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Quando la coppia fu abbastanza distante, Elminster si voltò verso Earynspieir. «Il popolo di Cormanthor non sarebbe dunque avvezzo a parole audaci e schiette, Signore?», domandò cortesemente, sollevando un sopracciglio. Earynspieir trasalì.

«Credetemi, per favore, non intendevo fuorviarvi, giovanotto», rispose. «A quanto pare la vista di un umano risveglia uno spirito di franchezza mai visto prima nei cormanthoniani».

«Avete ragione», assentì El, «e io… ma chi arriva ora?»

Due ragazze si stavano avvicinando fluttuando tra gli alberi, i loro stivali alti a mezzo metro da terra. Avevano entrambe un’altezza superiore alla media, e indossavano abiti che lasciavano intravedere ogni curva del loro splendido corpo. Al loro passaggio tutti i presenti si voltarono.

«Symrustar e Amaranthae Auglamyr, signore e cugine», mormorò pacato il Supremo Mago di Corte, ed El credette di scorgere nel suo tono qualcosa di più del semplice desiderio.

La donna che conduceva era più bella di tutte le ragazze che El aveva veduto dal suo arrivo in città. Una chioma di colore blu intenso le fluiva liberamente sulle spalle e sulla schiena, per poi essere raccolta in una fascia di seta che correva bassa sul suo fianco destro, a mo’ di coda di cavallo. Mentre si avvicinava, i suoi occhi luminosi, quasi di colore blu elettrico, lanciarono promesse a Elminster da sotto le sopracciglia scure e perfette. Un nastro semplice, nero, le fasciava la gola, e le sue labbra carnose le conferivano un’aria lievemente imbronciata; la ragazza si passò deliberatamente la lingua sulla bocca e scrutò intensamente l’uomo che stava accanto al mago elfo. La parte anteriore della sua tunica cremisi si apriva per mostrare il disegno di un drago dalle molte teste ricamato di gemme, che aderiva perfettamente al ventre piatto, alla vita sottile e al décolleté; fiamme di filo metallico sottile, che conferiva un effetto ghiaccio, le avvolgevano e sostenevano i seni alti, e polvere d’oro cospargeva la punta di un orecchio. Era d’una bellezza incantevole, e lo sapeva.

La cugina indossava una tunica meno vistosa, di colore blu scuro, nonostante fosse aperta su un lato all’altezza del fianco, rivelando una cascata di catene d’oro finemente lavorate. Aveva capelli color miele, vivaci occhi castani, e un sorriso molto più gentile della compagna dai capelli blu, nonché la carnagione più scura e le curve più formose di qualsiasi elfa El avesse mai visto. Ma la cugina eclissava la sua bellezza come il sole eclissa una stella notturna.

«La prima è Symrustar», mormorò Earynspieir. «È erede della sua casata… e pericolosa, signore; il suo onore consiste solo in ciò che può ottenere».

«Voi preferite decisamente Lady Amaranthae, non è vero?», gli domandò sottovoce Elminster.

Il Supremo Mago di Corte voltò bruscamente il viso verso Elminster, negli occhi una nota di rispetto e un tagliente avvertimento. «Siete più perspicace di molti elfi anziani, giovane signore», sibilò il mago, quando le ragazze erano a pochi passi di distanza.

«Buona sera», mormorò Lady Symrustar, spostando una ciocca di capelli con un gesto aggraziato mentre si protendeva per baciare Lord Earynspieir sulla guancia. «Vi dispiace, saggio Mago, se vi rubo l’ospite per qualche istante? Ho – abbiamo – un grande desiderio di imparare qualcosa di più sugli uomini; questa rappresenta per noi una rara opportunità».

«Io… no, naturalmente no, Lady Symrustar». Earynspieir le fece un ampio sorriso. «Signore, permettete che vi presenti Lord Elminster di Athalantar. È principe del suo regno, e da poco, ma sono certo che ne siete informata, armathor di Cormanthor».

Il mago si voltò verso El, nei suoi occhi un avvertimento evidente, e continuò: «Lord Elminster, con grande piacere vi presento due dei più bei fiori della nostra terra: Lady Symrustar, Erede di Casa Auglamyr, e sua cugina, Lady Amaranthae Auglamyr».

