Dave Zeiss comparve con in mano la spugna per pulire il banco. I due si scambiarono le solite amenità, poi Ed gli chiese di fargli credito. Il barman acconsentì, e allora Ed ordinò da bere.
«Potresti spegnere la TV e il juke-box?» chiese poi.
Dave sorrise. «Non capisco come mai a voi della radio non piace sentire la musica e guardare la televisione.»
«È proprio perché lavoro alla radio che non mi piace» brontolò Ed. «Il fatto che io lavori dalla mattina alla sera per intrattenere chi non ha altro da fare che starsene seduto vicino a una di quelle stupide scatole, non implica che anche a me piaccia la stessa roba.»
Dave scosse la testa. «Mi dispiace davvero, signor Wonder, ma non posso spegnerli. Ho altri clienti. Sa com’è la gente. Se c’è troppo silenzio nel locale, si agita. Se non ci fosse musica in continuazione, se ne andrebbe al bar più vicino.»
«Volevo parlare di cose serie con la signorina che mi accompagna.»
«Le assicuro, signor Wonder, che sarei felice di accontentarla, ma non servirebbe a niente. Ammesso che gli altri clienti rimangano, accenderebbero subito le radioline portatili. Non c’è quasi più nessuno che esca di casa senza almeno un transistor. Normalmente hanno anche il televisore tascabile.»
Una voce nuova intervenne nella conversazione. «To’, il Piccolo Ed Wonder!»
Ed si voltò. «Salve, Buzz! Cosa fa da queste parti il diabolico cronista? E dimmi: come riesci a conservare il posto al giornale, se ti vesti come uno straccione e sei sempre ubriaco, ventiquattrore su ventiquattro?»
«Solo qualche volta, Piccolo Ed, non sempre» disse l’altro. «Dave, che diresti di una vodka? E la segni sul polsino della camicia, naturalmente.»
Dave Zeiss reagì prontamente. «Signor De Kemp, se dovessi sempre segnare sul polsino quello che beve, tutte le mie camicie sarebbero nere fino al gomito.»
«Hai sentito?» chiese scandalizzato a Ed. «Tutto quello che un buon bevitore vorrebbe da un barman è un po’ di gentilezza. Sono il miglior cliente di questo spaccio di gin. Pago i conti fino all’ultimo spicciolo, appena riscuoto lo stipendio. E che cosa mi fa questo barman quando la lingua mi pende dalla bocca arsa come una cravatta rossa? Si prende gioco di me. È colpa mia se sono un cattivo amministratore delle mie sostanze? Sono l’unica persona di mia conoscenza capace di entrare in una porta girevole e uscirne dall’altra parte con tre dollari in meno.»
«Signor De Kemp, lei è il miglior cliente di ogni bar di Kingsburg» ribatté Dave, seccato. «Non solo di questo.» Quindi prese le tazze di rame e gli ingredienti necessari per fare una buona vodka alla moscovita.
«Ma di cosa sono fatti quegli zampironi che ti metti in bocca?» chiese Ed arricciando il naso.
De Kemp si tolse di bocca l’oggetto incriminato e lo fissò con sguardo amorevole. «Questo non è uno zampirone, è un vero sigaraccio da duro. Quando ero bambino ho visto Tyrone Power giocare a poker con un baro del Mississippi tenendo in bocca uno di questi zampironi. Non me ne sono mai dimenticato. In me si è perso l’ultimo grande baro da battelli del Mississippi, Piccolo Ed. Avevo lo spirito adatto per diventarlo. È una maledetta vergogna che i battelli a pale siano scomparsi da tutti i nostri fiumi.»
Ed notò con la coda dell’occhio Helen che stava tornando e piroettò sullo sgabello per aiutarla a sedersi. Aprì la bocca per parlare ma non gli venne in mente niente da dire, perciò la richiuse.
Buzz De Kemp, voltato dall’altra parte, non l’aveva vista arrivare. «Piccolo Ed» disse «che cos’è questa tresca di cui sento parlare, di te che cerchi di succhiare il sangue a una sgualdrinella dell’alta società? Mi è stato detto che stai facendo di tutto per sposare la figlia del padrone. Ti sei stufato di lavorare, eh? Possibile che lei non abbia nemmeno un amico sincero?»
Ed Wonder chiuse gli occhi, con un’espressione di muta agonia dipinta in faccia.
Helen abbassò il suo sguardo aristocratico lungo la linea del naso e fissò il cronista. «Che cos’è?» chiese a Ed, invece di chi è?
Ed fece un grugnito. «Signorina Fontaine, ho il piacere di presentarle Buzz De Kemp, del “Times Tribune”. Ammesso che ci lavori ancora. Buzz… la signorina Helen Fontaine.»
