La regina di Aglarond socchiuse gli occhi. La sua magia stava diminuendo rapidamente e in quel luogo v’erano troppi nemici da combattere. Era tempo di usare l’Anello di Sangue.
Rabbrividì e rivolse occhi supplicanti al demone degli abissi che scendeva verso di lei, scuotendo pigramente gli anelli di una catena spinata, incrostata di sangue vecchio. La volontà della Simbul si concentrò su creature distanti, e la sua magia le prese.
D’un tratto qualcosa apparve nell’aria di fronte al demone. Qualcosa di sferico e di fluttuante, che ostentava fauci dentate, ampie e sorridenti, un occhio centrale spalancato per la rabbia e per la paura, e sopra di esso, come una corona, una foresta di antenne occhiute in continuo movimento. Il demone degli abissi lo fissò sbalordito, poi sogghignò rivolto a ciò che doveva essere un’illusione ottica. All’Inferno nessun beholder vagava libero a lungo. Numerosi occhi si posarono sul demone alato.
«Molto astuta, umana!» la schernì… poco prima che la magia del tiranno occhiuto lo raggiungesse. Il demone lottò a mezz’aria per un istante, prigioniero di quegli sguardi. Poi s’irrigidì, divenne scuro… e cominciò la sua lenta e rovinosa caduta verso le rocce sottostanti e la morte.
Quello era solo uno dei molti nemici che aveva di fronte. Alcuni lemuri ruzzolarono nell’avvallamento. Gli hamatula avanzarono tra i buchi nelle fiamme e numerosi demoni riempirono l’aria.
Improvvisamente, accanto alla maga inginocchiata, apparvero altre creature. Due maghi umani si guardarono attorno perplessi e terrorizzati ed estrassero subito la bacchetta magica dalla cintura. Nessuno dei due sembrò vedere l’altro o la Simbul, solo demoni, demoni dappertutto.
In mezzo a loro, la maga chiuse gli occhi e ordinò al beholder di attaccare gli altri due demoni degli abissi, prima di concentrarsi e chiamare altre creature. Sì: il drago…
Le erano occorsi decenni di duro e meticoloso lavoro, e di dolore, per creare l’Anello di Sangue. Ogni creatura legata a esso doveva avere un po’ del suo sangue dentro di sé, in qualche cisti, nel tessuto cicatriziale o nel grasso corporeo, inoculato dalla Alassra durante una battaglia sanguinosa. Se fosse sopravvissuta a quella lotta infernale, avrebbe forse impiegato secoli a ricostruire l’anello. Ma ovviamente quello era un grande interrogativo…
Un folto gruppo di erinni si gettò in picchiata. A quella vista Ravedrin dello Zhentarim si mise a piagnucolare a gran voce e urlò, disperato, un incantesimo che trasformò una delle colonne di fuoco in un geyser acido. Questo esplose formando un gran pennacchio, e si spense sibilando fragorosamente mentre ricadeva su demoni urlanti.
Dall’altro lato della Simbul, Kaladras Yarlamm, dei Maghi Rossi, vide gli effetti della magia, ma non chi li aveva causati. L’uomo abbandonò il fulmine con cui stava frustando un demone, per fare la stessa cosa con le fiamme più vicine. Alcuni degli hamatula erano a pochi passi da lui, e avrebbe dovuto…
Morire, gridando, quando la magia di un demone degli abissi lo spinse traballante fra le braccia di un mostro spinato. Questo, con disinvoltura, gli squarciò la gola e la faccia con un colpo d’artiglio.
Un momento più tardi un demone degli abissi esplose in aria, sotto i colpi magici del beholder a cui stava devastando le antenne occhiute. Anche quest’ultimo svanì, in una nuvola turbinante di sangue, di pugnali sferzanti e di urla stridule.
L’ultimo demone degli abissi, ancora tremante per il fulmine del Mago Rosso, si voltò e fissò lo sguardo malevolo sulla donna inginocchiata nel cuore della battaglia. Era lei la causa di quel tumulto infernale. Era lei quella che doveva riportare in catene al suo comandante… in catene o ridotta a brandelli gocciolanti di sangue. Garauder preferì la seconda soluzione e, senza indugi, si gettò in una picchiata che sarebbe terminata sulla sua gola.
Non vide, tuttavia, il drago che apparve nel cielo dietro di lui. La bestia spalancò le fauci, le richiuse, e le zanne affilate posero fine a qualsiasi piano di Garauder, gettandolo in un oblio di sangue.
Stanca e ansimante, la Simbul guidò il drago con la sua volontà. Gli ordinò di abbattersi sulle erinni, tre volte, poi fece sì che piombasse e si rotolasse sui sopravvissuti, feriti e urlanti. Un hamatula riuscì a sfuggirgli, vacillante e cieco. I lemuri rimasero schiacciati e morirono sotto il corpo del drago.