El fece loro un profondo inchino, baciando la punta delle dita della mano di Symrustar: un gesto insolito, dal mormorio di piacere che emise la ragazza, e dall’esitazione con cui Amaranthae tese il suo braccio.

«L’onore, signore», esclamò El, «è mio. Ma certo non potete pensare di abbandonare il guardiano del regno solo per parlare con me? Io rappresento il fascino dell’ignoto, questo è vero, ma signore, vi confesso che una di voi basta a sopraffarmi, e sono giunto a stimare profondamente la saggezza attenta di Lord Earynspieir fin dal nostro primo incontro; è un oratore di gran lunga migliore di me!»

Qualcosa baluginò negli occhi del Supremo Mago di Corte mentre El parlava tanto seriamente, ma non proferì parola quando Lady Symrustar rise fragorosamente ed esclamò: «Ma naturalmente la nostra Amaranthae terrà una stretta e attenta compagnia al più potente mago di Cormanthor, mentre io e voi parleremo, Lord Elminster. Avete ragione quando esaltate le sue qualità, ma sono sicura che potrà esprimerle meglio in un discorso a due. Voi e Amaranthae potrete intrattenervi più tardi. Venite, mio perspicace signore, andiamo!»

Mentre la ragazza prendeva la mano del giovane, Elminster s’inchinò per salutare gentilmente il mago di corte, il cui viso era in quel momento indecifrabile, e Lady Amaranthae, che gli lanciò uno sguardo di profondo ringraziamento e di muto avvertimento riguardo la cugina; El la ringraziò a sua volta con un secondo cenno del capo e un sorriso.

«Sembrate attratto da mia cugina, Lord Elminster», gli sussurrò all’orecchio Lady Symrustar, ed El si voltò di scatto verso di lei, ricordando a se stesso che avrebbe dovuto prestare attenzione alla donna.

Molta attenzione. Quando El si voltò, lei fece altrettanto, estendendo una gamba slanciata attorno alla sua e attirandolo verso di lei, petto contro petto. Elminster percepì le punte del metallo che avvolgeva i suoi seni sulla parte bassa del torace, e pelle liscia come seta che gli sfiorava i pantaloni. Symrustar indossava una giarrettiera di pizzo nero su quella gamba, e stivali di pelle dello stesso colore, alti fino al ginocchio, con tacchi a punta.

«Le mie scuse per avervi sbarrato la strada in questo modo, Signore», sussurrò la donna, non sembrando però affatto pentita. «Temo di non essere avvezza alla compagnia umana, e mi sento molto… eccitata».

«Le scuse non sono necessarie, onorata Signora», rispose El gentilmente, «quando non si arreca offesa». Il giovane guardò brevemente la festa che si svolgeva alle sue spalle, e vide numerose facce curiose girarsi nella loro direzione. Nessuna, tuttavia, era vicina.

«Saprete senza dubbio quanto bella vi trovino i maschi di almeno due razze», aggiunse, scrutando il giardino davanti a sé per vedere se fosse altrettanto vuoto – sapeva che sicuramente lo era: quell’elfa aveva pianificato tutto molto attentamente – «ma devo confessarvi che trovo una mente brillante più affascinante di un bel corpo».

Lady Symrustar incrociò il suo sguardo. «Preferireste che non fingessi di essere tanto eccitata, Lord Elminster?», domandò a voce bassa. «Tra la Gente, i maschi non credono che le loro signore abbiano un cervello».

Il principe incurvò un sopracciglio. «Nonostante voi e il vostro intelletto passiate di festa in festa a dimostrare il contrario?»

Symrustar rise, e i suoi occhi scintillarono. «Esattamente», riconobbe la donna. «Credo che stasera mi divertirò». Lo condusse attraverso il giardino, questa volta camminando, la magia che la teneva sospesa forse interrotta, o forse esaurita. Il modo con cui ondeggiava i fianchi a ogni passo lasciava il giovane senza parole; questi però teneva gli occhi fissi nei suoi, e dentro di essi notò un luccichio astuto. La ragazza era consapevole dell’effetto che aveva su di lui.