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Khelben sorrise amaramente. «Perbacco, un altro dio, naturalmente.»

DUNQUE MI MOSTRI ANCORA I TUOI AMICI PREOCCUPATI PER LA TUA ASSENZA. MOLTO TOCCANTE. E VA BENE, SCALTRO MAGO: FAMMI VEDERE UN ALTRO RICORDO DI MYSTRA, NEL QUALE SI VEDONO QUESTI TUOI AMICI CHE CERCANO DI FARE INCANTESIMI PER TROVARTI. FORSE QUESTO GROVIGLIO DI RICORDI CHE TI DIVERTE TANTO CI PORTERÀ DA QUALCHE PARTE…

Come desideri.

SMETTI DI FARTI BEFFE DI ME, MAGO! [schiaffo mentale]

Non prendo mai in giro, demone. [schiaffo mentale ricambiato]

[dolore; stupore] OSI TANTO?

No, Lord Nergal. Ma Mystra sì.

[confusione… paura] LEI È CONSAPEVOLE, CON TE… DENTRO DI TE?

Non in questo momento. Ma può diventarlo, se tocchi il ricordo giusto… scusami, il ricordo sbagliato. Allora mi raggiungerà, e tutto il tuo lavoro verrà cancellato.

[paura, rabbia] NO. NON HA ALCUN POTERE SU DI ME IN QUESTO LUOGO. L’INFERNO È GOVERNATO DAI DEMONI.

Naturalmente. Bel trono, a proposito.

[fiamme rosse di rabbia] DUNQUE NON PRENDI MAI IN GIRO NESSUNO, PICCOLO ESSERE INSIGNIFICANTE?

Mai. Cerca di tenerlo a mente.

[sguardo severo] SVELAMI IL RICORDO, ELMINSTER AUMAR.

«Solo gli dei sanno dove sono, ormai», affermò tranquilla Storm. «Credo che Elminster sia andato a ovest… ma potrebbe essere passato per una decina di porte segrete. Con un solo passo potrebbe aver raggiunto l’altra parte di Faerûn… o persino un altro piano.»

«Che pensiero incoraggiante», osservò sardonica Shaerl. «Devo dire a Mourngrym di rivalutare le difese della valle e includere una decina di Porte sconosciute, invisibili, ma troppo esposte, da cui si possono riversare eserciti invasori?»

«Calma, ragazza», intervenne Jhessail, picchiettandole la mano. «Bevi ancora un po’ di smorzafuoco», aggiunse, passandole la bottiglia di liquore rosso rubino. Illystil l’afferrò silenziosamente mentre le passava davanti e fu ripagata con un’alzata di sopracciglio da parte di Jhessail. La ragazza contraccambiò il gesto, interessata.

«Signore, signore», sospirò Storm, togliendo i piedi dal tavolo. «Dobbiamo soffiare e gnaulare come gatte rivali!»

Illystil scrollò le spalle. «È ciò che abbiamo sempre fatto prima», osservò con calma maliziosa.

Shaerl emise una risatina, e un attimo dopo tutte le altre si unirono a lei. La Signora di Shadowdale aveva portato le due maghe alla fattoria di Storm in tarda serata, dopo che gran parte degli uomini della Torre Contorta… incluso suo marito, Lord Mourngrym… erano andati a dormire. Tali riunioni di pettegolezzi si svolgevano solitamente di pomeriggio, ma erano tutte troppo agitate per dormire e si erano incontrate per caso, mentre si aggiravano per la torre a piedi nudi e in vestaglia.

Anche Storm Silverhand era sveglia quand’erano venute a chiamarla. Mentre si avvicinavano, le tre l’avevano udita parlare a bassa voce con qualcuno, ma quando avevano aperto la porta, lei era sola, un liuto appoggiato in grembo.

Avevano cantato una o due canzoni, spettegolato degli affari della valle, e avevano finito per parlare dell’assenza improvvisa di Elminster.

Illistyl era rimasta sorpresa di vedere le lacrime raccogliersi negli occhi di Storm. La signora bardo aveva parlato poco e mantenuto tale atteggiamento silenzioso… ma la sua tristezza aleggiava come un’ombra nella stanza, avvolgendo tutti i presenti. Illistyl l’avvertiva più intensamente di chiunque altra, ma non riusciva a trovare un modo gentile per scacciarla. Il suo sguardo percorse il tavolo e incrociò quello sapiente di Storm fisso su di lei.

Illistyl esplose: «Storm, che cosa c’è che non va? Vorrei aiutarti, ma non so nemmeno…».