La Strega-Regina di Aglarond radunò gli ultimi brandelli di magia. Era troppo debole per lottare ancora e sopravvivere.
Che Mystra ti protegga, El.
Non udì risposta al suo pensiero, ma un tremolio flebile e colmo di dolore, che apparve, solo per un istante, dietro a una consapevolezza malvagia e oscura. La donna conosceva bene quel tocco mentale.
Suo malgrado, gli occhi le si riempirono di lacrime, di rabbia e di dolore. «Resisti, amore! Tornerò!»
L’incantesimo che l’avrebbe portata fuori da Averno iniziò a manifestarsi. La forza di Mystra aprì una strada là dove gli incantesimi di maghi comuni avrebbero fallito.
Con gli ultimi incantesimi rimasti, la Simbul afferrò il drago e il mago sopravvissuto e li portò con sé fuori dall’Inferno, restituendoli ai luoghi in cui li aveva presi. Non meritavano di morire laggiù, intrappolati e tormentati. Non meritavano il destino di Elminster.
HAH! ALLA FACCIA DELLA LEALTÀ E DELLA TUA SPERANZA! LA TUA PUTTANA DI REGINELLA È FUGGITA, È TORNATA NELLE TERRE DOVE SPLENDE IL SOLE, LASCIANDO IL PICCOLO ELMINSTER IN MEZZO AI TORMENTI.
ALLA FINE CEDERAI, MAGO.
MI MOSTRERAI TUTTO CIÒ CHE SAI E CHE RICORDI, E MI IMPLORERAI DI LASCIARTI MORIRE. MI CHIEDERAI PIETÀ, SUPPLICANDO INVANO, SAPENDO SEMPRE CHE NERGAL È IL TUO DESTINO!
[risata diabolica, selvaggia]
NEL FRATTEMPO, UMANO, FAMMI VEDERE UN PO’ DI MAGIA, QUALCOSA CHE NE VALGA LA PENA, ALTRIMENTI TI MANGERÒ UNA O DUE MEMBRA, FACENDO IN MODO CHE TU RIMANGA COSCIENTE E AGONIZZANTE PER TUTTO IL TEMPO! AVANTI!
Sì, ma questo sarà un ricordo lungo. Devi essere paziente e guardarlo tutto, in modo che tu possa capire ciò che vedi…
CERTO, CERTO. CAPISCO FIN TROPPO BENE CHE MI HAI IMBROGLIATO E RIGIRATO PIÙ VOLTE, PROMETTENDOMI GRANDI RIVELAZIONI SULLA MAGIA E SU COME SCAGLIARE QUESTO O QUELL’INCANTESIMO, SOLO PER MOSTRARMI ROMANTICHERIE, PREDICHE MORALI E ALTRO CIARPAME INUTILE. DAMMI LA MAGIA, E VIVRAI; PRENDITI DI NUOVO GIOCO DI ME E MORIRAI. SEMPLICE, NO?
Certo. Iniziamo, allora, quando la notte scende su Tamaeril.
QUANDO VUOI. MA SCEGLI, PER UNA VOLTA, LA STRADA GIUSTA, MAGO: IL TUO INCONTRO PIÙ RECENTE E SIGNIFICATIVO CON MYSTRA, RICORDA. È LA TUA ULTIMA CHANCE.
[immagini che risalgono a spirale, scintillano e diffondono luce davanti all’occhio della mente]
La piccola formazione di luci scintillanti gli si avvicinò alla guancia destra. «Confesso che mi metti molto a disagio, Elminster», affermò Mystra.
«Vedo», affermò il Vecchio Mago, senza rallentare il suo volo magico. «Per favore, Lady, metti da parte ogni esitazione. Non mi preoccupo dei miei sentimenti… parla liberamente. Non mi offenderai.»
Le luci si fecero più vicine al mago e sembrarono sospirare. «Bene, allora. Tu sei l’amante di colei che ha detenuto questo nome e questo potere prima di me. Lei desiderava che tu fossi la mia guida e il mio maestro, e lo sei stato. In modo mirabile. Non sono più l’orgogliosa, capricciosa Mezzanotte1 dalla testa vuota.»
Ora le luci erano tutt’intorno alla sua testa, e gli sfioravano la pelle come decine di carezze, soffici e rapide. «Tuttavia, mi turbi, mi metti soggezione, mi spaventi. E mi ripugni, un po’. Non desidero ardentemente dar vita a un corpo e unirmi a te, come ha fatto lei molte volte. L’ho fatto, sì, ma dietro l’eccitazione, sento che lei mi guarda e mi giudica. Sento che tu mi guardi e mi giudichi. Elminster, vecchio e saggio al suo servizio, possessore dei suoi ricordi.