A quel punto Elminster fu tentato di colpirla, sapendo che con un semplice incantesimo avrebbe potuto spezzarle il collo come un ramoscello, capelli o non capelli. Invece trasformò il lampo luminoso della sua rabbia in una morsa d’acciaio sulla sua mente, e strinse fino a farla gridare silenziosamente, in preda allo shock e al terrore. Il giovane troncò il collegamento visivo con fretta brutale, lasciando la ragazza accecata e stordita, e la tenne in tale stato mentre recuperava lo scettro, che le trecce gli avevano tanto abilmente sottratto, e duplicava l’incantesimo dello scambio di corpo che la Srinshee aveva fatto su di lui precedentemente.
Poi tornò al lavoro nella mente di Symrustar, sopraffacendo ogni parvenza di riserbo e di controllo che le rimanevano, e obbligandola a rimanere esposta e vulnerabile, i suoi piani, i suoi ricordi, e i suoi pensieri leggibili da chiunque la toccasse. El la riportò al culmine del desiderio e dell’urgenza, dopodiché mormorò l’incantesimo, e si proiettò nel luogo il cui Elandorr Waelvor teneva languidamente il bicchiere fra le mani, nel mezzo della festa. L’elfo, di conseguenza, venne scaraventato nel giardino nascosto, tra le braccia di Symrustar, la mente della donna, con tutte le malvagità e i piani riguardanti Elandorr stesso, a sua completa disposizione.
El intravide per pochi istanti gli occhi selvaggi della ragazza fissi in quelli di Elandorr quando si rese conto di chi fosse in realtà e che cosa stesse vedendo nella sua mente mentre la baciava, nuda, a due rapidi passi dal suo letto. Quando i due elfi s’irrigidirono e urlarono spaventati, la bocca e la mente unite, Elminster interruppe il contatto.
Stava in piedi in uno spazio tenuemente illuminato dove si trovava prima Elandorr, in mezzo a un gruppo di elfi molto perplessi. Altri, vestiti di soli campanelli, danzavano nell’aria e ridevano tranquillamente. Bicchieri di vino si innalzavano verso di loro, come vespe zelanti, da vassoi fluttuanti tra elfi annoiati e spossati in abiti elegantissimi, che stavano discutendo della decadenza del regno.
«Ricordate i progetti folli di Mythanthar riguardanti i “mythal” per proteggere tutti? …»
«Quand’ero giovane, non ci abbandonavamo a tali ostentazioni …»
«Be’, che cosa si aspetta? Non tutti i giovani armathor del regno …»
All’improvviso piombò il silenzio, come se tutte le gole fossero state tagliate dalla stessa spada, e tutti gli occhi si voltarono a guardare la figura alta apparsa tra loro.
El stava loro di fronte, un maschio umano con i vestiti in disordine e uno scettro in mano, che respirava affannosamente e sanguinava da un angolo della bocca, dove Symrustar l’aveva morso.
I festanti lo fissarono attoniti, poi lo riconobbero e s’infuriarono. «Che cos’hai fatto a Elandorr?»
«Ha ucciso Elandorr!»
«Disintegratelo… come ha fatto lui con Arandron, Inchel e tutti gli altri alla piscina!»
«Tutti in guardia! L’umano assassino è tra noi!»
«Uccidiamolo! Uccidiamolo ora, prima che lo faccia lui!»
«Per l’onore dei Waelvor!»
«Ammazzate quel cane!»
Numerose spade comparvero improvvisamente dal nulla nelle mani dei proprietari, evocate magicamente da foderi e stanze distanti; El girò su se stesso e gridò con voce forte e profonda: «Elandorr è vivo: l’ho mandato ad affrontare l’assassina che ha ucciso le guardie alla piscina!»
«Sentite che cosa dice l’umano!», ringhiò un elfo, la spada scintillante sollevata. «Forse pensa che noi elfi siamo tanto ingenui da credergli!»
«Sono innocente», ruggì Elminster, sollevando lo scettro. D’un tratto ne scaturì un fuoco scintillante che formò un cerchio attorno a lui, e scaraventò per terra spade e spadaccini.
«Ha uno scettro di corte! Ladro!»
«Deve aver ucciso uno dei maghi per averlo! Uccidiamo l’umano!»
El si strinse nelle spalle e utilizzò l’unico incantesimo che poteva, svanendo un istante prima che mezza dozzina di spade s’incrociassero nel punto in cui si trovava.
