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A quel punto delle sue riflessioni, Ed scorse un’altra persona che conosceva e che stava entrando in una delle villette. Era Nefertiti Tubber.

La chiamò, ma evidentemente la ragazza non lo sentì.

Wonder respirò profondamente, raddrizzò la spina dorsale, fece scorrere l’indice della mano destra all’interno del colletto della camicia e si lanciò in una delle azioni più coraggiose della sua vita. Marciò dritto verso la casa e bussò alla porta.

La voce di Nefertiti esclamò: «Avanti, caro fratello.»

Ed aprì la porta e rimase immobile sulla soglia per un istante. Ogni tanto, nelle sue letture, si era imbattuto nel termine “rabbrividire”. I personaggi dei libri rabbrividivano. Non era mai riuscito a farsi un’idea chiara di che cosa rappresentasse quell’immagine che gli pareva solo letteraria. Ora lo sapeva. Ed Wonder stava rabbrividendo.

Tuttavia, a meno che la Voce della Verità non fosse nascosta in una delle due stanze più piccole di cui pareva provvista la villetta, oltre al locale più ampio a cui si accedeva direttamente dalla strada, Nefertiti era sola. Nulla in Nefertiti Tubber pareva richiamare l’idea di brivido. Ed smise di rabbrividire.

La ragazza disse: «Eccola qua, Edward, caro fratello. Vedo che è venuto da me.»

Non era con quel tono che di solito i seguaci di Tubber pronunciavano le parole “caro fratello”.

Ed richiuse la porta alle sue spalle. Lei gli si avvicinò, con le braccia lungo i fianchi, e si fermò davanti a lui.

Era la cosa più semplice del mondo. Non dovette pensarci nemmeno per un istante. Se ci avesse pensato, forse non l’avrebbe fatto. Non avrebbe fatto ciò che invece accadde, naturalmente.

La strinse forte fra le braccia e la baciò con profonda sincerità sulla bocca. Le labbra di Nefertiti sembravano fatte apposta per baciare. Ma non doveva averle tenute molto in esercizio.

Nefertiti Tubber non si mosse. Continuò a tenere la sua faccia contro quella di Ed, gli occhi aperti.

E allora Ed la baciò di nuovo.

Dopo qualche istante, nervosamente, si ricordò di dire: «Mmh… dov’è tuo padre, eh… tesoro?»

La ragazza ebbe un tremito come se le desse fastidio dover parlare. «È andato a Woodstock a meditare su qualche bicchiere di birra.»

Ed chiuse gli occhi e rivolse un muto appello ai suoi angeli custodi, se ne aveva. «Ezechiele Giosuè Tubber in città a bere birra?»

«Perché no?» Nefertiti lo prese per mano e lo condusse fino al sofà.

Anche il sofà, notò Ed, era fatto a mano; perfino l’imbottitura, i cuscini e le borchie. Qualcuno doveva aver impiegato molti giorni di lavoro per fabbricare quel mobile. La ragazza si sedette accanto a lui.

«Non so» riprese Ed «ma chissà perché, pensavo che tuo padre fosse contrario all’alcol. A dire la verità mi aspettavo da un momento all’altro che il mio bar automatico cominciasse a versare latte, o roba del genere, quando ordinavo qualcosa per tirarmi su.»

Ed pensò che quella era una grande occasione di cui approfittare, invece di stare lì a perdere tempo baciando Nefertiti. Indipendentemente dal fatto che Nefertiti Tubber avesse estremo bisogno di esercitarsi.

«Sentì, Nefertiti…» disse «sapevi che la persona che fece diventare famoso il tuo nome era la più bella donna dell’antichità?»

«No» sospirò lei. E si accostò ancora di più a Ed stringendosi più forte fra le sue braccia. «Raccontami.»

«Immagino che tuo padre ti abbia dato quel nome perché il marito di Nefertiti, Akhnaton, è stato il primo faraone egiziano a insegnare che esisteva un solo Dio.» Ed Wonder aveva appreso quelle nozioni dal professor Varley Dee, una sera, alla trasmissione Ai limiti del reale. Uno dei suoi fanatici ospiti aveva espresso la convinzione che gli ebrei fossero stati i primi a diffondere il monoteismo.

