Выбрать главу

Jhessail salvò la bottiglia e la porse silenziosa a Storm. La donna fissò il liquore, inebetita, per qualche secondo, poi l’afferrò, la stappò e ne bevve un lungo sorso. Quando la richiuse, era quasi vuota.

«Storm», chiese Illistyl tranquilla, la voce quasi ferma, «quella era…?»

«Nostra sorella, Syluné», rispose il bardo, con altrettanta tranquillità. «Sì, era lei, e ciò che abbiamo tentato di fare ha fatto più male a lei che a noi.»

La donna le scrutò con gli occhi scuri e aggiunse: «Dunque ora sapete. Accollatevi un altro segreto, per il bene della valle».

Tre paia d’occhi seri incontrarono il suo sguardo, e tre facce intente annuirono silenziose.

La Simbul si agitò e con la guancia ancora appoggiata sul tavolo esclamò: «È rimasta ancora un po’ di quella roba?».

Quando le risate si placarono, Illistyl osò poggiare teneramente le mani su quella che era, forse, la più potente maga vivente di Faerûn, la sollevò e le asciugò la fronte madida di sudore. La Simbul la ringraziò con un sorriso, poi si rivolse a tutte e affermò: «Bene, che abbiamo fallito lo sapete già, ma ci sono notizie peggiori».

Jhessail e Shaerl la guardarono con durezza. «Raccontaci», esclamò la Signora di Shadowdale.

«In tutti i Regni l’Arte sta impazzendo», rispose fredda la Simbul. «Dappertutto, e per tutti quelli che la esercitano… possiamo fare incantesimi, ma il nostro controllo fallisce, il più delle volte è completamente inesistente. La magia è uscita di senno, e non riusciamo a fermarla.»

Il terrore comparve e scomparve sul suo volto bianco. Allungò, pensosa, una mano verso la bottiglia. «In tutta Faerûn», aggiunse, «nessun mago, arcimago o apprendista può più fare affidamento sugli incantesimi».

Illistyl, Shaerl e Jhessail si scambiarono occhiate impaurite. Illistyl e la Signora di Shadowdale parlarono all’unisono, formulando la stessa domanda. «Nel nome di tutti gli del perché!»

Storm rispose dolcemente, gli occhi puntati sulla fiamma della candela più vicina: «È proprio questa la ragione… tutti gli dei. Sono stati ricacciati nei Regni, a combattere in mezzo a noi, a lottare e cimentarsi come gli uomini; Mystra è fra loro. È per questo che Elminster se n’è andato».

«Ricacciati?» chiese Illistyl in un sussurro. «Da chi? Chi può avere un tale potere?»

Storm allargò le braccia. «Nelle scritture antiche, veniva chiamato Superdio. Oggi, per quelli che sanno della sua esistenza, è “Colui che è nascosto”.» Il bardo sorrise. «Se lo incontrate, potreste chiedergli quale sia il suo vero nome e il suo fine: molte anime, mortali e divine, vorrebbero saperlo.»

Illistyl fece un respiro profondo ed esitante, poi sorrise. «Mi metterò subito all’opera.» Con mani tremanti raggiunse la bottiglia, bevve, e la ripose semivuota.

Shaerl scosse il capo. «Calma, fanciulla, altrimenti ti dovremo riportare alla torre a forza di braccia.»

Illistyl inarcò un sopracciglio. «Chi porterà chi, ragazza?»

Jhessail si alzò. «Venite, ragazze», esclamò. «Abbiamo già fatto troppi danni ‘stanotte. Storm deve dormire, anche se noi non abbiamo sonno.»

Storm ringraziò la maga con un’occhiata. Jhess captò quello sguardo e spinse le compagne fuori dalla porta, nella notte silenziosa.

Mentre le candele si spegnevano, l’una dopo l’altra, le due sorelle rimasero sedute al tavolo, immobili, lo sguardo assente.

Finalmente Storm socchiuse le labbra riluttanti. «Hai visto o percepito qualcosa mentre cercavi Shar? Qualsiasi cosa!»

«No», rispose la Simbul, fissandosi le mani. «Nulla. Ero come la mia peggiore apprendista… sola, titubante e impotente nell’oscurità.»

«lo ho visto tre cose, Sorella», mormorò la voce soprannaturale che non si aspettavano più di risentire. «Fuoco, e lacrime, e stelle… sopra la testa, sembrava, come se fosse tutto mescolato insieme. Le nostre stelle.»

