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In una sala scura e buia dove scheletri sedevano accasciati su sedie alte, dallo schienale arcuato, pallidi bagliori tremolavano intorno alle loro dita ossute mentre gli incantesimi contenuti negli anelli che portavano s’apprestavano a morire, rilasciando magie che elaborate prima della nascita di Alaundo…

La forza che sondava la mente di Elminster vacillò, ed egli si ritrovò nuovamente in Averno. Un ruggito rabbioso gli rimbombò nella mente: PER TUTTI I FUOCHI BRUCIANTI! LA TUA MENTE È… UN DISASTRO!

El accennò un ghigno crudele e cercò di inviare un pensiero chiaro e risoluto all’entità che aleggiava nella sua mente.

Naturalmente. Sono un mago.

Uno schiaffo silenzioso lo colpì dall’oscurità della sua mente ed Elminster ruzzolò in un ruscello di quelle che parevano lacrime, o sangue. Si ritrovò a gridare, o perlomeno a tentare di farlo, e a scuotere una testa che non aveva…

Disperatamente, al di sotto dell’intimo manto di conforto in cui si era rifugiato, El rovesciò una pietra vicina al suo cuore e riscaldò la mano, solo per un istante, sul fuoco argenteo celato sotto di essa.

Poi, di nuovo calmo, si alzò nell’oscurità vellutata della sua mente e proseguì, scostando velo dopo velo, finché non vide ancora una volta il cielo rosso sangue di Averno. All’orizzonte, in lontananza, sfrecciò un’altra sfera infuocata.

COS’HAI FATTO…? IL FUOCO… HAI USATO IL FUOCO DI MYSTRA! DAMMELO!

El continuò a strisciare e rimase in silenzio, cercando di raggiungere e superare la cima del pendio prima d’essere costretto a voltarsi e a guardare il volto infuriato di Nergal.

Il demone reietto era in piedi, le braccia conserte e gli occhi fiammeggianti. I tentacoli si levarono al sopra della sua testa, bramosi di colpire. CONSEGNAMELO, UOMO! Tuonò la voce nella sua mente. MOSTRAMI COME EVOCHI IL FUOCO ARGENTEO!

El non smise di strisciare, incapace di vedere il paesaggio di Averno, mentre tentava di pensare all’oscurità assoluta, alle notti trascorse a brancolare lungo i sentieri di foreste buie, ai momenti persi a vagare in tombe umide e gocciolanti…

Alle sue spalle intravedeva un bagliore, e udiva una cacofonia di suoni striduli. Nergal stava avanzando: si aggrappava ai ricordi di El e li dilaniava, l’uno dopo l’altro, fino a disseppellire ciò che cercava nell’oscuro labirinto mentale di un mago condannato a dimenticare sin troppo poco.

Stendardi in fiamme, una battaglia sotto un sole luminoso molto tempo fa…

Elminster spostava i sassi, li rivoltava per rivelare il fuoco sottostante… un fuoco di sangue di drago fumante, versato istanti prima in un duello che…

NO! NON QUEL RICORDO! IL FUOCO ARGENTEO, PIAGNUCOLOSO D’UN VERME!

Fuoco argenteo… che si riversava tra le sue dita, fra le lacrime, su un altro campo di battaglia, una donna elfo morente fra le sue braccia, il capo reclinato all’indietro e la sua magnifica gola tremolante mentre il fuoco le fuoriusciva dal corpo come fumo luminoso, per poi scendere verso il basso, lungo le dita, fiammeggiante, e languire nell’erba circostante…

SÌ! ANCORA! MOSTRAMI COME SI USA IL FUOCO ARGENTEO!

Fuoco argenteo che s’innalzava impetuoso, ruggente, famelico…

SÌ! FAMMI VEDERE DI PIÙ! MOSTRAMI!

Fiamme argentee turbinanti al di là di un centinaio di facce incredule, teschi urlanti, occhi sciolti e sfrigolanti, lingue di fuoco che consumavano tutto… mani sollevate in una vana ricerca d’aiuto in mezzo al fuoco impetuoso… dita sottili e aggraziate, dalle lunghe unghie, si chiusero sul nulla…

UN ASSASSINIO? CON IL FUOCO DI MYSTRA? FAMMI VEDERE!

Per quanto odi perdere qualcosa della mia amata, posso vivere senza il suo ricordo di Orlugrym, sì…

MOSTRAMELO, MAGO! FAMMI VEDERE!

