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L’ultimo principe di Athalantar guardò il corpo decapitato per l’ultima volta, scosse il capo tristemente e pronunciò le parole che l’avrebbero riportato nella stanza, al centro del castello infestato dagli spettri, dalla Srinshee. Sperava non si fosse svegliata, poiché non desiderava darle inutili preoccupazioni.

Il giovane dal naso adunco fece un passo verso la scarpata più prossima, dopodiché scomparve nel nulla. Gli avvoltoi in attesa su un albero nelle vicinanze del picco decisero che era il momento buono per cenare, e si sollevarono goffamente in volo. Avrebbero dovuto calcolare bene i tempi di planata: non succedeva tutti i giorni che il cibo fluttuasse a mezz’aria.

«Gal», esclamò Athtar pazientemente, mentre si accingevano a scalare la seconda parete di roccia, «mi rendo conto che sei sconvolto per le perle – per tutti gli dei, mezza foresta lo sa! – ma torneremo a prenderle, davvero, e non serve a nulla…»

Un oggetto veloce e rotondo, del colore del sangue, piombò dal cielo e spazzò via la faccia di Athtar.

Il corpo avvolto in abiti di pelle nera, le cui membra si agitarono brevemente in preda agli spasmi, cadde oltre Galan. La cosa che aveva ucciso Athtar rimbalzò sul petto di quest’ultimo e rotolò fino a fermarsi contro un groviglio di radici accanto alla faccia di Galan.

Questi si ritrovò per un istante a fissare le orbite scure di un cranio d’elfo intriso di sangue, dopodiché perse la presa sulla cornice di roccia friabile e piombò in basso, nell’oscurità che aveva reclamato Athtar.

Elminster fece un passo nella stanza buia, e si accorse subito che qualcosa non quadrava. La Srinshee se ne era andata, e una giovane elfa, nuda, inginocchiata davanti a uno scheletro scomposto e incenerito singhiozzava incontrollabilmente. La sua amica aveva forse preso fuoco?

La ragazza sollevò lo sguardo, il volto inondato di lacrime, e ansimò: «Oh, Elminster!» Quando la donna allungò le mani verso di lui, El corse ad abbracciarla. O dei guardate giù: quella ragazza era la Srinshee!

«Lady Oluevaera», le domandò gentilmente, mentre le accarezzava i capelli e le spalle, cullandola al petto, «che cos’è accaduto?»

La maga scosse il capo e riuscì a pronunciare una parola smorzata: «Dopo».

El la cullò, mormorandole parole dolci, finché la ragazza non smise di piangere ed esclamò, «Elminster? Perdonami, ma sono esausta, e corro il grave rischio di abbandonare Cormanthor per la prima volta nella mia vita».

«C’è qualcosa che posso fare?»

Oluevaera sollevò il volto ringiovanito e incontrò lo sguardo del principe. Gli occhi erano rimasti vecchi e tristi, notò El. «Sì», sussurrò. «Rischiare ancora una volta. Non dovrei chiedertelo: il pericolo è troppo grande».

«Ditemi», mormorò Elminster. «Inizio a pensare che Mystra mi abbia mandato qui proprio a tale scopo».

La Srinshee tentò di sorridere. Le sue labbra tremolarono per un istante, poi affermò: «Forse hai ragione. Ho visto Mystra, mentre eri via». La maga sollevò una mano per prevenire la sua domanda, e continuò: «Perciò devi sopravvivere affinché dopo ti racconti. Ho solo potere sufficiente per sferrare un incantesimo di scambio di corpo».

Gli occhi di El si assottigliarono. «Ossia, volete mandarmi da qualche parte al posto di qualcun altro, e viceversa».

La Srinshee annuì. «Il Coronal parteciperà a una festa questa sera, ed è molto probabile che qualcuno sia abbastanza infuriato da tentare di ucciderlo».

«Fate quella magia», esclamò El risoluto. «Sono sotto di qualche incantesimo, ma sono pronto».

«Lo farai?», domandò la donna, e scosse il capo, asciugandosi impazientemente nuove lacrime. «Oh, El… un tale onore…»

Si staccò rapidamente da lui e corse veloce attraverso la stanza. Per la prima volta Elminster notò che era disseminata di ciò che sembravano scettri magici, e vi era persino un bastone. Oluevaera si chinò e raccolse un oggetto.

