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Il viso scarno la guardò quasi con approvazione. «I maghi giovani e forti mi sono serviti da corpi, nel corso degli anni. Il tuo è spezzato e più debole del corpo di questo idiota.»

Mentre parlava, gli artigli striscianti attorniarono Laeral. Poi le dita scheletriche le strapparono i vestiti e scostarono le pietre. Ossa secche s’affaccendarono sopra e sotto la sua carne nuda, trascinando rami e rametti presi chissà dove sotto di lei e causandole un immenso dolore.

Gli occhi brucianti che poco prima erano appartenuti a Blaskyn la scrutarono freddi.

«Questo sciocco ti desiderava ardentemente, Laeral», mormorò la voce cupa, quasi con allegria, «ma la tua carne mi è molto più utile cotta, da mangiare. È passato molto tempo… spero sia rimasta un po’ di salsa arundoon».

Thalon si voltò, si arrestò e raccolse il pendente della maga. Poi abbozzò un sorriso sinistro. «Il folle non sapeva nemmeno che cosa fosse», affermò, provandoselo intorno al collo. «I miei ringraziamenti, maga, è rimasta una sola sfera, ma sono trascorsi anni dall’ultima volta che ho indossato un girocollo di proiettili! Da quando… ma non è necessario che tu lo sappia.» Si girò e si diresse verso le scale, camminando più rapido e sciolto a ogni passo.

«Non andartene… prima che sia tornato», le urlò la voce compiaciuta.

Laeral rabbrividì e piagnucolò per la sofferenza che tutto quel movimento le aveva causato.

Gli artigli continuarono a strisciare imperterriti. Rischiando di svenire per il dolore, la ragazza sollevò una mano intorpidita e si tolse cautamente l’orecchino dal lobo. La sua ultima magia. Chiuse la mano su di esso e si lasciò ricadere sulla catasta di legna.

Un rumore strano e orrendo giunse dalle scale, sempre più vicino: lo zombie stava canticchiando. Il suo volto bianco e scavato le sorrise crudelmente.

D’un tratto Laeral sentì un liquido freddo e appiccicoso rovesciarsi sopra di lei. Thalon stava svuotando il contenuto di una bottiglia di cristallo direttamente sulle sue membra.

«Salsa arundoon», esclamò l’arcimago senza scomporsi. «Perfettamente conservata, grazie agli incantesimi della bottiglia. Ne metterò un po’ in un posto sicuro, per la prossima volta. Quando tornerò, Laeral, ti darò un bacio; il tuo ultimo, temo, poiché soffierò dentro di te il fuoco del drago, e brucerai… I menestrelli parlano ancora dei baci brucianti! lo ho ispirato quell’espressione, malgrado il suo vero significato sembra essere stato dimenticato.»

Thalon indugiò sopra di lei, pensieroso. «Molte cose di me sono state dimenticate nei Regni. Con questo corpo giovane e bello, e la tua conoscenza di chi esercita la magia e dove, tutto cambierà. Un mago mi porterà a un altro, finché non avrò divorato ciò di cui tutti loro sono a conoscenza. Ti ringrazio per quest’opportunità, Laeral. Sei stata molto gentile.»

La maga lottò per tenere gli occhi aperti, nonostante le ondate di dolore le causassero sonnolenza. Thalon sembrò deluso. «Come, niente lacrime! Niente suppliche! Mi aspettavo almeno una reazione.»

Laeral gli sorrise a denti stretti mentre sollevava la mano. «L’avrai!» sibilò in tutta risposta, fra nuove fitte di dolore. «Alahabad!» sussurrò poi con ferocia.

Mentre volava nell’aria, l’orecchino si contorse e divenne una mano metallica, piccola come quella di un bambino, e colpì Thalon al petto, spingendolo all’indietro con forza.

Laeral vide l’arcimago vacillare, la mano metallica chiudersi e stringere l’ultima sfera del pendente che era stata la sua magia più potente per molti anni, poi si concentrò e voltò il capo.

AH! ORA LA SUA VENDETTA! ANCORA, UMANO… MOSTRAMI DELL’ALTRO!

