La donna si volse verso il trono, il governatore la ringraziò con un sorriso e la congedò. Mentre la messaggera si accinse a ritirarsi, egli parlò nuovamente: «Ascoltate la mia volontà, signori. L’Apertura procederà, ma solo quando avrò sistemato una certa cosa».
Tutti i cortigiani pendevano ora dalle sue labbra in un silenzio attonito.
«Miei signori, voi tutti avete sollevato preoccupazioni giuste e serie riguardo la sicurezza della Gente in una Cormanthor “aperta”. Invitare altre razze senza che gli elfi di questo regno detengano una sorta di controllo e siano completamente protetti è sicuramente impensabile. La protezione, tuttavia, non potrà essere garantita solo dalla legge, poiché potremmo benissimo venire travolti ed essere incapaci di imporla con la forza. Malgrado ciò, la nostra razza è ancora superiore agli uomini in un campo, almeno per qualche stagione ancora: la magia».
Il Coronal fece un cenno e improvvisamente numerosi cortigiani vennero avvolti da un’aurea dorata, qua e là per la sala. Essi si guardarono sorpresi il corpo, mentre gli altri si allontanavano. Eltargrim puntò un dito verso gli elfi illuminati, e osservò: «Coloro che hanno i mezzi, o l’abilità, si sono da sempre confezionati mantelli di difesa personale, o hanno ingaggiato altri per crearli. Noi abbiamo bisogno di un mantello che avvolga l’intera Cormanthor. Avremo una tale protezione prima che la città sia aperta a chi non è di puro sangue elfo».
«Ma ciò che dite è impossibile da realizzare!», mormorò Lord Urddusk.
Il Coronal si mise a ridere. «“Impossibile” è un termine che non mi piace venga pronunciato a Cormanthor, mio signore. Poiché costituisce quasi sempre motivo di imbarazzo per chiunque lo proferisca!»
Haladavar accostò il viso all’orecchio di Urddusk e mormorò: «State tranquillo! Lo dice solo per poter rinunciare al suo progetto con dignità! Abbiamo vinto!»
Sfortunatamente, Alais Dree sembrò aver lasciato qualche traccia della sua magia amplificatrice, poiché le parole sussurrate raggiunsero ogni angolo della stanza. Il viso di lord Haladavar divenne rosso fuoco, ma Eltargrim rise allegramente e puntualizzò: «No, signori, io dico sul serio! L’Apertura avrà luogo, ma la Gente sarà ben protetta!»
«Suppongo che ora sperpereremo gli sforzi migliori dei nostri giovani maghi per questa follia, per le prossime quaranta stagioni, non è vero?», domandò furioso Lord Malgath.
Il bagliore di una delle piccole sfere antiquate, note come segnali di arrivo, si riversò tra i cortigiani, e tutti si voltarono per vederne la fonte. Il commento di Malgath rimase sospeso senza risposta e nella sala si levò un lieve brusio, finché la messaggera del Coronal non scivolò fra la schiera di elfi ben vestiti, dall’aria pressoché inebetita, come una vespa che cerca di pungere, e raggiunse infine un elfo anziano avvolto da una tunica nera, disadorna. La donna sorrise, si volse verso il trono e annunciò: «Mythanthar vorrebbe parlare».
I tre signori aggrottarono perplessi le sopracciglia e i cortigiani mormorarono nuovamente eccitati. Eltargrim, tuttavia, impose il silenzio con un semplice gesto. Fu allora che Alais Dree toccò il vecchio mago con una manica e, per magia, la sua voce sottile e tremante si udì forte e chiara nell’ampia sala. «Vorrei ricordare ai cormanthoniani i “campi magici” che tentai di sviluppare da mantelli protettivi tremila anni orsono, a uso dei nostri capitani di guerra. A quel tempo non ce ne fu più bisogno, e io mi dedicai ad altre faccende, ma ora so in quale direzione lavorare ed ho compreso cose che allora mi erano sconosciute. In passato, i nostri tessitori di magia potevano facilmente alterarne l’effetto in una determinata area. Io elaborerò un incantesimo che faccia lo stesso, e darò a Cormanthor il suo mantello. Da capo a capo di questa splendida città vi sarà un “mythal”. Datemi tre stagioni per organizzarmi, e vi saprò dire di quante ancora avrò bisogno».
