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La signora bardo scrollò le spalle. «Da qualche parte a sud-ovest rispetto a noi, più a sud, credo; probabilmente a Cormyr. Vicino alle montagne, in un castello o in altro luogo fortificato.»

La Simbul aggrottò la fronte. «La Valle Alta? La Gola Tuonante!»

Storm la guardò e si accigliò. «No, Sorella. Non devi rischiare la vita per cercarli. L’Arte potrebbe venirti meno in qualsiasi momento, e potresti attirare su di loro attenzioni indesiderate. Dobbiamo restare qui sedute senza fare nulla… per il momento.»

Shaerl fece una smorfia. «Quando sei una signora di corte, persino a Shadowdale, non fai altro che star seduta a far nulla.»

Illistyl le lanciò un’occhiataccia. «Lo terrò a mente quando ci sarà da fare il prossimo bucato. Potrebbe servirmi un altro paio di mani.»

Storm sbuffò. «Basta, voi due. Dobbiamo pensare alla sicurezza della valle. Dal Nord giungono notizie di grandi tempeste e terremoti, di dei che se ne vanno in giro e di magia libera. Molti di coloro che suonano l’arpa si riuniranno da me. Qualsiasi cosa accada, potete star sicuri che Zhentarim e altri… Mulmaster forse, o persino Maalthiir di Hillsfar… approfitteranno del caos generale per dichiarare guerra. Dobbiamo essere pronti.»

Tutti la fissarono, eccetto Illistyl, che si rivolse a Jhessail ed esclamò sarcastica: «E tu volevi un pizzico d’eccitazione quest’estate, o sbaglio! Dovevi proprio esprimere il desiderio ad alta voce, non è vero? Tu…».

Jhessail sospirò, scelse una mela di grandezza adeguata dal cesto della frutta sul tavolo e, con un movimento calmo ma inatteso, la spinse nella bocca di Illistyl.

L’apprendista riuscì a emettere un grido indignato poco prima che una nuova risata scoppiasse intorno al tavolo.

NON GIOCARE CON ME, MAGO! MI OFFRI UN RICORDO IN CUI NON CI SEI… MOLTO DIVERTENTE! UN ALTRO RICORDO CHE NON PUÒ ESSERE TUO! UN ALTRO RICORDO CONDIVISO CON I TUOI COLLEGHI, SERVITORI DI MYSTRA! COME FAI A SAPERE CHE COS’ACCADEVA?

Due occhi scuri, ampi come l’intero cielo stellato, guardavano in basso pieni di mistero… la Signora del Mistero, tutta sua…

Elminster sorrise a quel ricordo, rallentando la caduta per rimanere sospeso nell’oscurità punteggiata di stelle.

Sopra di lui, simile a un enorme artiglio scuro, Nergal rallentò a sua volta e sorrise freddo, mentre cercava di controllare la rabbia. Bene, allora, lasciamo pure che il piccolo mago umano si diverta.

Per qualche istante ancora.

Perciò questi ricordi erano di Mystra. Perciò anche il fuoco argenteo. Perfetto, lasciamo che Elminster rievochi altre cose di lei. Prima o poi, i segreti che cercava il futuro Signore di tutto l’Inferno sarebbero stati svelati.

Questo, per esempio…

Stelle cadenti nel cielo notturno sopra Shadowdale, le stesse stelle viste dalla lontana Waterdeep, dove la gente sui balconi mormorava e puntava il dito, la voce più preoccupata che eccitata… i visi rivolti verso la stanza superiore di una torre della città, dove magie complicate facevano splendere di stelle il soffitto sopra il letto…

* * *

Mentre attraversava la cucina con un fascio d’erbe fresche, appena tagliate, fra le mani, Storm s’irrigidì e soffocò una piccola imprecazione. Andava molto di fretta. La supplica di un Arpista morente l’aveva fatta tardare, e gli incantesimi non potevano accorciare il tempo che impiega un buon arrosto a cuocere. Inoltre, le brave mogli della valle stavano per portarle i figli a cui avrebbe narrato favole per tutta la sera. Si aspettavano di trovare il Bardo di Shadowdale in tunica sontuosa, non in un’uniforme da guerra di pelle, tutta macchiata di sangue e tagliata da lame di spada.

Perché proprio in quel momento le era venuto in mente il ricordo di quando cercavano Elminster? Alassra e Jhessail si erano sforzate molto… lei non lo se lo sarebbe dimenticato facilmente, ma perché ora?

Si accigliò, nell’oscurità deserta, per quanto in quel luogo non fosse mai completamente sola. «Sorella?» chiese all’aria vuota.