La ragazza s’interruppe, spaventata, quando un pipistrello grande e nero come un manto entrò pesantemente dalla porta aperta, volteggiò basso sopra il tavolo e agitò l’aria davanti al camino. Un istante più tardi, si era trasformato in una donna alta e magra dalla tunica nera e sbrindellata. Gli occhi e i capelli della creatura si mossero selvaggi, e con un orgoglio feroce stampato sul volto questa si diresse silenziosa verso di loro.

«Sorella!» la salutò Storm con un sorriso di benvenuto. «Ti va di bere con noi un bicchiere di smorzafuoco!»

La Simbul tremò come un gatto spaventato. «Più tardi», esclamò, prendendo posto intorno al tavolo. «Dopo che avrò tentato di scoprire ciò che entrambe vogliamo sapere.»

«Ciò che tutte vogliamo sapere», replicò Storm con voce pacata. «Ho mandato anche due uomini validi alla loro ricerca. Due arpisti.» Nella stanza le corde della sua arpa sembrarono vibrare lievemente.

La Simbul guardò le altre, senza sorridere, le salutò con un gesto del capo, una ad una, e subito dopo chinò la testa e iniziò a mormorare le parole dell’Arte.

Nella stanza calò una forte tensione. La fiammella delle candele si affievolì fino a diventare una capocchia di spillo. La Simbul sedeva al centro del potere, nera e immobile. D’un tratto le sue spalle tremarono, la donna rimase senza fiato e le candele tornarono ad avvampare. La stanza era più luminosa… e tuttavia, pensò Illistyl, guardando al viso sconsolato e devastato della Simbul… non sembra affatto più sicura o più calda.

La Strega-Regina di Aglarond le guardò a una a una ed esclamò semplicemente: «Avrò bisogno del vostro aiuto, di tutte voi. Unite le vostre mani alle mie, proverò ancora».

Senza alcuna esitazione le donne si protesero intorno al tavolo, la bottiglia di liquore nel mezzo, come una fiamma rossa. La Simbul chiuse gli occhi, rabbrividì nuovamente e cominciò a concentrarsi. Come prima, la luce nella stanza si affievolì.

«Pensate», mormorò, «pensate a Sharantyr. Immaginate il suo volto, la sua voce, come si muove. Dobbiamo concentrarci su di lei, poiché Elminster è protetto dalle magie di ricerca».

Obbedienti, tutte pensarono a Shar. Jhessail chiuse gli occhi, il volto sereno. Illistyl e Shaerl aggrottarono le sopracciglia e strinsero forte le palpebre, per concentrarsi meglio. Legate alla Simbul, le maghe la sentirono attingere al potere, nutrirsi dei loro pensieri, delle loro emozioni e dei loro desideri.

Il potere turbinò nella stanza. Poi la maga lanciò il suo pensiero di ricerca, lontano. Come l’amo di un pescatore in acque scure, la Simbul si tuffò in un vuoto, in cui le altre non potevano seguirla.

Dopo un silenzio lungo e teso questa si scrollò come un cane appena uscito dall’acqua. «Abbiamo bisogno di più energia. Tutto è contorto, tutto è impazzito. Syluné… per favore!»

Tre paia d’occhi sorpresi videro le dita di Storm e della Simbul separarsi. Nell’aria fumosa tra le due maghe apparvero due mani evanescenti, che sembrarono crescere e acquisire consistenza in un silenzio spettrale. Entrambe afferrarono una mano viva.

Poi si udì un sussurro delicato: «Sono qui. Provate adesso, Sorelle».

Shaerl, Jhessail e Illistyl si guardarono per un istante, impaurite, fissarono la figura evanescente fra Storm e la Simbul, chiusero gli occhi e ricominciarono a cercare Sharantyr.

Trascorse un’eternità. Le candele si erano consumate. Le donne respiravano all’unisono, in maniera lenta e profonda. Toril, con maestosa lentezza, girava costantemente sotto i loro piedi.

Udirono qualcuno piagnucolare, e il cerchio si ruppe.

Storm si ritrovò a stringere in mano l’aria, e la Simbul cadde pesantemente con la faccia sul tavolo, facendo vacillare la bottiglia.

«Storm?» chiese ansiosa Shaerl, facendo per alzarsi. «È…?»

«Esausta», mormorò il Bardo di Shadowdale, appoggiandosi allo schienale della sedia. «Come lo sono io. È una magia che pochi conoscono… per fortuna, altrimenti, in breve tempo, mezza Faerûn sarebbe piena di maghi dissennati.»