Il demone stava ancora ridendo quando gli artigli della volontà della maga lo squarciarono, gettando la sua mascella in faccia a un cornugon sorpreso e il cranio nelle fauci ringhianti di un altro.
«Mi piacerebbe restare», grugnì la Simbul rivolta al vento mentre proseguiva il viaggio e il sangue caldo del suo nemico la avvolgeva come una nube urticante, «ma al momento sono occupata. Forse un’altra volta, tra non molto».
Alassra instaurò un altro contatto mentale e ad attenderla trovò sia il suo amato sia la furia oscura di un arcidemone. Riuscì, tuttavia, a interromperlo prima che il fulmine mentale di Nergal la raggiungesse. Torcendosi nell’aria, la Simbul si gettò di schiena in una brusca virata che l’avrebbe condotta dove Elminster era tenuto prigioniero.
Se si fosse spostata un po’ più rapidamente fra i fetori fumanti dell’Inferno, forse sarebbe arrivata in tempo…
NON VA AFFATTO BENE!
Nergal allentò la presa sulla mente di Elminster, lasciando il prigioniero a piagnucolare e a battere le palpebre nel baccano improvviso, tra le esalazioni puzzolenti di Averno. Il mago sollevò il capo per scrutare il cielo rosso sangue.
«Sta arrivando», ringhiò, «e Orochal non è riuscito nemmeno a fermarla. Con che genere di donna te la fai, mago? Una donna capace di annientare un demone degli abissi senza nemmeno rallentare?».
Elminster, diventato ormai più simile a un verme, emise soltanto un gemito gorgogliante. Nergal abbassò lo sguardo e lo fissò per un istante, poi guardò il cielo e un punto scuro che avanzava rapido, sempre più vicino…
Imprecando, il demone sollevò le mani artigliate e le agitò per scagliare una magia tanto forte che lo lasciò tremante, o meglio, lanciò numerosi incantesimi insieme. Ciò gli costò molta energia e una cosa preziosa che conservava da molto tempo, una sfera di cristallo di rocca fuso, contenente una goccia di sangue di un certo demone.
Tuttavia, Nergal sorrise in quell’esplosione di zolfo. La magia portò lui lontano, in un altro angolo di Averno, ed Elminster Aumar in un luogo diverso, in grembo al demone di cui aveva custodito il sangue.
Qualche secondo più tardi la Simbul discese dal cielo come una sfera averniana, sputando fulmini sulle rocce nude prima occupate dal suo nemico.
Queste innescarono un’esplosione che avrebbe dovuto ucciderla, e la scaraventarono di nuovo in cielo.
La maga sorrise truce in mezzo a quella violenza. Alassra sapeva che l’aguzzino di El aveva scagliato il suo amato in una direzione, mentre lui aveva cercato riparo in un’altra. Poco importava. La pelle squamosa di questo o di quell’arcidemone non le interessava. Non era quello il momento per vendicarsi, poiché si trovava in quel luogo solo per riportare a casa il Vecchio Mago.
Questa volta la sua ricerca mentale fu rapida. El era laggiù. Proiettandosi fuori dai detriti, incurante della notevole magia necessaria allo scopo, la Strega-Regina di Aglarond si voltò nell’aria e si precipitò in un’altra direzione.
In tutta Averno i demoni sospesero ciò che stavano facendo e s’affrettarono ad assistere a quel nuovo spettacolo.
Tasnya s’inarcò sul suo letto di sangue. Era una creatura scura e sinuosa, dai seni irti di spine. Gli abishai che stavano lottando con lei urlarono quando le sue spine lunghe e ricurve li trafissero. Il suono si trasformò in una musica lamentosa, che rese il suo brindisi a base di sangue ancor più piacevole.
«Bene, bene», sibilò Tasnya, «che cos’abbiamo qui?».
La cosa inerte con cui Nergal si era divertito fino a poco prima giunse all’improvviso. Fu solo una distrazione passeggera; il demone la gettò di lato con un incantesimo e la fece sbattere violentemente contro rocce distanti. Nergal, senza dubbio, aveva posto in quella cosa incantesimi spia o magie esplosive.
Pochi istanti più tardi un fulmine di fuoco di un altro mondo, con un’arcimaga furiosa nel mezzo, sfrecciò nel cielo.