Nel silenzio improvviso, prima che s’innalzassero urla di delusione, un anziano elfo asserì chiaramente: «Ai miei tempi, giovanotti, facevamo processi prima di usare le armi! Un semplice tocco della mente rivelerà la verità! Se lo troveremo colpevole, allora potremo ucciderlo!»
«Tacete, padre», sbottò un’altra voce. «Ne abbiamo abbastanza di ascoltare come dovrebbero esser fatte le cose, o come si facevano all’alba dei tempi. Non vedete che quell’umano è colpevole?»
«Ivran Selorn», esclamò un’altra voce anziana con tono offeso, «temevo sarebbe venuto il giorno in cui ti avrei udito parlare in tal modo a tuo nonno! Non ti vergogni?»
«No», rispose stizzosamente Ivran, agitando la spada. La lama scintillò nella luce incantata, mostrando il brandello di stoffa infilzato su di essa. «Lo abbiamo in pugno», esordì trionfante, tenendo l’arma sollevata affinché tutti vedessero il pezzo di vestito. «Con questo la mia magia è in grado di rintracciarlo. Lo uccideremo prima dell’alba».
11.
Caccia all’uomo
Non esiste bestia più pericolosa da cacciare che un uomo preavvisato, eccetto una: un mago umano preavvisato.
Si ritrovò in piedi nell’oscurità più assoluta, ma era un’oscurità che sapeva di buono. Era umido, e intorno a lui non vi era nulla. Recitò una formula mentale, e lo scettro nelle sue mani emanò un tenue bagliore verde.
La stanza al centro del Castello dei Dlardrageth era vuota. Solo una zona di roccia frantumata e sciolta – avrebbe dovuto domandare spiegazioni a Lady Oluevaera quando si sarebbe presentata l’occasione – rimaneva a indicare che lui e la Srinshee erano stati in quel luogo. La maga aveva portato il Coronal altrove.
Qualcosa saettò mugugnando nella penombra sopra la sua testa, verso la parte opposta della stanza. El sorrise. Buon giorno, fantasmi.
La luce dello scettro assunse un color porpora e bianco che denotava la presenza della magia. Laggiù! La Srinshee glielo aveva lasciato!
Invisibile all’interno di tre sfere magiche, l’una dentro l’altra, fluttuanti nell’aria alla sua portata, a poca distanza da una parete, era sospeso il suo libro degli incantesimi. El sorrise ed esclamò: «Oluevaera», ad alta voce, mentre toccava la sfera più esterna e la guardava sciogliersi silenziosamente. La seconda discese sulla sua mano e il giovane pronunciò ancora il nome della Srinshee. Quando l’ultima sfera scomparve, il libro cadde nelle sue mani.
El fece tornare di nuovo verde il bagliore dello scettro, depose quest’ultimo tra due pietre in alto sul muro, e si sedette sotto la sua luce per studiare gli incantesimi. Se doveva essere perseguitato da tutti i giovani elfi assetati di sangue, era meglio aver pronta una serie di sortilegi ai quali ricorrere.
«Le notizie peggiorano sempre più, Onorato Signore». La voce di Uldreiyn Starym era grave, e Lord Eltargrim sollevò lo sguardo. «E come potrebbero?», chiese questi tranquillamente. «Oggi sessantatré spade sono state spezzate davanti ai miei occhi». Le sue labbra si serrarono in ciò che avrebbe potuto essere il principio di un sorriso forzato. «Per quanto io ne sappia».
L’anziano e corpulento arcimago della famiglia Starym si passò una mano stanca fra i radi capelli bianchi e ribatté: «Si dice che agli Hallows l’armathor umano abbia operato una magia mortale, causando uno scoppio che ha distrutto Narnpool e almeno una decina di giovani signori e guerrieri riuniti in quel luogo. Inoltre, Lady Symrustar e Lord Elandorr sono entrambi scomparsi, e l’erede della Casata Waelvor è stato sequestrato mediante un incantesimo mentre stava parlando con altre persone, per essere sostituito immediatamente dall’umano, che ha dichiarato la sua innocenza, ma, ahimè, aveva in mano uno scettro di corte. Quando alcuni dei festanti l’hanno minacciato con le spade è svanito nel nulla. Nessuno sa dove sia ora, ma alcuni guerrieri stanno cercando di rintracciarlo con la magia».