«La Casata degli Starym conosce meglio di chiunque altro il dolore causato da una perdita e il peso della vendetta», si intromise la voce sdegnosa di Llombaerth, portavoce della sua casata. «Non desideriamo sminuire il dolore di una perdita altrui, e sentiamo il forte, e innegabile, richiamo della giustizia. Eppure, anche noi, siamo dell’opinione che la questione del governo del Coronal debba essere trattata come un affare di stato. Il cattivo governatore deve pagare per le sue idee scandalose e per la sua incapacità di guidare il regno, indipendentemente da quanti figli coraggiosi siano morti per i suoi errori».
«Col vostro permesso», si intromise una voce blesa, «proporrei di risolvere la questione con l’uccisione del Coronal. In tal modo chi di noi desidera vendetta – io stesso, Lord Yeschant, Lord Tassarion, e Lord Ortauré – potrà accordarsi su chi dovrà essere l’esecutore materiale dell’assassinio, cosicché l’onore possa essere salvato. Ciò permetterà, a sua volta, a Casa Starym e a chi non desidera partecipare attivamente allo spargimento di sangue, di adoperarsi per raggiungere uno scopo comune senza sporcarsi le mani».
«Ben detto, carissimo Lord Bellas», assentì Maendellyn. «Siamo dunque d’accordo sul fatto che il Coronal debba morire?»
«Sì», esclamarono tutti in un coro rauco.
«E siamo d’accordo su quando, dove e su chi dovrà accedere al titolo di governatore dopo Eltargrim?»
Vi fu un momento di silenzio, poi i presenti iniziarono a parlare simultaneamente. Ora El riusciva a vederli: i cinque capocasata e l’inviato degli Starym, seduti attorno a un tavolo di legno lucidato con bottiglie e calici, attorno ai quali ammiccava il riflesso di una barriera anti-veleno.
«Silenzio, vi prego!», sbottò Lord Yeschant, dopo qualche istante. «È chiaro che non siamo d’accordo su tale faccenda. Sospetto che la questione su chi dovrà essere il prossimo Coronal sia quella più controversa, da affrontare dunque per ultima; nonostante debba sottolineare, signori, che recheremo un grave danno a Cormanthor se, prima di colpire, non sceglieremo un nuovo governatore e non lo sosterremo con la medesima risolutezza unanime che mostriamo nel rimuovere quello vecchio. Nessuno di noi beneficerà di un regno in balia del caos». Tacque per un istante, poi, con voce tranquilla domandò: «Lord Maendellyn?»
«Molte grazie, Lord Yeschant. Forse, “il modo” con cui eliminare il Coronal è un argomento più facile da affrontare?»
«Dobbiamo trovare un modo che ci permetta di colpirlo personalmente», asserì Lord Tassarion rapidamente.
«Tuttavia sarebbe meglio», si intromise il portavoce degli Starym, «non farlo in una riunione formale o in altre occasioni in cui un Coronal sospettoso potrebbe radunare formidabili forze difensive. Ciò aumenterebbe il rischio di eventuali perdite, inoltre ritarderebbe il nostro successo e metterebbe in pericolo il regno scatenando conflitti e incertezza».
«Come faremo a costringerlo a incontrarsi con noi?»
«Potremmo adottare travestimenti, ad esempio, diventare suoi consiglieri: quelle sei maghe con cui si gingilla».
Lord Yeschant e Lord Tassarion aggrottarono simultaneamente le sopracciglia. «Non mi piace l’idea di aggiungere complicazioni a ciò che facciamo», affermò Yeschant. «Se una di loro ci osservasse, attaccherebbe senza indugio, e scatenerebbe una battaglia d’incantesimi molto più potente di quella che dovremo affrontare se colpiremo Eltargrim da solo».
«Bah! Quale Coronal egli può chiamare ed evocare un numero infinito di sortilegi», intervenne l’inviato Starym con fare sdegnoso.
«Già, ma se tali aiuti giungono e lo trovano morto», osservò Tassarion pensieroso, «sarà ben diverso che ingaggiare battaglia con una o con tutte le sei maghe, appartenenti anch’esse a casate nobili, non lo dimentichiamo. E la loro morte scatenerebbe inevitabilmente altre vendette. Non desidero essere coinvolto in una battaglia attraverso mezzo regno con sei maghe ostili capaci di teletrasportarsi a piacere fuori e dentro di noi, non prima d’esser certi di poter sistemare il governatore in modo rapido e sicuro, qualsiasi sia il prezzo da pagare».