Tasnya dei Tormenti si rigirò nel letto. Abishai tremanti e urlanti la coprirono come un mantello grottesco, grondante di sangue. Il demone sollevò una mano indolente per tracciare un incantesimo che chiamava a raccolta tutto il sangue intorno a lei, e scagliò in aria fuoco insanguinato.
Questo si levò in alto per afferrare l’umana che avanzava rapidamente e si strinse in una spirale stritolante.
La Simbul virò una volta per evitarlo, e poi virò ancora.
Tasnya sorrise come un lupo affamato e sferrò un altro incantesimo meticoloso contro l’intrusa.
Ma questo cozzò violentemente contro una magia proveniente dalla direzione opposta. Balenarono alcune saette, e la terra tremò. Lance di fuoco insanguinato volarono in tutte le direzioni, impalando abishai e il giocattolo di Nergal.
Tasnya sollevò un sopracciglio e si sedette con movimento fluido in mezzo al sangue, in attesa della nemica, le spine allungabili simili a lance. Nessun incantesimo poteva penetrare la sua tenda magica. Il fuoco insanguinato avvolse la maga in un cono via via più stretto, che le avrebbe impedito di fuggire. Incantesimo dopo incantesimo, il corpo infernale di Tasnya si sarebbe trovato a contatto con quello più fragile dell’arcimaga umana.
«Petto contro petto, morso a morso, artiglio contro artiglio», mormorò il demone pregustando il divertimento, e la grande magia, che ne sarebbero derivati.
L’aria ruggì quando la Simbul di Aglarond si tuffò in picchiata verso l’arcidemone, che l’attendeva gongolante. Tutti i sortilegi della maga finirono, l’uno dopo l’altro, intrappolati nella magia risvegliata dell’arcidemone. Fiamme di sangue bagnato e scintillante ruggirono attorno alla maga, sollevandosi sino a formare un tunnel, trascinandola verso il basso, giù, giù, verso le spine…
Sussurrando parole frenetiche, la Simbul furiosa fece l’unica cosa che le rimaneva. Incurante delle unghie rotte e delle dita sanguinanti, si slacciò e si strappò l’armatura di dosso, con la massima rapidità possibile. Il metallo si distaccò con un gran clangore e la donna unì magicamente gambiere, corazza e tutto il resto in modo da ottenere uno scudo mutante con cui proteggersi. Un’accozzaglia di pezzi metallici incurvati precipitò verso le spine, luccicante per gli incantesimi che la Simbul stava ancora sibilando, quando avvenne lo scontro.
La maga strillò. Una spina spessa quanto lei trapassò il metallo contorto e le squarciò un fianco. Nuda e inzuppata di sangue Alassra rimbalzò di roccia dura in roccia dura, fin su un masso ancor più duro e ruzzolò con i denti serrati. L’ultimo dei suoi incantesimi fallì e il sangue bruciante scagliato dalla nemica si fece strada sfrigolante fra le pietre che la circondavano.
Dietro di lei, l’arcidemone aveva smesso di gridare. Non rimaneva più nulla di lei, se non alcune fiamme in una pozza di sangue bruciacchiato. La buca annerita e appiccicosa di ossa e di pietra era ancora sottoposta all’attacco dei pezzi di armatura che la Simbul aveva animato, trasformandoli in una schiera di spade che tagliavano, affettavano e trafiggevano. L’acciaio feroce risuonava incessante sulla roccia insensibile.
«Fuggita altrove per poi risorgere, se conosceva una magia tanto potente», mormorò la Simbul, ignorando il dolore delle scottature. Elminster avrebbe avuto, senza dubbio, bisogno degli amuleti che portava al collo e sotto i seni più di quanto necessitasse lei, se…
… se solo l’avesse trovato. Sulle rocce che aveva occupato sino a poco prima non vi era più nulla, se non uno spruzzo di sangue scuro. Alcune larve si affrettarono, avide, a rotolarvisi dentro.
La regina di Aglarond sospirò. «Vedi l’Inferno un pomeriggio e assicurati che molti si ricordino della tua visita.»
Stancamente, i demoni volanti più audaci cominciarono a volteggiare nel cielo distante, da dove potevano osservare il campo di battaglia.
La Simbul mormorò un incantesimo che le avrebbe riportato l’armatura di spade. Forse se la sarebbe messa attorno al corpo, in modo da creare una barriera semovente d’acciaio ostile, e avrebbe continuato a volare, in attesa del suo turno di abbracciare nemici.