Naturalmente. Ho trascorso tutta la vita a mostrar cose alla gente…

La maga chiuse gli occhi, perciò la fiammata che le bruciacchiò la faccia e il fianco non l’accecò. Il lampo scosse il soffitto sopra di lei e le macerie circostanti. Una coltre di polvere cominciò a caderle addosso come un mantello. Altro dolore. Minuscole schegge le si conficcarono nel fianco… i frammenti ossei di ciò che rimaneva di Blaskyn, pensò Laeral stancamente.

La ragazza rimase immobile. Il tremore cessò e lei ringraziò Tymora e Mystra. Quasi in risposta, si levò un lamento flebile di rabbia e delusione, confuso con gli echi risonanti dell’esplosione, poi lentamente si affievolì con essi.

Tocca a te ora provare dolore e delusione, pensò furiosa Laeral, mentre l’oblio nero la reclamava.

CHE COSA? VENGO PRIVATO DELLA SUA GIOIA PER IL NEMICO UCCISO? GLI UMANI SONO RAMOSCELLI DEBOLI!

Abbi pazienza, Lord Nergal, e vedrai…

[grugnito, silenzio riluttante]

Molto tempo dopo si risvegliò per il dolore e per il freddo. Guardò verso il trono: emanava ancora un debole bagliore bianco, ma non vi era nessuna traccia dello zombie. Ciò che cercava era ai piedi della pietra.

La maga digrignò i denti e si rotolò su un fianco, la gamba rotta flaccida e inutilizzabile. Il dolore ottenebrante, mentre si trascinava fra i rami pungenti e le mani scheletriche immobili, la fece singhiozzare e urlare. Strisciò lentamente sul pavimento, domandandosi se sarebbe riuscita a raggiungerla in tempo.

BEH, SE TUTTO CIÒ TI È STATO TRASMESSO DA MYSTRA, LA MAGA DEV’ESSERE SOPRAVVISSUTA, NO?

Tutto a suo tempo, demone. Tutto a suo tempo. Così è più divertente…

DIVERTENTE! [sbuffata] ORA SO DI ESSERE NELLA MENTE DI UN UMANO!

Forse prima ne dubitavi?

Passò molto tempo, in realtà, prima che arrivasse nel punto in cui era caduta la bacchetta. Laeral la strinse in mano, cautamente; le tremavano le dita. Svitò uno dei pomelli delle estremità finché il pezzo d’ottone rotondeggiante non si staccò e dalla bacchetta non uscì un piccola fiala.

Tolse il tappo con i denti e bevve avidamente la pozione fresca e dolce. Una sensazione di sollievo le pervase il corpo. Si sdraiò, con un sospiro di gratitudine, e attese che il liquido guaritore le conferisse nuova energia.

Quando si sentì sufficientemente forte, svitò l’altra estremità della bacchetta e bevve rapidamente una seconda pozione. Non appena ebbe svuotato la fiala, Laeral raddrizzò la gamba rotta con mani ferme e denti serrati. Sentì un dolore bruciante e acuto per un breve istante, poi solo un male sordo.

Con pazienza la maga di Loudwater raccolse di nuovo la bacchetta e la agitò. Questa volta ne uscì una pergamena. «La mia magia più preziosa, davvero», esclamò a voce alta, poi aggiunse con un sussurro feroce: «Blaskyn… idiota!».

Lesse dapprima il rotolo più esterno, esercitando su di sé l’incantesimo guaritore. Quando si fu ripresa completamente, evocò di nuovo una luce per esplorare a fondo la torre e recuperare eventuali magie nascoste. Nemmeno una volta toccò il trono.

Non individuò alcun libro d’incantesimi e sospettò che si trovassero tutti proprio sotto il blocco di pietra. Lo guardò una volta, sembrava fosse là ad attenderla, ammiccante e silenzioso nel suo bagliore, poi scosse la testa. Le sue labbra vennero sfiorate da un flebile sorriso.

Un giorno avrebbe potuto inviare un altro nemico a cercarla, se non avesse provveduto in fretta a distruggerlo. Ma terminare la lunga carriera di Thalon era un’impresa da compiere un altro giorno. Laeral srotolò l’ultimo foglio della pergamena, quello più interno. L’incantesimo di teletrasporto che l’avrebbe riportata a casa. Senza dire addio a Thalon, lesse la scritta e lasciò quel luogo.

HAI INTENZIONE DI MOSTRARMI UN PO’ DI MAGIA, UMANO? HAI INTENZIONE DI CONTINUARE A VIVERE?