Seguì un momentaneo silenzio, in attesa di altre parole, ma Mythanthar fece un gesto di congedo, e si allontanò dalla messaggera, al che la corte proruppe in un chiacchierio concitato.
«Mio signore», sbottò Lord Malgath, avvicinandosi al trono e sollevando le braccia nell’impazienza di essere ascoltato (sopra le teste ignare la Srinshee puntò due scettri contro di lui, il viso contratto e serio). «Per favore ascoltatemi: è imperativo che questo “mythal” impedisca l’uso della magia a tutti i non elfi: in pratica a tutti coloro che non possiedono puro sangue di Cormanthor!»
«E deve essere noto a tutti i popoli che vi entreranno», affermò eccitato Lord Haladavar, «per proteggerci dalle bestie mutaforma e da tutti coloro che osano impersonare elfi, o signori elfi specifici!»
«Sono d’accordo!», esclamò Lord Urddusk. «Dovrebbe inoltre, per la stessa ragione, rendere visibili le cose che non lo sono, e prevenire il teletrasporto fuori e dentro di esso, altrimenti saremo invasi ogni notte da avventurieri!»
Quasi tutti gli elfi di corte ora gridavano, spingevano, agitavano testa e braccia per proporre ognuno il proprio suggerimento; mentre il chiasso imperversava, il Coronal tese le braccia rassegnato e premette uno dei bottoni nascosti in un bracciolo del trono.
Quando l’onda luminosa d’urto ebbe effetto, vi fu un bagliore accecante, che impedì a quasi tutti i presenti di vedere il pugnale lanciato a Eltargrim dalle fila di cortigiani. L’arma colpì il campo magico creato dallo scettro che la Srinshee teneva nella mano sinistra, e fu trasportata in una cantina nelle profondità dell’ala settentrionale del palazzo.
L’espediente ebbe l’effetto voluto: tutti, eccetto il Coronal sul trono, arretrarono e ammutolirono.
Nel mormorio sommesso che seguì, mentre la corte si sfregava gli occhi, il governatore di Cormanthor affermò gentilmente: «Nessun mythal può sperare di includere tutti i desideri espressi da ogni cittadino del regno, ma prometto di esaminare i vostri suggerimenti. Per favore, che ognuno riferisca i propri desideri alla messaggera di corte; lei li farà pervenire a me e ai maghi anziani. Mythanthar, vi ringrazio sentitamente, e spero che tutta Cormanthor farà presto eco ai miei ringraziamenti. Desidero che elaboriate una versione iniziale del vostro mythal, non importa quanto incompleta o grezza, il più presto possibile, per sottoporla alla corte».
«Onorato Signore, farò come desiderate», rispose l’anziano mago con un profondo inchino. Si voltò nuovamente, e in alto sopra di lui, la Srinshee spalancò gli occhi. C’era stato, o non c’era stato, per un istante un cerchio di nove scintille attorno alla testa di Mythanthar?
Be’, ora non c’era nessun cerchio. Accigliata, Oluevaera lo osservò allontanarsi con passo incerto verso uno degli arazzi, il volto pensieroso. I suoi occhi si spalancarono ancora un istante, e questa volta uno degli scettri nelle sue mani sobbalzò lievemente ed emise un incantesimo.
Il vecchio mago passò fra gli arazzi, e la Srinshee fu lieta di notare che due dei migliori giovani armathor del Coronal scattarono davanti e dietro di lui, formando un campo antimetallo con i loro mezzi mantelli ornamentali, chiaramente visibile alla sua vista da maga. Il mantello di Mythanthar stesso avrebbe dovuto tenere a bada qualsiasi incantesimo, e l’anziano presto sarebbe stato nuovamente al sicuro nella sua torre.
La Srinshee osservò truce un cortigiano con una tunica color prugna, di cui non conosceva né nome né lignaggio, accasciarsi contro un muro, guardandosi la mano. Aveva il volto cadaverico e la bocca, aperta per lo shock, non emetteva alcun suono.
La mira della maga era stata eccellente; quella mano ora somigliava a un artiglio secco, chiazzato dalla vecchiaia, e troppo debole per impugnare il pugnale a tripla lama giacente sul pavimento davanti a lui.