Выбрать главу

Infine uscì dalla stanza. Ordinò, severo, al Custode preoccupato e al cerchio impassibile di guardie del Drago Purpureo appostate fuori, di sgomberare quell’ala del palazzo e poi di recarsi nella Stanza dello Stolto Sfrontato. Il mago rimase poi in silenzio, in attesa che gli echi dei loro passi obbedienti svanissero.

Vangerdahast pronunciò una parola a bassa voce, con la quale risvegliò le magie guardiane, che gli avrebbero rivelato la presenza di eventuali spie nascoste o in agguato. Non fu sorpreso nell’apprendere che non v’era nessun intruso nelle vicinanze. Assicurandosi di essere su una piastrella specifica del pavimento, il mago toccò uno degli anelli della catena nascosta che portava al collo e pronunciò una parola che aveva sperato di non dover più usare.

Improvvisamente, su una piastrella adiacente, si materializzò un uomo alto, in tunica nera, una mano sulla barba e uno sguardo tutt’altro che lieto. «Sì?» sbottò.

Vangerdahast s’inchinò lievemente davanti all’ospite. «Le mie scuse, Lord Khelben. Sii il benvenuto nel palazzo reale di Cormyr, in Suzail.»

«Vangy», brontolò Khelben, «so dove si trova il palazzo reale. E accetterò anche le tue scuse; la tua ospitalità mi onora, e ti sarei ancor più grato se mi spiegassi la ragione per la quale sono stato convocato». Gli angoli della sua bocca s’incresparono. «Una risposta sufficientemente interessante potrebbe anche placare l’ira di Laeral per la mia scomparsa improvvisa. Ti ricordo l’uso del condizionale “potrebbe” e di rispondermi a tono.»

Il mago fece un respiro profondo e incrociò il suo sguardo. «Siamo all’esterno della Stanza delle Pergamene e dei Registri; tu hai contribuito alla creazione di alcuni incantesimi di difesa, ancora attivi. Qualcosa è apparso là dentro e io spero che tu possa identificarlo e spiegarmi il perché della sua comparsa.»

Blackstaff sollevò un sopracciglio scuro, si voltò verso le doppie porte massicce e fece un gesto sinuoso con una mano.

Vi fu un istante di silenzio, poi le porte caddero in frantumi tra nubi di polvere, con un boato che crebbe e si affievolì in un attimo. Il torrente di metallo sgretolato era svanito, ingoiato dall’aria soprastante le piastrelle sulle quali erano in piedi i due uomini.

«Come…?»

«Uno degli incantesimi che escogitai molto tempo fa. Nessuna porta di questo luogo può resistermi.»

Ora fu Vangerdahast ad alzare un sopracciglio dubbioso. «Oh! Perché l’hai fatto!»

Khelben scrollò le spalle. «Tutti abbiamo il nostro modo di agire.» Puntò un dito sul pavimento tirato a lucido della Stanza, indicando la mano umana che si levava inverosimilmente dal marmo liscio. «Quella, per esempio, è opera di Elminster.»

«Che cosai» ringhiò il Mago Reale. «Ne sei certo!»

Khelben avanzò fino a un punto preciso del pavimento e mormorò una parola. L’aria avvampò per un istante, il mago sollevò una mano nel bagliore, e quando questo svanì, il Signore Mago di Waterdeep stava impugnando una grossa bottiglia decorata.

«Inconfondibile. Ho già visto prima tale incantesimo. Qualcuno ha fatto scattare una delle sue trappole… probabilmente posta in un luogo dove s’incontra con la Simbul.»

«Dunque è un Mago Rosso», rifletté Vangerdahast. «O forse… era.»

Khelben annuì, e si mise a bere dalla bottiglia, senza preoccuparsi di prendere un calice.

Il Mago Reale guardò la bottiglia con aria infelice. Quante altre sorprese nascoste aveva in serbo la ragnatela d’incantesimi della sala? «Come facciamo a sbarazzarcene!» chiese titubante a Khelben.

Il collega si passò la lingua sulle labbra e sollevò nuovamente la bottiglia. «Sono sicuro che sai come contattarlo», rispose. «Anche se non vuoi farlo.»

Vangerdahast fece una smorfia, come se fosse afflitto da un dolore improvviso. Superando riluttante la soglia, non più protetta dalle porte, il mago di corte sollevò una mano e mormorò qualcosa.

