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Nel mezzo della piscina, fra bagliori magici e oli profumati, versati da abili servitori, Alustriel si era irrigidita, la bocca spalancata. Si mise improvvisamente a sedere, increspando l’acqua, e si prese la testa fra le mani, come se qualcosa avesse preso fuoco al suo interno.

«Signora?» esclamò Taern a voce alta. «State bene?»

Alustriel sollevò una mano per zittirlo, poi gli chiese: «Taern, non ti sono venuti in mente dei ricordi in questo momento? Di noi due, magari, nella notte in cui l’Arte sembrò fallire?».

Taern scosse il capo, gli occhi spalancati e scuri. «La notte in cui sentii il potere di Mystra dentro di voi?» sussurrò, incurante dei servi in ascolto e del lieve mormorio d’eccitazione suscitato dalle sue parole. «Non dimenticherò mai quella notte, Signora. Tuttavia vi dirò la verità: mi è venuta in mente ora, perché ne avete parlato, ma non prima. Non stavo pensando che ai libri contabili e al denaro di cui stavamo discutendo.»

«Non stavi pensando ad Azuth, o a Lady Magister, o alla lontana Chessenta?»

Taern scosse il capo. «No, Signora», rispose con voce bassa e tono interrogativo. «Perché dovrei?»

«Già», gli fece eco la maga, immergendosi nella piscina fino a che le increspature non le lambirono il magnifico collo. «Perché dovrei?»

* * *

[le immagini continuano a vorticare nel bagliore rosso sangue dell’Inferno]

Ad Aglarond la Simbul proibì l’uso della magia contro i cavalieri di Thay, ordinando ai propri uomini di affidarsi, invece, alle spade. Quando i Maghi Rossi che guidavano l’attacco contro Aglarond tentarono di scagliare fulmini contro le guardie della Simbul, i loro incantesimi generarono cascate di fiori, sfere di cristallo e fango. Infine, un Mago Rosso cercò di fuggire conferendo alla barca rubata dei predoni il potere di volare, ma la sua Arte la trasformò in una vecchia forma di formaggio, che si sgretolò sotto i suoi piedi. Affondarono tutti nelle gelide acque del Mare di Dhurg, e solo pochi riemersero cinti dalle catene magiche della Simbul.

A Silverymoon un incantesimo semplice, finalizzato a illuminare i recessi di una cantina buia, fece crollare la torre soprastante. Il mago, rimasto sbigottito, era Lady Alustriel in persona.

A Waterdeep lo scherzo di un apprendista, in base a cui un cane incantato avrebbe dovuto convincere le belle ragazze di passaggio a incontrare il mago solitario, fallì miseramente. Chiunque fosse toccato dal cane si trasformava in un’altra creatura: un serpente, un gallo o un millepiedi. Quando una ragazza divenne un drago sibilante, il cane fuggì in preda al terrore. I maghi delle vicinanze, avvertiti del pericolo, scagliarono incantesimi per uccidere il mostro. Questi, tuttavia, non ebbero l’esito previsto e produssero una pioggia di fuoco dal cielo, cambiando in rosa traslucido il colore di alcuni edifici di pietra grigia (per la gioia, forse, del proprietario di uno di essi, poiché si trattava di un bordello di gran classe), e provocando buchi nelle strade. Il drago fuggì sulla cima del Monte Waterdeep. Lassù gli incantesimi di Khelben Blackstaff gli restituirono la forma originale, ovvero quella di una nobildonna terrorizzata. Persino il suo incantesimo, tuttavia, andò storto e, invece di abiti, la donna isterica si ritrovò coperta di piume di colore blu intenso.

A Calimport, due schiave con fruste munite di denti stavano duellando a morte per il divertimento dei loro crudeli sultani e padroni, e per pagare una scommessa. Entrambe erano indebolite, senza fiato e barcollanti, il sudore imperlava i loro corpi oliati come ammassi di gemme. Uno spettatore mago decise di aiutare la schiava del suo padrone con un incantesimo segreto. La sua Arte furtiva, mirata a farla diventare un po’ più rapida, la trasformò invece in un drago rosso ruggente. In un attimo la creatura divorò o schiacciò i sultani, lo sfortunato mago, e molti dei loro servitori. Poi fece cenno agli altri schiavi di salirle in groppa e, insieme, volarono via, verso nord-est e le Marching Mountains.

