[silenzio]
[risata diabolica]
[immagini che vorticano]
Da qualche parte negli Stonelands, Manshoon sollevò il capo e guardò la via dalla quale era venuto, con calma e freddezza. Il puzzo di carne putrida era forte attorno a lui. Le sue narici si contrassero per il fetore nauseabondo. Per un attimo si ricordò la sua prima terribile esperienza con gli zombie, in una cripta lontana, molti anni prima… Uno non può dimenticare quell’odore.
[sospiro diabolico, molte immagini scartate, altre distrutte] BENE…
QUESTA!
Il teschio guardò tutto, annuendo di proposito di tanto in tanto.
BAH! NON È RIMASTO NULLA…
[altre immagini che scintillano fiere]
L’altro beholder roteò un paio di antenne per guardare il compagno. «Riusciremo a sconfiggere Manshoon, se dovesse ottenere il fuoco magico!»
Il primo occhio tiranno ballonzolò lievemente su e giù nell’aria, come per scrollare le spalle. «Hai visto con che facilità ha vacillato al nostro invito», affermò, con tono freddo e beffardo. «Sicuramente un tiranno e un mago potente, secondo le stime umane… ma accecato dall’avidità, dalla diffidenza e dalla paranoia, dal bisogno di potere, dalla brama di trionfo. Quell’uomo è una creatura deforme e contorta. Il fuoco magico non può eliminare tali difetti.»
Il secondo beholder batté le palpebre. «D’accordo.»
DIVERTENTE, ELMINSTER. UN AVVERTIMENTO PER ME, SUPPONGO? OH, MOLTO DIVERTENTE. BEH, SE HAI INTENZIONE DI INSISTERE NELL’OSTACOLARE LA MIA RICERCA, MOSTRAMI UNO DEI SETTE IMMEDIATAMENTE! MOSTRAMI… STORM!
[artigli simili a tenaglie d’acciaio si stringono ferocemente; volontà scura incendiata da rabbia che imperversa violenta]
[dolore]
[ringhio di soddisfazione]
[dolore]
MUOVITI, MAGO!
Il chiaro di luna illuminò una spalla nuda, magnifica, quando Storm Silverhand si sollevò sul gomito e appoggiò una mano ferma sulla bocca di Elminster, «Smetti di dire scemenze e vai a dormire», esclamò con dolcezza, poi spostò la mano sul suo petto, costringendolo a sdraiarsi sul letto.
Il mago prese fiato per protestare e sottolineare l’importanza di ciò che stava cercando di dirle.
La donna appoggiò la bocca dove aveva premuto prima la mano, gli insinuò la lingua fra le labbra e lentamente gli sussurrò: «Ora dormi, ho detto. Nonostante le mie provocazioni a fare il contrario».
Quella sembrò una buona idea a Elminster, fluttuare intorpidito e stanco nel caos, che fluiva senza causargli più dolore alla mente, contusa e ammaccata. Trovò una caverna scura, ancora integra, dove i ricordi erano coperti di polvere e di ragnatele per il lungo disuso, si rannicchiò e lasciò che Averno si allontanasse da lui come aveva cominciato a fare Toril.
NO, NON METTERTI A DORMIRE! NON SONO AFFATTO CONTENTO.
HAI INTENZIONE DI MOSTRARMI TUTTI I BACI CHE HAI RICEVUTO NELLA TUA FIN TROPPO LUNGA E MISERABILE VITA, UMANO? STAI GIOCANDO COL FUOCO!
[sferzata mentale bruciante, esplosioni brillanti di dolore, frantumi di memoria che rotolano via]
EBBENE, MAGO? PARLAMI!
[dolore, agitazione, lotta, respiro ansimante per rispondere mentalmente]
Ogni ricordo che ti mostro, demone, è un ricordo in meno per me. Farti vedere ogni cosa, e perdere tutto, non sarebbe un atto degno di un uomo sano di mente.
E TU SEI UN UOMO SANO DI MENTE?
[silenzio]
EBBENE?
[silenzio risoluto]
[risata diabolica, che rimbomba e si estende a ogni angolo buio di una mente tremante]
«Questo è ridicolo!» imprecò Rathan mentre scendevano di corsa le scale, fra lo scricchiolio della pelle e il frastuono metallico delle maglie. «Su e giù dalla torre! Perché tutti questi idioti non possono marciare fino al cancello e dichiararsi, come accade nelle favole dei bambini? Sarebbe molto più facile per i miei piedi dolenti!»