Storm sollevò il capo, gli occhi colmi di lacrime. «Syluné», mormorò, «grazie. Allora non sono morti».

«Non ancora», affermò fredda la voce spettrale di Syluné, «non ancora».

* * *

Storm s’irrigidì improvvisamente sopra il calderone, lasciando quasi cadere il coltello. «Eccola di nuovo», sussurrò. «Sorella, che sta accadendo?»

Syluné divenne per un attimo una sagoma argentea nella luce del fuoco, poi scivolò ancora nell’ombra. «Non lo so, ma ho parlato mentalmente con Jhess e Illistyl, ed entrambe sono irrequiete… ma non sanno perché. Potrebbe essere un segno della Signora?»

Il Bardo di Shadowdale si accigliò. «Non è mai stata tanto enigmatica prima d’ora!»

La figura spettrale di sua sorella sorrise e scomparve, lasciando Storm a fissare una pentola di rame lucente. «E per questo non potrebbe esserlo ora? Ci rifletteremo più tardi, con calma. Per adesso, è meglio mettersi la tunica, Signora dell’Arpa… i tuoi primi ospiti sono sul viale di casa!»

Storm Silverhand si asciugò le mani, imprecò allegramente quando s’accorse di aver usato la tunica come asciugamano, poi se la infilò dalla testa, tutta umida, e si mise un fiore di campo nel corpetto, come ornamento malizioso. Più tardi, per l’amore di Mystra! In quei giorni sembrava che tutto dovesse attendere…

RABBIA, PICCOLO MAGO? ORA? LA RABBIA AVVAMPA IN TE COME UNA FIAMMA, PIÙ FORTE DI QUANDO TI HO PERCOSSO E TI HO IMPRIGIONATO! PERCHÉ?

Più tardi, demone. Te lo dirò più tardi.

NO, PRIGIONIERO, ME LO DIRAI ADESSO!

[dolore]

[urla, che si trasformano in singhiozzi, immagini turbinanti]

NON CROLLARE ADESSO, GRACILE UMANO! SO CHE SEI PIÙ FORTE DI COSÌ! LA SIMULAZIONE E LA PAURA SONO PER I DEMONI CHE CALPESTO… DA TE, ESIGO OBBEDIENZA IMMEDIATA! IMMEDIATA E ASSOLUTA! MI HAI SENTITO?

* * *

Khelben sollevò bruscamente la testa. «Hai sentito qualcosa? Un ruggito, come un comando distante?»

«Un comando, mio Arunsun?» gli sussurrò all’orecchio Laeral, quasi scherzosa. «No, ma ti dico una cosa: sposta ancora una volta la testa in questo modo mentre ho le forbici vicine e ciò che taglierò non saranno capelli, ma orecchie!»

Con un pizzico d’irritazione Khelben schioccò le dita, e le forbici scintillanti balzarono verso l’alto. Laeral guardò con cipiglio le forbici, vibranti nella sua mano, poi il consorte.

«Finiamo più tardi?» chiese stizzita. «Il Signore Mago di Waterdeep è contento di andare in città coi capelli corti da una parte e lunghi dall’altra?»

«Il Signor Mago di Waterdeep», ribatté lentamente Khelben, lo sguardo fisso nel nulla, «è turbato e non sa perché. Mettile via, tesoro, evita ogni incantesimo e ascolta. Ascolta soltanto. C’è qualcosa che non va».

Le forbici tintinnarono su un tavolo, e le sfere di luce che fluttuavano tutt’intorno a loro ammiccarono e si affievolirono mentre si abbassavano sul pavimento. Nell’oscurità improvvisa Khelben riusciva a vedere Laeral, in piedi come una statua, gli occhi scintillanti, mentre entrambi cercavano con la mente che cosa avesse sfiorato i pensieri di Khelben in maniera tanto effimera… tanto debole…

Poi la porta si spalancò, e un apprendista agitato si fermò a guardarli, il corpo stagliato contro la luce che entrava dal corridoio alle sue spalle.

«Signora e Signor Mago», sbraitò, «chiedo perdono! Ah, stavate…?»

«Tagliando i capelli?» chiese Laeral pacata, mentre le sfere di luce si riaccendevano in tutta la stanza. «Sì.» Abbozzando un sorriso gli chiese: «Dunque, Kareece: quale notizia scuote i Regni e richiede la nostra immediata attenzione?».

* * *

Ti ho sentito, demone. Per Mystra, se ti ho sentito.