«Portalo con te», affermò. «Serba ancora un po’ di potere. Questo scettro è in grado di duplicare ogni incantesimo che vedi sferrare dagli altri mentre lo hai in mano. Attivalo e ti sussurrerà mentalmente i suoi poteri».

Elminster lo prese e annuì. Impulsivamente la ragazza gli gettò le braccia al collo e lo baciò. «Ora va’ con la mia benedizione e, sono sicura, anche con quella di Mystra».

El inarcò un sopracciglio. Che cos’era accaduto in quella stanza?

Se lo stava ancora chiedendo quando la Srinshee sferrò l’incantesimo e una nebbia blu avvolse di nuovo il mondo.

10.

Finto amore

L’amore di un elfo è un sentimento profondo e prezioso. Se abusato o rifiutato, può essere fatale. Interi regni sono caduti e sono stati scissi per amore, e antiche casate orgogliose sono state spazzate via. Alcuni hanno affermato che un elfo è la forza del suo amore, e che tutto il resto è solo carne e scarti. Certo è che gli elfi possono amare gli uomini, e gli uomini amano gli elfi: ma in tali unione di cuori, il dolore è sempre in agguato.

Shalheira Talandren, Sommo Bardo Elfo di Summerstar
Da Spade argentee e notti d’estate:
Una storia ufficiosa ma vera di Cormanthor
Pubblicata nell’Anno dell’Arpa

La nebbia si dissipò ed Elminster si ritrovò in un giardino mai visto prima, un luogo pieno di alberi imponenti, diritti, che si ergevano come colonne nere, gigantesche, da una distesa di muschio costellato da piccole piantagioni di funghi. Sopra di lui il fogliame oscurava completamente il sole, ma El riusciva a vedere fasci di luce in lontananza, là dove forse vi erano radure.

Nel luogo in cui si trovava in quel momento l’unica fonte di luce erano alcune sfere d’aria luminosa: sfere emananti un debole bagliore di colore blu, verde, rosso rubino od oro, che fluttuavano lentamente, senza meta, fra gli alberi.

Elfi con tuniche di seta ricamata passeggiavano fra gli alberi, ridendo e chiacchierando, e sotto ogni sfera luminosa fluttuava un carrello carico di bottiglie alte e sottili, e di vassoi a più piani traboccanti di prelibatezze; a prima vista El riconobbe ostriche, funghi e ciò che sembravano essere larve di bosco in salsa di prugne o di albicocche.

Molto vicino a lui Elminster scorse un elfo dall’espressione molto sorpresa. Un elfo che aveva già visto: uno dei Supremi Maghi di Corte seduti accanto al Coronal quando Naeryndam l’aveva condotto a palazzo.

«Buona sera», esclamò Elminster, inchinandosi gentilmente. «Lord Earynspieir, dico bene?»

Il mago elfo sembrò più confuso e allarmato di prima. Ciononostante annuì: «Earynspieir, umano. Perdonatemi, non ricordo il vostro nome, poiché sono un po’ agitato: dov’è il Coronal?»

Elminster allargò le mani. «Non lo so. Qualche istante fa era dove mi trovo io al momento?»

L’elfo annuì, gli occhi ridotti a due fessure. «Esattamente».

El fece un cenno col capo. «Allora è accaduto ciò che doveva accadere. Io parteciperò alla festa al posto suo».

Earynspieir assunse un’espressione minacciosa. «Voi? E l’avete deciso da solo, giovanotto?»

«No», rispose schiettamente Elminster. «Altri hanno deciso per me, per la sicurezza del regno. Io ho acconsentito, sì. A proposito, il mio nome è Elminster. Elminster Aumar, Principe di Athalantar e, come ben sapete, Eletto di Mystra».

Il mago strinse le labbra. Poi abbassò lo sguardo sullo scettro alla cintura di El e si contrasse maggiormente, ma non proferì parola.

«Forse, Signor Mago, potremmo mettere da parte per un attimo i vostri sentimenti nei miei confronti», mormorò Elminster, «mentre mi raccontate dove siamo, e quali siano le usanze di una festa elfa. Non ho intenzione di arrecarvi offesa alcuna».