«Ora come ora, credo che non siamo ancora pronti per uccidere un Coronal», mormorò Lord Bellas. «È chiaro che siamo ancora indecisi fra tre alternative: sfidare pubblicamente il suo governo, ucciderlo o trovarci per caso nelle vicinanze quando il nostro amato governatore rimarrà vittima di uno “sfortunato incidente”».
«Signori», affermò risoluto il padrone di casa, «è evidente che occorrerà tempo per metterci d’accordo su tali questioni. Io ho un impegno stasera, e quanto più rimarremo riuniti in questo luogo, tanto più grande sarà la possibilità che qualcuno nel regno possa udire o sospettare qualcosa». Lord Maendellyn si guardò attorno e aggiunse: «Se ora ci separiamo, e ognuno di noi rifletterà su quanto ci ha abilmente illustrato Lord Yeschant, sono certo che quando, fra tre giorni, vi manderò a chiamare, potremo incontrarci armati di tutto il necessario per concludere un accordo».
«Ben detto», mormorò qualcuno. «D’accordo», esclamarono gli altri intorno al tavolo, e tutti si alzarono per raggiungere rapidamente le porte.
Per un attimo El fu tentato di seguire uno o più cospiratori, ma le loro case o castelli erano facilmente individuabili nella città, ed egli aveva le sue faccende da sbrigare. Doveva vedere con i suoi occhi se Cormanthor avesse ancora un Coronal da assassinare, o se qualcun altro avesse battuto su tempo quegli esaltati signori.
Il giovane fantasma volò fuori dalla finestra e aggirò Castel Maendellyn senza perdere un minuto di tempo, superando rapidamente torri e torrette nella direzione presa originariamente. I magnifici giardini si estendevano a perdita d’occhio sotto di lui. Magnifici, e ben protetti: in ognuno non meno di tre barriere baluginavano davanti a lui, ma per El non costituivano un ostacolo.
I giardini terminarono finalmente in un grande muro coperto da un fitto groviglio di alberi. Dietro di esso una strada e una schiera di case, i cui giardini rigogliosi davano su un’altra via. Sul suo lato opposto ecco le mura dei giardini reali.
I guardiani fantasma sarebbero forse stati in grado di vederlo, ma El doveva a tutti i costi raggiungere il palazzo, perciò proseguì, cautamente, per paura che gli incantesimi difensivi della Grande Casa di Cormanthor potessero essere più potenti di quelli incontrati fino ad allora.
Forse lo erano, ma El passò ugualmente inosservato, senza nemmeno svegliare i guardiani spettrali. Il principe scivolò nel palazzo da una finestra superiore, e percorse su e giù le sue stanze, sentendosi stranamente a disagio. Il luogo era splendido, ma il piano superiore era quasi deserto, eccezion fatta per alcuni servi che si muovevano con passo felpato e spolveravano distrattamente con l’aiuto di piccoli incantesimi.
Del Coronal nessuna traccia, ma in una piccola torre isolata, sul lato nord del castello, El trovò una riunione stranamente simile a quella a cui aveva appena assistito da Maendellyn: sei nobili signori, a lui sconosciuti, seduti attorno a un tavolo levigato, e un settimo elfo dalla faccia grave: il Supremo Mago di Corte Earynspieir.
Lord Earynspieir era in piedi e misurava la stanza a grandi passi. El entrò nella torre e prese posto intorno al tavolo, naturalmente inosservato.
«Sappiamo che qualcuno in questo momento sta tramando complotti», esclamò un elfo anziano e piuttosto paffuto all’estremità del tavolo. «Ogni raduno, sia esso una festa o una riunione formale, d’ora in poi deve esser considerato come una potenziale occasione di battaglia».
«Più che altro come una potenziale sede di un’imboscata», commentò un altro.
Il Supremo Mago di Corte si voltò. «Lord Droth», esclamò con un cenno di capo all’elfo grassoccio, «e Lord Bowharp, state certi che ne abbiamo preso atto e stiamo prendendo provvedimenti. Ci rendiamo conto che non possiamo nascondere il Coronal dietro guardie armate fino ai denti».