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Asmodeus iniziò a sorridere. Ah, che dolce ironia…

* * *

In un vuoto di stelle fluttuanti Mystra allontanò l’uomo urlante dal petto. Protese le braccia e fece sì che Halaster osservasse una visione turbinante… il demone supremo sorridente mentre il fuoco nero gli riempiva la mano. Con urgenza, la dea sussurrò: «Ora!».

Halaster Blackcloak emise un verso a metà fra un ululato e una risatina, si sollevò con gli occhi fiammeggianti e urlò: «Asmodeus! Arrenditi!».

Il Signore dell’Inferno voltò il capo sbalordito e, fra gli spazi vuoti, le sfere e il caos fluttuante, i loro sguardi s’incrociarono.

Con un mezzo sorriso Halaster pronunciò la parola dell’Incantesimo insegnatogli da Mystra. Tutta la sua pazzia delirante si riversò, ruggendo, in Asmodeus, facendone sussultare il corpo elegante.

I suoi occhi divertiti e sinistri rotearono e sputarono fuoco dorato. La sua bocca storta si spalancò in un grido sorpreso di dolore, e il fuoco di quell’incantesimo titanico imperversò nella mente del demone.

Mentre la dea chiudeva il passaggio fra il vuoto e Nessus, Asmodeus batté le palpebre nell’oscurità circostante e bevve un altro sorso dal suo boccale. Ora, che cosa mai stava per fare? Qualcosa di divertente…

* * *

Come fosse una bambola di pezza, Mystra posò il mago dalla tunica nera sul letto, nelle profondità di Sottomonte, picchiettò affettuosamente le teste dei suoi draghi guardiani e tornò nel vuoto e fra le braccia in attesa di Azuth.

Mentre fluttuavano insieme, la dea sospirò e disse: «Amo il lieto fine».

Prima di baciarla, Azuth corrugò la fronte e affermò con dolcezza: «Potrebbe rappresentare un problema in futuro».

* * *

In Averno, quel fuoco di fiamme nere che era stato Nergal si spense. Un lemure fiutò l’aria e si diresse affamato verso l’odore. La furia che aveva devastato quel luogo, bruciacchiando rocce già bruciate altre volte, si era placata. Per un po’, almeno.

24.

Breve eccitazione ad Aglarond

«Sono lieto di presentarvi», esclamò il Mascherato in tono scherzoso, indicando con uno svolazzo della mano la donna elegantemente vestita, «Thorneira Thalance, ora Sostituta Corona Reale di Aglarond».

Phaeldara sollevò lo sguardo dal trono. «Non per altri tre secondi, no. Ma la Furia Coronata non aveva detto di chiamarci semplicemente reggenti, e di abbandonare tutti questi titoli che fanno uscire dai gangheri araldi e inviati?»

«Per questo lo dico», rispose il Mascherato con una risatina. «Tre secondi, un accidente! Avresti dovuto alzarti di lì ben due secondi fa!»

Cortigiani e messaggeri allineati lungo le pareti si protesero, per non perdere nemmeno un istante o una sfumatura di quello spettacolo divertente.

Phaeldara si alzò, alta ed elegante e, rivolta a Evenyl, seduta su un divano fluttuante lì accanto, esclamò lamentosa: «Ci fu mai una donna tanto angariata?».

La quarta reggente temporanea sollevò lo sguardo con un sorriso innocente e sollevò una mano con le dita aperte e iniziò a contare. «Oh, lasciami pensare. Ci fu…»

Un bagliore e un tuono scossero la stanza del trono. I reali si voltarono quando i cortigiani sorpresi mormorano lungo le pareti. Ciò che videro li fece ammutolire.

La Strega-Regina di Aglaron apparve al centro della stanza, nuda come il giorno in cui era nata… spogliata, ammaccata e scomposta.

I capelli le turbinavano intorno alle spalle, come avessero vita propria. La maga si guardò attorno, gli occhi due stelle scure e micidiali. Se essere coperta solo da sporcizia e letame le creasse imbarazzo, non lo dava a vedere.