Buzz scosse la testa. «Pfui! lei non può essere Helen Fontaine. Quella è una vamp. Acconciature all’ultimo grido, trucco che ci vogliono due ore per impiastrarselo sulla faccia. Ho visto tante fotografie di Helen, e…»
Helen guardò Ed. «Mi sono lavata la faccia e legata i capelli per sentirmi più a mio agio» disse, sulle difensive. «Quella tenda doveva essere piena di pulci. Sentivo un gran prurito dappertutto.» Prese il bicchiere colmo di Travalica e se lo versò in gola d’un fiato, senza piegare il polso e buttando la testa all’indietro.
Buzz apprezzò molto il gesto e disse: «Bene, per lo meno lei beve come mi hanno detto che sa bere Helen Fontaine.»
Ed non poté fare a meno di guardarla a occhi spalancati, pur continuando a tendere il bicchiere a Dave perché lo riempisse di nuovo. «Senti, Helen» disse «non avrai per caso preso sul serio la sparata di quel vecchio imbroglione?»
«Non dire sciocchezze» rispose lei, osservando il barman che le riempiva nuovamente il bicchiere di Travalica. «C’era davvero troppo sudiciume in quella tenda… almeno immagino.»
Buzz, che aveva a sua volta spinto il suo bicchiere verso Dave, come se Ed Wonder avesse invitato a bere anche lui, chiese: «Di che cosa state parlando voi due? Quale tenda?»
«Helen e io siamo andati a un raduno religioso» rispose Ed in tono impaziente. «Un vecchio rottame fuori di sé che si chiama Ezechiele Giosuè Tubber.»
«Oh, Tubber» fece eco Buzz. «Volevo mettere insieme un paio di articoli su di lui, ma il capo cronista mi ha detto che i nuovi culti religiosi non interessano più nessuno.»
Helen lo guardò come se lo vedesse soltanto in quel momento. «È stato ai suoi raduni?» chiese.
«Sì, ci sono stato. Ho il pallino delle teorie politico-economiche anticonformiste» rispose il giornalista. «Un vero e proprio pallino.»
Per quanto avesse già mandato giù due bicchierini di quella potente mistura, Ed notò che la ragazza sembrava molto più sobria di prima. Per mantenere la conversazione sul nuovo argomento, con la muta preghiera che non tornasse più sulle malignità di Buzz riguardo ai suoi propositi matrimoniali, Ed disse: «Economia politica? Dovrebbe essere un santone, non un economista.»
Prima di rispondere, Buzz buttò giù un lungo sorso di vodka. Poi appoggiò il bicchiere al tavolo e puntò il sigaro verso Ed. «Dove finisca la religione e dove cominci l’economia è un problema insolubile, Piccolo Ed. Troverai che la maggior parte delle religioni del mondo hanno le loro basi nel sistema economico del loro tempo. Prendi per esempio il Giudaismo. Quando Mosè stabilì quelle sue leggi, amico, esse coprivano ogni aspetto della vita nomade del popolo ebraico. Rapporti di proprietà, trattamento degli schiavi, dei servi e dei dipendenti, problemi di denaro. E il lavoro. Lo stesso dicasi per la religione di Maometto.»
«Ma questo succedeva molto tempo fa» obiettò Ed.
Buzz fece una specie di ghigno, si ficcò il sigaro in bocca e, stringendolo tra le labbra, disse: «Vuoi un esempio più recente? Prendi Padre Divino. Non hai mai sentito parlare del suo movimento? È cominciato negli anni della grande depressione e, credimi, se non fosse scoppiata la seconda guerra mondiale, la religione di Padre Divino avrebbe invaso tutto il Paese. Perché? Perché era sostanzialmente un movimento economico sociale. Dava da mangiare alla gente in un periodo in cui molti facevano la fame. Era una specie di comunismo primitivo. Tutti gettavano quello che avevano nel calderone comune. Se non avevi niente da dare, andava bene lo stesso, eri ugualmente il benvenuto. Poi tutti si mettevano a lavorare, trasformando le vecchie case in rovina che avevano acquistato in ciò che loro chiamavano paradisi. Chi poteva, lavorava fuori della comunità come cameriere, autista, cuoco, eccetera, e quello che guadagnava finiva nel calderone comune. Quando un paradiso aveva risparmiato una somma sufficiente, e quando il numero dei nuovi convertiti era cresciuto a sufficienza, compravano un’altra casa in rovina e creavano un altro paradiso. Andò tutto a vele spiegate fino a quando scoppiò la guerra. Allora i seguaci del Padre Divino se ne andarono a tutta velocità a guadagnarsi cento dollari alla settimana nei cantieri navali.»