Il tocco di Syluné le sfiorò la guancia e le spalle come la più gentile delle brezze. Si, rispose mentalmente la voce, anch’io mi sono appena ricordata quella notte. Mi domando perché.

* * *

«Oh, amore», sussurrò Laeral con voce tremolante, le braccia strette attorno a Khelben nell’oscurità stellata della stanza da letto, «riuscivo a percepire il suo dolore. Che cosa terribile essere privati di tutta l’Arte!».

«Già.» Laeral sentì il Signore Mago di Waterdeep irrigidirsi fra le sue braccia. Con nervi d’acciaio l’uomo soffocò un brivido e con la gentilezza che lei tanto amava placò i timori della moglie. «Non augurerei a nessuno tale destino, nemmeno a chi indossasse le vesti di Thay o dei serpenti di Manshoon… eppure, tesoro, la nostra Signora ha scelto lui. È il più forte di tutti noi. La grande Arte si è accanita altre volte contro quell’uomo, e ha causato molti danni… ed egli è ancora qui, oggi, a raccontarlo.»

«Se nei Regni esiste un mago in grado di serbare il potere di Mystra, di vivere fino ad assistere al passaggio di quel fardello, di resistere alla tentazione di controllarlo e, nel farlo, al rischio di essere controllato da esso… quello è Elminster di Shadowdale.»

Questa volta Khelben rabbrividì e si voltò verso Laeral, il viso pallido e gli occhi grandi e scuri di paura. «Mio sarà il compito di portare avanti ciò che riesco del suo lavoro, e di raccogliere tutta la forza possibile, qui. Se l’Arte s’impadronisce di lui e lo trasforma in un farabutto selvaggio e crudele come Manshoon, sarà mio dovere distruggerlo.»

Si abbracciarono stretti nel grande letto, mentre le lacrime solcavano loro il volto. Nessuno riuscì a trovare per l’altro parole di conforto che non fossero sillabe vuote.

Nergal si agitò. STAI CERCANDO DI AVVERTIRE I TUOI AMICI, ELMINSTER? CREDI DAVVERO CHE TALI RICORDI POSSANO RAGGIUNGERLI E AVVISARLI DELLA TUA PRIGIONIA? LASCIA PERDERE, SCIOCCO… NULLA ESCE DALLA TUA MENTE SE NON ATTRAVERSO DI ME. IO SONO IL CANCELLO DI ZANNE, IL PORTALE CHE NON SI APRE. DISPERATI NELLA MIA OSCURITÀ E ARRENDITI. SVELAMI TUTTI I TUOI SEGRETI, PICCOLO MAGO, PRIMA CHE M’INQUIETI E TI APRA IN DUE PER CERCARE CIÒ CHE DESIDERO.

Fiamme d’argento che avvampano…

SÌ! ANCORA! FAMMI VEDERE, INUTILE UMANO! NERGAL TE LO ORDINA! AVANTI, O TI SOTTRAGGO LA SANITÀ DI MENTE CON GLI ARTIGLI DELLA PAURA!

Paura fredda nell’incantesimo, paura di diventare matto…

SÌ! PERCIÒ ARRENDITI! ARRENDITI A NERGAL!

Paura come una fiamma tremolante in una stanza scura, dove la magia scoppiettò e si esaurì fra dita sottili…

Illistyl emise un lungo sospiro e riprovò l’incantesimo. Di nuovo non accadde nulla. Le sue mani tremavano.

Mai la magia le era venuta meno. Oh, aveva sbagliato, una volta o due, ma l’errore era sempre stato suo, rimediabile con un po’ più d’attenzione e d’allenamento. Allora, infatti, il problema non era dovuto all’anarchia, all’inaffidabilità di ogni incantesimo.

Nella sua bocca la paura assunse il sapore del metallo freddo. Ora non c’era la Simbul, e Storm era lontana mezza valle… c’era solo Illistyl Elventree, sola in una stanza di pietra, fredda e cupa, della Torre Contorta.

«Che sta succedendo!» chiese ai Regni intorno a lei, mentre il petto le si sollevava ritmicamente per la paura. «Che cos’abbiamo fatto perché la magia ci tradisca?»

D’un tratto sentì bussare violentemente, la porta tremò e si spalancò. Illistyl urlò.

«Oh, Dei, guardate giù!» la rimproverò Jhessail, entrando nella stanza come un vento vendicativo, la tunica svolazzante. «Perché devi fare queste stupide magie? Metà delle guardie di sotto hanno appena perduto ogni fermaglio e ogni placca di metallo che avevano addosso, e ora stanno correndo in giro in stivali e mutande, il che è molto imbarazzante!»