Spirali vorticanti e rabbiose di fiamme argentee intorno a un migliaio di torrette e di draghi ruzzolanti, e un volto femminile severo e regale…

[riordino di pensieri confusi]

La ragazza passò in un turbinare di gonne.

Il Mago Rosso sorrise. E come un’ombra avida, uscì da dietro la colonna. La Simbul poteva essere a mezzo mondo di distanza, ma quella sua apprendista faceva al caso suo. Oh, sì…

Di nuovo sentì quel sospiro delicato nella sua mente. Un frullo, quasi una carezza… non come altre sonde o incantesimi mentali che aveva già sperimentato. No, si trattava di una cosa completamente diversa. Di qualcosa che sembrava… appagato. Ora si stava ritirando, stava svanendo.

Un incantesimo indagatore inviato da quella ragazza solitaria che andava di fretta, avvolta da una tunica nera? Sicuramente no.

Non si era fermata né aveva mostrato segni di circospezione… o alcuna consapevolezza di ciò che la circondava. La giovane si allontanò da lui lungo lo stretto passaggio, meditabonda, le sopracciglia corrugate, le braccia cinte intorno al corpo. Senza dubbio si apprestava a compiere una missione ai suoi occhi molto importante.

Ma che non era niente a confronto della sua. Rubare qualcosa dalle stanze private della Strega-Regina di Aglarond. Beh, perché non la tunica dal corpo di un’apprendista!

Orlugrym accennò un sorriso vellutato. Quella era piuttosto carina. Prima si sarebbe divertito.

Sollevò una mano e mormorò un incantesimo diverso da quello che aveva programmato di usare. Davanti a lui l’apprendista s’arrestò, immobilizzata, e le falde della tunica emisero un ultimo fruscio.

«Voltati», le ordinò pacatamente mentre avanzava verso di lei, «e offriti a me».

Due occhi verde smeraldo lo guardarono con un misto di stupore e di paura. Lui s’irrigidì in attesa di un urlo o di un rapido incantesimo, ma la ragazza lo scrutò in silenzio per un istante, gli occhi spalancati, poi deglutì visibilmente e gli si avvicinò. Sollevò il viso verso di lui e si portò le dita tremanti ai lacci del corpetto.

«S-sì», mormorò, quando si abbracciarono. «Sììììì.»

Il sorriso di Orlugrym si tese quando la ragazza si tolse il vestito scuro con un movimento del busto, porgendogli i seni nudi. Lo sguardo del mago si posò sulla sua pelle morbida… solo per scoprire che riluceva d’argento. Un argento che divenne improvvisamente accecante.

Orlugrym barcollò all’indietro e si ritrovò a guardare in un volto che si scioglieva e fluiva… una chioma di capelli che s’agitava come un cesto di serpenti… due occhi fiammeggianti a lui noti… familiari a tutti i Maghi Rossi.

«Perché, Orlugrym, sei tanto incostante?» gli chiese gentilmente la Simbul, senza scherno nella sua voce. «Eri tanto sicuro del tuo intento un attimo fa, la mente priva di ogni programma al di là di quest’assalto audace. Abbi coraggio, dunque: abbracciami. Una cosa che pochi della tua razza possono vantarsi di aver fatto. Vieni.»

Orlugrym tremò mentre fissava incredulo in volto la sua condanna. Due braccia sottili si allargarono e lo circondarono, e due labbra micidiali si socchiusero e si avvicinarono alle sue, mormorando: «Tutto ciò che devi fare nella vita, Orlugrym, se ci tieni, è contare su te stesso… se, naturalmente, sai chi sei».

I loro corpi si unirono… e il mondo del mago divenne un rogo di fiamme ruggenti d’argento bruciante, che s’innalzava e divorava ogni cosa. L’ultimo ricordo di Orlugrym furono le labbra di lei, fluttuanti e disincarnate, nel mezzo del fuoco argenteo, che s’avvicinavano alle sue, socchiuse e avide…

El sospirò. Era un ricordo che Alassra aveva condiviso con lui, perciò non gli apparteneva del tutto… ma perderlo ed esserne consapevole lo addolorava ugualmente. L’immagine abbandonò la sua mente, lasciandolo assolutamente ignaro di ciò che era stato. Aveva già sperimentato un simile vuoto assordante, tempo addietro, e dov’era quel ricordo?