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Accidenti, era diventato famoso. Averno doveva offrire ben pochi divertimenti, se un solo mago umano attirava tanto interesse!

Beh, non era proprio così. El si affrettò a mettere da parte ogni superbia: era certamente la spaccatura ad attrarre tanti demoni.

Elminster vide altre ali di pipistrello precipitare impotenti nel cielo, colpite dalle saette che scaturivano dai torrenti di forza, nel punto in cui i due mondi s’incontravano e si ghermivano.

Una seconda saetta sibilò verso di lui, ed Elminster fu pronto. Allargando le mani formicolanti d’incantesimi, legati l’un l’altro a formare una catena bianca e blu, si tuffò nel suo cuore impetuoso. Con un grido silenzioso attinse potere finché questo non divenne bollente, soffocante, dentro di lui. Poi fu costretto a ritirarsi dal flusso e a risalire nel cielo rosso rubino, tutto ansimante e tremante.

Questa volta si era allontanato solo di poco, e le sue membra ardevano d’energia. A una certa distanza i demoni alati cercarono di bere il potere del fulmine come aveva fatto lui, ma trovarono la morte, poiché questo li ridusse in un ammasso di piccole fiamme rosse e scoppiettanti.

Un drago lo vide e, dopo aver smesso improvvisamente di dilaniare e divorare tharguth, si precipitò verso di lui, come una muraglia di carne squamosa. Sputò fuoco, fiamme voraci che nulla potevano contro i demoni, ma perfettamente in grado di cuocere a puntino un uomo mortale.

Elminster si lanciò in picchiata e bevve dal fuoco del drago, stringendo i denti e lottando risoluto contro il dolore intenso, ma breve, e attenuando il calore con la magia.

Ansimò, ma alla fine ebbe la meglio. Ora il Vecchio Mago era pieno d’energia, e rischiava quasi di scoppiare. Il suo corpo tremava nello sforzo di trattenere tanta forza: non era più il suo canale, ma la sua essenza, e lottava contro quell’impeto per riuscire a spostarsi dove desiderava e per evitare di essere dilaniato da una tale furia.

O dalle fauci di un drago. La grande bestia rossa, tre volte più grande di quelle che aveva visto a Toril, persino più massiccia di Larauthtor, che aveva oscurato il cielo come una montagna vivente, si avventò su di lui, le mascelle spalancate.

Elminster stese le braccia dietro di sé e lasciò che piccoli getti di fiamme gli fuoriuscissero dalle dita, proiettandolo verso l’alto, in avanti, e lontano, oltre la portata del drago, che si agitava freneticamente per afferrarlo.

I suoi artigli fendettero selvaggiamente l’aria nella fretta di voltarsi. Richiudendo invano le fauci, il drago sbatté le ali enormi tanto forte che l’aria tuonò. Colta da un trio di saette provenienti dalla spaccatura, la bestia s’irrigidì, e un attimo dopo le sue squame si vaporizzarono. Negli ultimi istanti di vita provò un dolore tale che non riuscì nemmeno a gridare. I suoi occhi furono consumati dalle fiamme, e fili di fumo s’innalzarono dalle orbite scure e dalle fauci che, per un po’, continuarono a muoversi, mentre il drago scompariva nella tenebra rocciosa sottostante.

Niente di tutto ciò aiutava però Elminster a sanare la fenditura sempre più larga, un occhio lacrimante nel cielo di Averno. Il mago rammentò una strofa di una canzoncina licenziosa mentre si sollevava sulle sue ali di fiamme incantate e si dirigeva impavido incontro al suo destino sulle note allegre del motivetto.

Alcuni fulmini gli si gettarono contro. El li avvolse con catene magiche tonanti e li trascinò in giro, tracciando archi nel cielo devastato. I fulmini precipitarono nuovamente verso la loro fonte in un flusso rapido al quale il mago si unì. Cadendo a precipizio in quel lucore accecante, El protese le braccia.

Tutti i rumori furono coperti da un rombo echeggiante. Elminster divenne una freccia fra i potenti flussi di forza, che tuonarono oltre il suo corpo, in un gran caos di lingue che lo stormivano di colpi e lo strattonavano, minacciando di scagliarlo lontano e di ridurlo in pezzi, in un ammasso sanguinante.

Quando la forza gli bruciò la punta delle dita, El lanciò un incantesimo di fuoco per imbrigliarla e governarla, precipitandosi sulla sponda indistinta dove iniziava Toril. Tirò, afferrò e cucì, cavalcando torrenti di forza impetuosi per ricongiungere il cielo blu.

