cento dollari l’una?»
«Due dollari» rispose Martha.
Ed richiuse gli occhi. La sua faccia esprimeva angoscia. «Due dollari per un libro simile?» sbottò. «Io non sono un bibliofilo, ma una prima edizione di poesie di Martha Kent, limitata, fatta a mano, dovrebbe avere un valore inestimabile. Ma a parte questo, se solo mettesse il manoscritto nelle mani di un grosso editore, fareste una fortuna.»
Kelly, con voce convincente, disse: «Lei non capisce. Non abbiamo bisogno di una fortuna. In questo momento a Elisio farebbero comodo circa quattrocento dollari, per comprare medicine e…»
Martha la interruppe rapidamente per rivolgersi a Ed. «Ma non faccia sapere questo a Giosuè Tubber. Giosuè non sempre è un uomo pratico. S’indignerebbe se sapesse che ci siamo abbassati al punto di pubblicare questo libro solo per guadagnare dei soldi.»
Ed era sbalordito. Chiese: «E lui che cosa ne farebbe? Lo regalerebbe?»
Martha e Kelly, all’unisono, come se non ci fosse niente di più logico, risposero: «Sì.»
«Esco a prendere una boccata d’aria» disse Ed.
Tornò alla sua Volksair facendo sforzi per non strapparsi i capelli dalla disperazione.
“D’accordo, maledizione!” pensò Ed. Si poteva pure ammettere che avessero le loro buone ragioni. Quella piccola comunità, sorta sulle colline e nei boschi di Catskill aveva le sue virtù. Aria pura. Paesaggio stupendo con sullo sfondo i monti del Belvedere. Un posto magnifico per i bambini, probabilmente. Anche se solo Dio sapeva dove potevano andare a scuola. Ripensò a quest’ultimo fatto. Se Tubber aveva il titolo di accademico e Martha Kent era una sua seguace, allora si poteva anche immaginare che ci fossero altre persone capaci d’insegnare, sia pure nei limiti della tradizione delle antiche scuole di campagna.
E va bene. Elisio aveva le sue qualità, anche se in inverno doveva essere un affare ben diverso. Esaminò altre due o tre casette che sorgevano intorno. Avevano tutte il comignolo. Santo cielo! Quella gente aveva un focolare e ci bruciava la legna. Ceppi che evidentemente segavano loro stessi. Non avevano nemmeno bruciatori a nafta per il riscaldamento centrale. Fino a che punto si poteva tornare indietro, fino all’età della pietra?
A ripensarci, però, forse era magnifico anche l’inverno da quelle parti. Soprattutto appena dopo una nevicata. Ed Wonder aveva l’abitudine, ogni volta che veniva una nevicata abbondante, di lasciare Kingsburg in auto e fare una gita in campagna, solo per vedere la neve di primo mattino, sui rami spogli degli alberi, nei campi… prima che il sole e la mano dell’uomo distruggessero l’incanto. Naturalmente, non lasciava mai le strade principali. Qui sarebbe stato diverso. Pensò che una nevicata veramente intensa avrebbe sepolto il villaggio e gli abitanti non sarebbero riusciti nemmeno a scendere fino a Woodstock a fare acquisti.
Che stupido! Non avevano alcun bisogno di andare a Woodstock, o in qualsiasi altro luogo, a fare acquisti. Tutto quello di cui avevano bisogno se lo facevano in casa, era ovvio.
Ma come avrebbero fatto per le cure mediche nel caso che qualcuno si fosse ammalato, quando la comunità era isolata dalla neve? Chissà, forse fra loro c’era chi ne sapeva anche di medicina. Pareva che avessero tutto.
D’accordo, si potevano pure ammettere le loro grandi qualità. Comunque, erano matti come una squadra di cappellai di Alice nel Paese delle Meraviglie. Seppellirsi in quel posto, condurre un’esistenza da pionieri. Niente radio, niente televisione…
Chissà quante volte quei ragazzi che giocavano sugli alberi avevano avuto il permesso di scendere in città per andare al cinema. Probabilmente mai. Forse non conosceva a fondo Ezechiele Giosuè Tubber, ma era evidente che il vecchio profeta non doveva proprio gradire i film moderni, pieni di delitti, violenze e sentimenti che probabilmente gli apparivano come perversioni.
Ma che cosa diavolo facevano tutto il giorno?
E quell’assurda conversazione che aveva appena fatto con Martha Kent, Kelly e Haer? In quel libro dovevano essere andati mesi di lavoro. E il prodotto di tutto quel lavoro? Quattrocento dollari. E perché avevano deciso di guadagnare quella somma? Avevano bisogno esattamente di quattrocento dollari per acquistare cose di cui la comunità aveva assolutamente bisogno. Oh, splendido! Che cosa c’era di male a produrre per ottocento dollari, mettendone quattrocento da parte per bisogni futuri? Il professor McCord non aveva detto a Ed che Tubber era laureato in economia? Che cosa insegnavano alla facoltà di economia di Harvard, in quei tempi?