Le sue braccia cingevano la vita di un uomo anziano e barbuto, tutto ossa, ricoperto di fango, con due monconi al posto degli avambracci. Era curvo, flaccido come una bambola di pezza rotta di un bambino; era chiaro che solo la presa della donna gli impediva di cadere. Con fermezza, Alassra lo prese per i capelli e gli appoggiò la testa sopra la spalla. Poi sorrise rivolta alle facce sbalordite dei reali.

«Come si suol dire», esclamò secca la Strega-Regina di Aglarond, «siamo tornati».

Quasi in risposta, alcune esplosioni di fuoco venato di nero si verificarono dietro di lei, fra le grida dei cortigiani. Un odore di zolfo riempì la stanza e demoni ghignanti uscirono dalle fiamme, lunghe corna e ali di pipistrello, zannuti e terribili. Allungarono gli artigli per afferrare la Simbul e l’uomo fra le sue braccia.

«Geryon, Arciduca dell’Inferno, ci ha inviato», affermò uno di loro con soddisfazione, «per ricondurvi alla morte… in un lungo, lungo tormento!».

La Simbul sussurrò una parola e una serie di fulmini si levò dalle piastrelle sotto gli zoccoli dei demoni, lambì il soffitto e ricadde al suolo. Si udirono deboli urla, poi più nulla: rimasero solo piastrelle vuote e tracce di fumo oleoso di corpi diabolici dissolti.

La Strega-Regina sorrise al di là di quei resti.

Un’altra schiera di demoni emerse dalle fiamme, ma con un sorriso meno deciso.

«Credevate davvero che catturarmi nella mia tana sarebbe stato facile? Qui non sono sola.»

Una lingua di fuoco bianca e blu le scaturì dal palmo della mano. Dietro di lei i reggenti, un’espressione risoluta sul volto, protesero le mani e scagliarono fiamme blu un po’ più deboli.

«Nemmeno loro», replicò un cortigiano a gran voce, sollevando anch’egli la mano e lasciando che magia turbinante la riempisse: «Strega!».

«Già», esclamò un altro, più lontano, aprendosi il mantello. «Per Thay!»

«Sì», affermò una terza voce, dura e fredda. «Distruggiamo insieme la regina di Aglarond, per la più grande gloria di Thay!»

Con sguardo fiammeggiante un vecchio cortigiano sfilò un pugnale dalla cintola e lo conficcò in gola al Mago Rosso accanto a lui. La stanza si riempì di grida e d’incantesimi.

Le porte accanto al trono si spalancarono. Thaergar delle Porte entrò a gran passo brandendo una spada nuova fiammante. Osservò a bocca aperta il tumulto, poi estrasse un coltello dalla cintura e lo lanciò dritto fuori dalla porta, contro il gong d’allarme.

Quindi caricò, sollevando la spada. Fiamme rosse avvamparono nell’aria davanti a lui, scaraventandolo a terra. L’uomo sollevò lo sguardo verso la magia scura in tempo per vedere un demone enorme, color rosso rubino, uscire da essa, una forca in una mano e una frusta spinata nell’altra, e minacciare Phaeldara, la reggente più vicina.

«Un boccone prelibato», gongolò la creatura infernale, allungando una mano per afferrarla.

Thaergar delle Porte e la maga guardarono il demone degli abissi, i Maghi Rossi e i demoni che caricavano dietro di loro: la magia mortale sibilava e ruggiva in ogni dove.

«Oh, merda», esclamarono involontariamente all’unisono.

* * *

L’aria sopra il tavolo cominciò a scintillare. Scintille minuscole argento e blu comparse dal nulla presero a rincorrersi in una sfera piccola e solida.

Al loro bagliore una testa si sollevò bruscamente, e due occhi le fissarono stupiti e allarmati.

Un attimo dopo, una sedia cadde con un tonfo. L’uomo che vi era seduto attraversò la stanza con sorprendente velocità per la sua età. Afferrò due pugnali incrociati e arrugginiti da dietro uno scudo appeso al muro; questi si contorsero nelle sue mani e divennero uno scettro e una bacchetta. Puntandoli entrambi verso le luci turbinanti il Mago Reale di Cormyr ringhiò: «Per tutti i capricci della Sacra Mystra, come ha fatto a superare le difese? E poi, che cosa diavolo è?».