Khelben rimase a guardare, un sorriso appena abbozzato sul volto.

Improvvisamente un cerchio di luce avvampò sul pavimento e, un attimo dopo, qualcuno apparve nel centro.

Una donna alta e magra, che qualcuno avrebbe osato definire ossuta, poiché quando si voltò le si videro chiaramente le costole. Una chioma di capelli argentei ribelli si agitava intorno a lei come un covo di serpenti. Si voltò verso l’uomo che l’aveva evocata. Vangerdahast deglutì vistosamente.

Gli occhi furiosi della Simbul, Strega-Regina di Aglarond, erano a soli tre passi dai suoi. La donna era nuda e non sembrava divertita.

«Vangerda…» iniziò, la voce pericolosamente bassa e vellutata. Granelli blu di fuoco magico si raccolsero sul suo palmo sinistro e la maga si voltò per dare un’occhiata alla stanza.

L’espressione sul suo volto cambiò all’istante. Emise un gridolino di gioia e, a piedi nudi, silenziosamente, si affrettò a raggiungere la mano che spuntava dal pavimento.

Si chinò a guardarla… entrambi gli uomini la fissarono per un attimo, poi distolsero lo sguardo, si schiarirono la gola, e posarono nuovamente lo sguardo su di lei. La Simbul batté le mani e sibilò contenta: «Adrelgus, sì,… tanto folle da tentare di uccidermi!».

La donna si voltò a guardare i due maghi, si mise le mani sui fianchi e borbottò: «Era questo ciò che intendeva El per il mio “piccolo regalo proteso verso di me”!».

Batté di nuovo le mani e mormorò qualcosa d’incomprensibile. La mano scomparve improvvisamente e il pavimento di marmo riacquisì lucentezza e integrità, come se quella cosa non ci fosse mai stata.

La Simbul fece loro un allegro cenno di saluto, agitò i capelli con una mossa deliberatamente sensuale e schioccò le dita, poi svanì anche lei.

Inevitabilmente i due maghi fissarono il punto che aveva appena occupato, si schiarirono di nuovo la gola, dopodiché si voltarono a guardarsi.

«Se proprio devi farti catturare», affermò Khelben con voce fredda, «fa’ almeno che non sia una donna, o per lo meno, non quella donna».

Vangerdahast posò involontariamente lo sguardo sul punto in cui era spuntata la mano. Non vi era alcuna traccia della presenza di un Mago Rosso.

«Quanti palazzi, volte e castelli in tutta Faerûn, creduti luoghi sicuri dai loro padroni», chiese, nauseato, «possono essere violati con tanta facilità!»

Khelben sorrise con un solo angolo della bocca. «Oh», rispose tranquillo, «ne saresti sorpreso».

NO, NO! [grugniti di rabbia] NON MAGHI A CUI HAI INSEGNATO O CHE TI PORTI A LETTO! I PRIMI TEMPI, HO DETTO!

BAH! SE MYSTRA NON TI HA CRESCIUTO O CREATO, SICURAMENTE TI HA SCELTO. PORTAMI INDIETRO, PRIMA DELLA TUA NASCITA, IN QUALSIASI RICORDO TI ABBIA TRASMESSO RELATIVO ALLA SUA SCELTA… E VEDIAMO PERCHÉ.

STUPIDO MAGO!

* * *

Il Mago Reale di Cormyr alzò lo sguardo verso la Regina Filfaeril e vide nei suoi occhi la rabbia scintillante che si aspettava. Grazie, o dei protettori.

«Avete fatto bene a chiamarmi, Altezza», affermò serio Vangerdahast.

La regina annuì, il volto impassibile, e cominciò a indicare le guardie alla porta, le sue ancelle, i due maghi dietro Vangerdahast e, infine, la porta.

«M-mia Signora?» osò chiedere una delle guardie, guadagnandosi un rimprovero silenzioso e un gesto imperioso che gli ingiungeva di andarsene. Ciò fu sufficiente per dare avvio alla migrazione frettolosa e silenziosa.

Il mago di corte rimase in piedi, immobile davanti alla regina, finché i presenti non se ne furono andati, lasciandoli completamente soli.

«Signora?» esclamò l’uomo, senza curarsi di nascondere un sospiro.