In ogni angolo dei Regni, la magia stava impazzendo. Anche nella Valle Alta, in mezzo al caos della magia risvegliata, si verificarono mutamenti fatidici. Forse era volontà degli dei, forse si trattava dell’opera deliberata di Mystra… o forse era un puro caso. Heladar Lancialunga non ebbe il tempo di scoprirlo.

HELADAR LANCIALUNGA? CHE ME NE IMPORTA DI GUERRIERI UMANI DEI REGNI PIÙ SUDICI DI TORIL? E CHE IMPORTAVA A MYSTRA DI LUI?

Lei era… è… una dea. Le importa eccome. Se non riesci a comprendere il bisogno di accudire e di educare ciò che governi, Nergal, non puoi sperare d’essere nulla più di un reietto o di un conquistatore. Non sarai mai un governatore. O lo sarai solo finché un mondo o un piano sottoposto al tuo controllo non troverà modo di sbarazzarsi di te.

NON FARMI LA PREDICA, OMUNCOLO! [violento fulmine mentale] IO NON LO CREDO AFFATTO!

[dolore; affanno, impotenza e contorsioni del servo brutalizzato]

E ORA PARLI ANCORA ELMINSTER? NON TI RIVOLGI PIÙ A ME CON QUEL TONO BEFFARDO E SAPIENTE?

MOSTRAMI UN ALTRO RICORDO CHE MYSTRA TI HA DATO. NIENTE TRUCCHI, NIENTE INDUGI. AVANTI. MUOVITI, [sguardo furioso]

Una testa scura, lo sguardo furioso…

Una sfera fluttuante, nera, fra le ombre sfuggenti…

Ombre che scompaiono davanti alla luce della torcia, e una vecchia struttura di pietra a volta, e una stanza che non aveva bisogno di…

Khelben sospirò e si sedette lontano dalla sfera di cristallo. Era grande tre volte la sua testa, liscia e scura, inerte come la morte. In risposta si udì un sospiro femminile.

Intorno a loro la cupola della stanza degli incantesimi ammiccava e brillava di stelle… come faceva sempre, indipendentemente dal momento della giornata o dal tempo atmosferico all’esterno della Torre di Blackstaff.

Il mago scosse lentamente il capo, guardando di nuovo la sfera di cristallo vuota. «Nulla.»

Laeral gli appoggiò una mano sulla spalla in gesto di conforto. «Stai tranquillo, mio signore. La colpa non è tua. La magia sembra fare i capricci in ogni luogo dei Regni.»

Khelben Arunsun si alzò e iniziò a passeggiare per la stanza. «Non è per questo, tesoro. La mia Arte è valida, credo. Ho raggiunto Lhaeo, lo scrivano del Vecchio Mago, ma non sa dove possa essere Elminster.»

Khelben scrollò le spalle. «Lhaeo sospetta… o meglio, spera… che una ranger dei Cavalieri di Myth Drannor sia con lui: una certa Sharantyr. Non riesco a raggiungerla e, a dire il vero, me la ricordo appena. Ci siamo incontrati solo una volta o due, ed era sempre circondata da altre persone, che conosco molto meglio.»

Laeral scivolò silenziosa dietro di lui e gli accarezzò le spalle. «Non mi aspettavo di ottenere un risultato migliore, e sarei molto sorpresa se tu mi dicessi il contrario. Possiamo solo continuare a tentare e a sperare.»

La signora studiò seria l’uomo che era suo signore, amante e padrone. «La tua preoccupazione è più profonda, mio Signore… c’è dell’altro. Sono pronta ad ascoltarti, se lo desideri.»

Khelben si voltò e la prese fra le braccia, senza sorridere. Dietro di lui una stella cadde nel vuoto scuro e infinito della stanza. «Ho tentato di raggiungere Azuth e la Signora. Li ho sentiti. Sono qui, nei Regni, con noi. Il potere di Azuth arde, ma è debole, è solo un lieve bagliore laddove un tempo c’era un fuoco, e non riesco a mettermi in contatto con lui. La sua Arte declina a mano a mano che la utilizza; sta aiutando gli esseri più piccoli come ha sempre fatto… e come farà, temo, fino a diventare solo un sussurro e un ricordo.»

Laeral lo fissò con occhi scuri, meravigliosi. «Ma questo non è ciò che più ti preoccupa. Si tratta della Signora!»

Khelben incrociò il suo sguardo e annuì, arcigno. «È prigioniera. Una magia la intrappola e assorbe il suo potere… una magia che non ho mai percepito prima e che ancora non comprendo.»

Laeral lo guardò inorridita. «Chi mai su Faerûn ha il potere di tenere prigioniera la Grande Mystra!»