«Cercherò di ricordarlo loro», rispose Torm allegramente. «Sono certo che si tratti di un malinteso, e che una premurosa cura per i tuoi alluci infiammati è e sarà la prima grande preoccupazione di tutti gli eserciti armati di Zhent che partecipano alla scorreria nella valle!»
La risposta di Rathan fu un sincero ruggito di rabbia. Tastò la fiaschetta di vinfuoco, che gli ballonzolava alla cintola, mentre correva giù per le scale. Tre pianerottoli dopo, la stappò e se la portò alle labbra, più o meno nel momento in cui il suo gomito ebbe un breve ma doloroso impatto con un blocco sporgente del muro di pietra.
Il vinfuoco brucia se rovesciato negli occhi, e i sacerdoti sovrappeso delle dee della fortuna dimenticano ogni precauzione quando espletano le funzioni sacre. Accadde, dunque, che Rathan si sbilanciò e si mosse troppo in fretta. Momentaneamente accecato e alle prese con il tappo della fiaschetta, quando invece avrebbe dovuto tenere una mano libera per la ringhiera, l’uomo si lanciò dove immaginava le scale curvassero.
Ma incorse in uno spiacevole errore.
Il muro si rivelò impietosamente duro, quasi compiaciuto nella sua resistenza passiva, e curvo. Le scale si rivelarono altrettanto dure, rese lisce da anni di calpestio, e per di più molto ripide. Rathan era grosso, tondo e i suoi versi di dolore riecheggiarono forte. Rimbalzò contro il muro una volta, due, tre, respinto dalla colonna centrale, ruzzolò sugli spigoli di tre gradini molto affilati e colpì di nuovo la parete esterna curva, annaffiandola generosamente col vinfuoco, per poi rotolare come una palla inarrestabile.
Tymora incoraggia i suoi fedeli a rischiare, ma Rathan Thentraver non era un uomo magro e nemmeno energico. La sua armatura impressionava più l’occhio che la spada… e le pietre irremovibili.
La discesa precipitosa giù per le scale iniziò con un grido e un acciottolio, e si trasformò via via in uno sferragliare d’armatura, nel rumore di un corpo pesante che abbraccia il suo destino con rabbia sacra, invece che col silenzio della rassegnazione o dell’indifferenza.
Torm era sveglio e rapido, ma non aveva molto spazio per saltare senza andare inevitabilmente a sbattere contro il muro, i gradini o il soffitto. Il suo balzo frenetico per evitare l’amico che rotolava fallì miseramente. L’uomo rimbalzò contro il soffitto e ricadde sul compagno. Con una sequela d’imprecazioni, Torm fu travolto e cominciò anch’egli a rotolare giù per le scale.
Il sorriso di Tymora attirò un capitano dei soldati Zhent nell’anticamera. Le balestre dei suoi uomini avevano eliminato le guardie poste all’entrata della torre e messo in fuga i pochi difensori dalle cucine. Il suo compito era chiaro. «Aprite quella porta», sbottò, fra le urla e le risate di uomini e il frastuono dei cavalli che passavano all’esterno.
Ubbidienti, i suoi eseguirono l’ordine, spade e balestre pronte all’attacco. Dietro la porta una tromba di scale, grazie al cielo senza soldati o trappole di sorta. La guardia più coraggiosa fece un cauto passo avanti e sbirciò nell’oscurità.
«Beh?» chiese il capitano.
«Si sente qualcosa», rispose il soldato corrugando la fronte. «Una specie di fragore…»
L’ufficiale sbuffò. «Una “specie di fragore”? Che tipo di fragore!»
La sagoma rotolante di Rathan superò l’ultima curva, rimbalzò sul bordo di un gradino particolarmente duro e irruppe nell’anticamera come un mastodonte corazzato, abbattendo il capitano delle guardie. I soldati Zhent si sparpagliarono quando un grugnito rauco si levò dalla carcassa, seguito da un rivolo di sangue; il soldato alle porte si voltò e ringhiò: «Questa specie di fragore, Signore». La balestra sollevata, l’uomo si avvicinò con aria truce al groviglio di pezzi d’armatura e di carne ansimante.