Alcuni demoni urlarono, dilaniati al suo passaggio. Elminster li udì appena e guardò bramoso il mondo che, per salvare, si sarebbe dovuto lasciare alle spalle. Lanciò un’occhiata nostalgica a Shadowdale, una piccola gemma verde giù in basso, prima di lanciarsi nel cielo per continuare a ricucire quella spaccatura frastagliata con la forza impetuosa e stridente.

«I bardi non troverebbero parole per descrivere tutto ciò», ansimò il mago. In alto, il cielo blu e il cielo rosso slittarono, scivolarono e combatterono per la supremazia. Elminster saettò lungo la linea rabbiosa. Un’energia nauseante lo attraversò con violenza, come la spada che un tempo era affondata nella sua gola ed era fuoriuscita da dietro in un breve gelido istante…

Tutto quello era accaduto molto tempo addietro, in un momento in cui la posta in gioco era molto meno alta. Un ricordo fra molti, che lo invitavano di continuo ad addentrarsi fra le loro ombre. Le profferte si facevano sempre più allettanti a mano a mano che Elminster avvertiva la stanchezza, che in quei giorni gli gravava sulle spalle come un manto di piombo…

D’un tratto terminò. Le energie si allontanarono per ultimare ciò che El aveva iniziato, ripristinando quanto che era stato distrutto e celando per sempre alla sua vista la luminosa Toril. Il rombo del cielo si placò e il mago iniziò a cadere come una stella spenta nelle tenebre color rosso scuro di Averno.

Ce l’aveva fatta. Stordito ed esausto, non riuscì a pensare ad altro. Toril era salva e il suo destino era segnato.

«I miei ringraziamenti, Grande Elminster», esclamò rivolto a se stesso con sarcasmo, facendo un brindisi immaginario mentre s’avvicinava inesorabilmente ai denti di roccia nera. «La bella Faerûn ha visto la tua sublime vittoria, malgrado nessuno lo sappia, né ad alcuno importi. Benvenuto nel letamaio che t’aspetta.»

Con l’ultimo briciolo di volontà rimastogli, El si tramutò in un pezzo di roccia e si gettò di lato, in modo da trasformare la sua caduta in un tuffo profondo in quello che, probabilmente, era il Lago del Sangue. Che le sue acque calde e fetide attutissero dunque l’impatto! La carne putrefatta che ricopriva il suo letto l’avrebbe nascosto. Forse poteva rimanere celato laggiù, finché non avesse recuperato abbastanza forza da…

Da una tale altezza una pietra colpisce l’acqua con la stessa forza di un martello da fabbro. L’impatto brutale con la superficie avrebbe tolto il fiato a Elminster, sempreché gliene fosse rimasto un po’. Il calore gli gorgogliò accanto mentre sprofondava nell’abisso umido, rallentando gradatamente quando…

Qualcosa di scuro e di serpentino sbucò dalle profondità rosse e lo afferrò. Un tentacolo lo avvolse come la frusta di un mandriano… poi El si sentì trascinare in superficie.

Beh, negli Inferi non ci si poteva certo aspettare che vi fosse riposo per gli sventurati. Perciò… che il tormento avesse pure inizio. Che Mystra mi preservi e mi protegga. Per favore.

El si ritrovò gocciolante fuori dall’acqua insanguinata. Una magia sconosciuta lo avvolgeva e lo colpiva, procurandogli brevi fitte. Sotto i pungoli di quell’incantesimo El stava cambiando forma. Fluiva e si srotolava, tornando a essere… se stesso, un umano con braccia, gambe e… occhi.

Occhi che roteavano mentre gemiti, lamenti strazianti e una sinfonia di strilli indicavano che gli stavano spuntando anche le orecchie. Poi, d’un tratto, il mondo si mise a roteare, tremò e si arrestò in una visione di una chiarezza sconcertante.

Elminster stava in piedi su una roccia calda e affilata, scalzo. Aveva i piedi, le gambe… tutto il suo vecchio corpo macilento, persino la barba. Si trovava in una piccola conca nel mezzo di una grande distesa di pietre, e fili di gas nauseabondi gli si avvinghiavano al corpo, bruciandogli le gambe a ogni passaggio. In cima alle rocce, rami spogli e spinosi di alberi scheletrici si stagliavano come mani disperate contro un cielo rosso sangue. La terra tremò. Da qualche parte nelle vicinanze s’innalzò una fiamma, ruggì brevemente fra le rocce annerite e scomparì nuovamente dalla vista.