«A dire il vero non è così» disse lei. «Figurati che lui era un agente pubblicitario. Il mio vero nome è Sue.»

«Un agente pubblicitario!»

«Ehm…» tentennò lei, come se le dispiacesse di dover parlare. «Sì, molto tempo fa, quando facevo la stripteuse.»

«Quando facevi che cosa?»

«La spogliarellista, nell’organizzazione Borsht.»

Ed Wonder ebbe un sussulto. I suoi occhi fissavano Nefertiti, imbambolati. «Senti» disse disperato «credo di avere le traveggole. Giurerei che hai detto che facevi la spogliarellista per l’organizzazione Borsht.»

«Ehm… abbracciami ancora, Edward. Quella è storia passata, prima che mio padre mi salvasse e mi conducesse a Elisio.»

Ed sapeva che la cosa migliore da fare era cambiare argomento. Parlare di qualsiasi altra cosa. Ma non ci riusciva. Come non sarebbe riuscito a smettere di tormentare con la lingua un dente cariato, nonostante il male.

«Insomma, vorresti dire che tuo padre ti lasciava fare la spogliarellista?»

«Oh no! Questo era prima che diventasse mio padre.»

Ed Wonder chiuse gli occhi. Era rassegnato al peggio.

Nefertiti raccontò in breve tutta la sua storia. «Ero un’orfanella e fin da bambina mi ero messa in testa di darmi al teatro. Così, a quindici anni scappai dall’orfanotrofio e alla fine, mentendo sulla mia età, trovai lavoro in uno spettacolo di spogliarello. Mi avevano attaccato l’etichetta di Nefertiti la Modesta, la ragazza che arrossisce dalla testa ai piedi. Gli affari della troupe però andavano male; al giorno d’oggi nessuno ha più voglia di andare a vedere lo striptease in un locale notturno, quando la TV gli porta in casa gli spettacoli migliori. Comunque, per farla breve…»

«Il più breve possibile, sarà meglio» mormoro Ed.

«…papà mi ha salvata.» La sua voce assunse un tono di autogiustificazione. «Fu la prima volta che lo sentii parlare nell’ira. Poi mi portò qui, e in un certo senso mi adottò.»

Ed non domandò in che senso l’avesse adottata. Invece chiese: «La prima volta che l’hai sentito parlare nell’ira? E che cosa fece?»

Nefertiti, a disagio, rispose: «Ha quasi incendiato il night club. Una specie di, ecco, di colpo di fulmine, pressappoco.»

La mente gli turbinava. Con uno sforzo enorme riuscì a riportarsi alla realtà. Doveva approfittare dell’occasione. Non poteva starsene lì seduto a balbettare davanti a quella profusione di curve che gli veniva offerta così candidamente.

«Dunque» cominciò con voce ferma, liberando la mano dalla stretta di lei e voltandosi in modo da guardare Nefertiti negli occhi, con aria seria. «Non sono venuto qui solo per vedere te.»

«No?» Un’espressione offesa apparve sulla faccia della ragazza.

«Ecco, non solo per vedere te» cercò di correggere in fretta. «Il governo mi ha affidato una missione molto importante, Nefertiti. Di grande responsabilità. Una parte del mio lavoro consiste nello scoprire… insomma, devo scoprire il più possibile su tuo padre e sul suo movimento religioso.»

«Oh, meraviglioso! Allora dovrai passare molto tempo qui a Elisio.»

Si trattenne dal rispondere enfaticamente di no e proseguì. «Ora, cominciamo dal principio. Ho le idee molto confuse, a proposito di questa nuova religione che tuo padre cerca di diffondere.»

«Ma perché, Edward? È la cosa più semplice del mondo. Mio padre dice che le grandi religioni sono molto semplici, almeno prima che si corrompano.»

«Allora, per esempio, chi è questa Grande Madre di cui continuate a parlare?»

«Chi è? Ma sei tu, Edward.»

22

Dopo alcuni interminabili secondi, Ed Wonder riaprì gli occhi. Lentamente, disse: «Continuo ad avere l’impressione che nelle nostre conversazioni una frase sì e una no rimanga fuori. Nel nome di Maometto che muove le montagne, di che cosa stai parlando?»